Nel corso della storia tutti i principali eventi di natura geopolitica hanno avuto impatto sui mercati e sull’economia. La crescente tensione ed escalation militare tra Nord Corea e Stati Uniti non fa eccezione in questo senso.
La recente decisione di schierare bombardieri strategici B-52 dotati di armamenti nucleari immediatamente pronti al decollo – scelta che, come hanno riportato molti mass media, non si vedeva dalla fine della Guerra Fredda – ha reso sempre più possibile lo scoppio di un conflitto armato nel caso in cui la Nord Corea dovesse oltrepassare la red line, stabilita dagli Stati Uniti, della costruzione di un missile balistico intercontinentale (ICBM) per il trasporto a lungo raggio di ordigni nucleari. Tale red line si avvicina drammaticamente, in quanto gli ultimi test effettuati hanno dimostrato come la Nord Corea abbia maturato ottime capacità di sviluppare missili a medio e corto raggio; ad oggi, l’ultimo passo da compiere è soltanto la miniaturizzazione delle testate nucleari e lo sviluppo di un sistema a propellente solido per i missili.
Con il raggiungimento di tali risultati, Kim Jong-Un avrà un potenziale nucleare in grado di colpire direttamente il territorio degli Stati Uniti. Nessuno dei due attori coinvolti ha convenienza a cercare uno scontro diretto proprio per le pesanti conseguenze che questo conflitto potrebbe avere sia in termini di vite umane che di costi materiali. Molti analisti, tuttavia, si stanno iniziando a chiedere quali sarebbero le conseguenze per i mercati; questa domanda suscita sempre più preoccupazione tra gli addetti ai lavori, in quanto, riprendendo la celebre espressione di Nassim Taleb, le conseguenze di questo “Cigno Nero” sono difficilmente prevedibili ed avrebbero enormi ripercussioni sull’economia degli Stati Uniti e
quella mondiale. Anche ipotizzando che lo scontro non porti ad un’escalation globale, cioè che la
Cina e la Russia si astengano dall’intervenire, si avrebbe comunque il concreto rischio di una guerra
nucleare.
Nelle ore immediatamente successive allo scoppio delle ostilità, l’artiglieria della Nord Corea, collocata lungo il confine demilitarizzato, provocherebbe oltre centomila morti a Seul. Le truppe statunitensi d’istanza nella penisola difficilmente potrebbero riuscire a proteggerla, in quanto, anche con eventuali bombardamenti di precisione, l’elevato numero di armamenti e la notevole mobilità degli stessi renderebbero impossibile la loro immediata distruzione. Il conflitto pertanto non sarebbe sicuramente di breve durata e rischierebbe di trasformarsi in un nuovo Vietnam per gli Stati Uniti e i suoi alleati.
Le conseguenze economiche
Ma che cosa accadrebbe alle borse e in particolare al Dow Jones in caso di guerra?
Nei giorni immediatamente successivi, come si è verificato durante gli attacchi dell’11 settembre 2001, le autorità potrebbero decidere di tenere chiusa la borsa per prevenire il possibile panic selling. Tuttavia alla riapertura, specialmente in caso di scontri prolungati, si assisterebbe comunque ad un crollo dei principali listini mondiali e molte sedute nel breve periodo chiuderebbero in zona negativa a causa dell’incertezza sviluppatasi.
Tuttavia la domanda fondamentale che si chiedono molti analisti è legata al destino della borsa nel medio lungo termine, cioè quali titoli sarebbe opportuno detenere in portafoglio. Come anticipato, Seul e una larga parte della Corea del Sud subirebbero i danni maggiori e questo avrebbe un impatto sui titoli legati all’industria del Paese; in particolare la crisi del settore hi-tech si ripercuoterebbe anche sui colossi della Silicon Valley, come ad esempio Apple che, avendo un alto grado di esternalizzazione, basa la sua produzione e la sua componentistica su partner sudcoreani (Samsung ed LG in primis), pertanto avrebbe problemi legati all’approvvigionamento i quali causerebbero difficoltà a soddisfare gli ordini. Inoltre, come in tutti i periodi di incertezza, si assisterebbe ad una corsa verso i cosiddetti “beni rifugio”, quali l’oro, argento ed altre materie prime e verso i titoli di stato di Paesi sicuri. Nello stesso tempo, proprio a causa della guerra, si avrebbe una caduta del dollaro, che potrebbe perdere terreno nei confronti dell’euro.
Invece i titoli che guadagnerebbero in un eventuale conflitto sono quelli legati al settore della difesa (Lockheed Martin, Boeing, Norhrop Grumman Corporation e General Dynamics, solo per citare le più conosciute); ciò sarebbe dovuto alla maggior domanda di armamenti per far fronte agli impegni bellici. Infine si assisterebbe ad incremento di valore di tutti i titoli appartenenti al settore dell’industria pesante proprio perché lo sforzo bellico porterebbe ad un aumento della domanda dell’acciaio e di altri materiali simili.
In conclusione in caso di ostilità prolungate sarebbe opportuno detenere un portafoglio ben bilanciato, ma con una particolare attenzione a titoli appartenenti ai comparti sopramenzionati. Tuttavia si deve anche sottolineare che un conflitto del genere avrebbe conseguenze inimmaginabili, in quanto potrebbe rapidamente espandersi ai Paesi confinanti e assumere connotati drammatici per l’utilizzo dell’atomica. In quel caso sarebbe difficile avere investimenti in grado di sopravvivere a tali turbolenze.