Nella laguna veneta, tra Venezia e Treviso, c’è una fattoria un po’ diversa da quelle a cui siamo solitamente abituati, che non coltiva grano, ortaggi o riso, ma capitale umano. È questa la mission di H-Farm, il più grande incubatore di startup italiano, fondato da Riccardo Donadon nel 2005. L’imprenditore veneto ha battuto tutti sul tempo, dando vita ad un progetto che ha preceduto di gran lunga le altre iniziative simili, non solo in Italia, ma anche nel mondo. Infatti YC Combinator, il venture incubator leader mondiale del settore, è stato fondato negli Stati Uniti solamente alcuni mesi dopo.
Questo grosso anticipo, soprattutto in una realtà come quella italiana, più ancorata al passato che aperta all’innovazione, purtroppo ha rappresentato soprattutto un limite anziché un vantaggio competitivo; l’attaccamento alla propria terra però è uno dei pilastri su cui si fonda H-Farm ed è il motivo per cui né il fondatore né i suoi collaboratori hanno mai pensato di andarsene dall’Italia.
Donadon è un imprenditore fortemente atipico, in grado di partorire molte nuove idee ma anche di distaccarsene nel momento in cui queste sono in grado di camminare con le proprie gambe, per poi ripartire da zero con nuove iniziative. È proprio ciò che è successo tra il 2003 e il 2005. Anche lui era stato uno startupper: nel 1996, agli albori della rivoluzione internet, aveva fondato E-tree, web company specializzata nella realizzazione di siti e portali internet personalizzati per il business to business e il business to consumer.
Dopo aver venduto la sua azienda a Etnoteam ed aver abbandonato la carica di amministratore delegato è rimasto inattivo per due anni, fino a quando, conoscendo molto bene quali sono le difficoltà che deve affrontare chi decide di lanciare una nuova attività, ha deciso di mettere la sua esperienza a disposizione degli altri.
La nascita di H-Farm
Nasce così H-Farm, realtà che si occupava inizialmente di favorire la nascita e la crescita di startup, intervenendo sia sul piano finanziario, con un ruolo da venture capitalist, sia su quello amministrativo e di marketing, permettendo così ai giovani imprenditori di focalizzarsi sul core business e non perdersi in aspetti tecnici spesso troppo difficoltosi per degli startupper alle prime armi. Sono queste, infatti, le aree aziendali più ostiche che molto spesso limitano l’operatività e ostacolano la crescita delle nuove imprese.
H-Farm invece, in cambio di una significativa quota di partecipazione al capitale sociale, fornisce alle aziende nate al suo interno la consulenza di esperti dei vari settori, che le affiancano in tutte le fasi dello sviluppo. Inoltre gli imprenditori condividono i medesimi spazi, permettendo così una contaminazione di idee e dando vita all’open innovation, entrambi aspetti che in Italia rappresentano merce rara a causa di una visione molto negativa della concorrenza da parte della maggioranza degli imprenditori.
Negli anni l’incubatore si è occupato di finanziare le startup soprattutto nelle fasi di concretizzazione dell’idea imprenditoriale (seed financing) e di realizzazione pratica della stessa in ottica di accesso al mercato (early stage financing), con un ciclo d’incubazione della durata media di tre anni, esternalizzando poi la crescita delle stesse a soggetti terzi.
Molto di frequente però è accaduto che le aziende, anche dopo l’uscita di H-Farm dal capitale, abbiano deciso di mantenere il proprio quartier generale nella zona, dando vita a quella che è diventata una piccola “Silicon Valley italiana”, ovvero il distretto tecnologico di Ca’ Tron (ribattezzato speranzosamente da alcuni “Ca’ Tron Valley”). La ricaduta positiva sul territorio circostante, grazie solamente alla presenza dell’hub di H-Farm, è stata stimata dall’Università di Venezia in circa 9 milioni di euro ogni anno.
L’espansione di H-Farm e la quotazione su Aim
A crescere, con il passare del tempo, non sono state solo le startup incubate dalla società di Donadon, ma anche l’incubatore stesso. Si tratta attualmente di una realtà che impiega oltre 600 persone, paga 20 milioni di euro all’anno di stipendi ed è presente in tre continenti, con sedi negli Stati Uniti e in Inghilterra (dove si trovano anche le principali piazze finanziarie mondiali), ma anche in India, mercato in fortissima espansione che sforna ogni anno centinaia di migliaia di ingegneri e informatici.
Nel novembre 2015 H-Farm si è quotata sul mercato Aim di Borsa Italiana, piazzando oltre 20 milioni di azioni al prezzo di 1 euro l’una, ed è pronta adesso, a distanza di soli tre anni, al grande salto sul mercato principale di Piazza Affari, aprendo così il proprio capitale anche ad investitori non istituzionali.
Dalla fondazione sono state 121 le startup incubate, gli investimenti complessivamente realizzati ammontano a quasi 30 milioni di euro, i ricavi totali del 2017 hanno raggiunto i 48 milioni di euro (segnando un +47% sull’anno precedente) e sono 290 in media ogni anno gli eventi organizzati e ospitati a Ca’ Tron e nelle altre sedi in giro per il mondo.
H-Farm si è anche differenziata in tre settori: accanto alla storica parte dedicata al finanziamento e allo sviluppo delle startup, è stata implementata l’area relativa alla formazione e digitalizzazione degli imprenditori (vero motore di crescita dei prossimi anni) e un progetto educativo che si propone di realizzare programmi di studio non solo per gli universitari, ma partendo addirittura dalla scuola primaria.
Non tutto procede speditamente come potrebbe sembrare, però. Proprio nell’ambito del nuovo polo di formazione, denominato H-Campus, Donadon si è infatti scontrato con la lungaggine burocratica italiana: il progetto d’investimento da 65 milioni, che mira a raddoppiare gli ettari di parco occupati dalla sua realtà (dai 20 attuali a circa 40) è bloccato, in attesa di varie autorizzazioni, da inizio 2016 e l’imprenditore trevigiano minaccia ora di trasferire tutto a Milano, abbandonando definitivamente la bucolica atmosfera della laguna veneta.
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