Gli ETF
Gli exchange traded funds (abbreviati in ETF) sono un tipo di fondo d’investimento caratterizzato dalla quotazione dello stesso in borsa e dalla gestione passiva che permette di avere dei costi bassi. Il proprio rendimento dipende dall’andamento di un indice sottostante, che può essere di qualsiasi tipo: azionario, obbligazionario, monetario, legato alle materie prime, ad un certo tipo di industria e via dicendo, così che il gestore del fondo si debba solo occupare di adattare le attività dello stesso ad un eventuale cambiamento del sottostante.
Prima della crisi del 2007-2008 il valore complessivo degli ETF era inferiore a 700 miliardi di dollari, mentre oggi supera i 4000 miliardi. I cento fondi più grandi gesticono in totale più del 50% di tale cifra, e alcuni di essi superano singolarmente i 100 miliardi di asset under management.
Un particolare legislativo
Quando un fondo, per qualsiasi motivo, vende delle azioni, a fine anno è obbligato a pagare un’imposta sull’utile determinato dalla differenza tra il valore di acquisto e quello di vendita (imposta che, anche se pagata dal fondo, ricade sugli investitori). Negli Stati Uniti però una legge del 1969 concede agli ETF di non pagare tale imposta nel caso in cui quelle stesse azioni siano usate per retribuire gli investitori; l’imposta verrà poi pagata dall’investitore stesso al momento della vendita delle azioni.
Gli heartbeat trades
Se si osservano i movimenti in entrata e in uscita da diversi ETF, si possono notare delle anomalie che, avvenendo con regolarità, graficamente ricordano il ritmo del battito del cuore (da cui il nome heartbeat trades). Spesso il fondo riceve e fa uscire grandi quantità di denaro nel giro di pochi giorni. Perché qualcuno dovrebbe depositare delle grosse somme e prelevarle dopo poco tempo? Tutto succede per evitare, appunto, le imposte sugli utili appena citate.
Quando un fondo deve liberarsi di alcune azioni su cui realizzerebbe degli utili, chiama in aiuto una delle grosse banche d’investimento: attraverso un versamento nelle casse del fondo dello stesso tipo di azioni che lo compongono, la banca diventa investitrice nel fondo stesso e viene ripagata pochi giorni dopo ricevendo le azioni vecchie che esso aveva acquistato ad un prezzo più basso. Il fondo così si libera delle azioni vecchie e si trova con delle azioni nuove su cui non ha realizzato utili. In questo modo il pagamento dell’imposta viene differito al momento della richiesta di pagamento degli investitori tramite moneta oppure al momento della chiusura del fondo, permettendo ad esso di avere le ipotetiche tasse a propria disposizione, come se fossero un prestito senza alcun costo.
Solo nel 2018 gli ETF statunitensi hanno evitato di pagare le tasse su più di 211 miliardi di dollari di utili, usufruendo quindi di un “prestito” di circa 23 miliardi. Non tutto è avvenuto grazie agli heartbeat trades, ma il loro numero è in continuo aumento. Nonostante questi procedimenti siano legali, non si sa fino a quando saranno permessi, e l’aumento della loro frequenza li porterà sempre più sotto la lente d’ingrandimento delle autorità fiscali.
Fonti:
https://www.investopedia.com/terms/e/etf.asp
https://etfdb.com/compare/market-cap/
https://www.bloomberg.com/graphics/2018-growing-etf-market/?srnd=etfs
https://www.bloomberg.com/graphics/2019-etf-tax-dodge-lets-investors-save-big/
https://startingfinance.com/investire-in-etf-i-segreti-degli-exchange-traded-funds/