La canapa è stata una risorsa utilizzata per secoli in tutto il mondo, sia in campo industriale,sia per la produzione di farmaci. Anche il fiore della pianta, la così detta marijuana, che sarà poi causa della futura proibizione, non era vista affatto come pericolosa. Tant’è che nel 1890 John Russel, medico personale della regina Vittoria affermava,”Se somministrata con moderazione è una delle medicine più valide che possediamo”. Come, allora, si è giunti nel 1961 ad inserirla nella Convenzione Unica Sugli Stupefacenti dell’Onu?
Per conoscere le radici di questo fenomeno è necessario tornare negli Stati Uniti degli anni ’30. La situazione in quel particolare periodo era senz’altro molto tesa, dopo la crisi del ’29. Molti grandi industriali ed imprenditori, se non si erano visti completamente rovinati, videro ridimensionati in maniera importante i loro capitali.Al tempo la canapa era ampiamente usata negli U.S.A. ma, a causa della difficoltà della prima lavorazione non rappresentava un investimento proficuo, fino al 1930. Quell’anno si diffuse un nuovo macchinario, il decorticatore, che permetteva di velocizzare incredibilmente i procedimenti e rendeva la canapa, eliminato l’ostacolo della prima lavorazione, una risorsa a basso costo. Questa nuova forte competitività della canapa andava ad intaccare molti interessi, già provati dalla crisi. In particolare si devono ricordare i nomi di Hearst, Dupont e Mellon. Hearst era un magnate della stampa ed aveva comprato ettari ed ettari di foreste per la produzione di carta, che si sarebbe potuta, grazie al decorticatore, produrre a prezzo molto più basso con la canapa. Dupont aveva industrie attrezzate per la lavorazione del petrolio che producevano plastica e, in particolare, fibra di nylon, che era stata da poco brevettata. Sia il materiale plastico che un tessuto leggero e resistente potevano essere prodotti anche con la canapa, ad un costo minore. Mellon, titolare della Gulf Oil, un’azienda petrolifera, era anche il principale finanziatore di Hearst e Dupont. Con la canapa è possibile anche produrre carburante, infatti Ford e Diesel produssero diversi modelli con motore ad hemp fuel. Nel caso di Mellon, quindi, la rivoluzione del decorticatore per lavorare la canapa era un pericolo sia diretto che indiretto. Si da il caso che Mellon fosse, nel 1930, anche ministro del tesoro e poté fare in modo di portare il suo genero, Anslinger, ad essere nominato a capo del Bureau of narcotics (futura D.E.A.). Nello stesso anno, però, fu abolita la legge che proibiva gli alcolici. Così il Bureau si ritrovava destinato, avendo perso la sua funzione principale, ad essere in buona parte smantellato, con molti meno fondi e molto meno potere. Anslinger aveva quindi interesse a trovare qualcosa per sostituire l’alcol e dare lavoro alla sua associazione. Così, prendendo due piccioni con una fava, cominciò una pesante campagna contro la canapa; usando per la prima volta negli U.S.A. il termine marijuana, parola in slang messicana che, alle orecchie degli americani, suonava molto meno rassicurante di hemp (canapa in inglese). La campagna fu sostenuta soprattutto da Hearst, che fece pubblicare articoli allarmistici che parlavano di questa marijuana, l’erba del diavolo, l’assassina dei giovani. Oggi sappiamo che molti di questi articoli erano sicuramente falsi. Si diceva che chi fuma marijuana cade in prede ad un fortissimo istinto violento, incolpandola anche di diversi omicidi particolarmente cruenti. La propaganda sosteneva che portasse le donne bianche a desiderare rapporti con uomini neri, che conducesse inevitabilmente alla follia, che facesse sì che i neri non si rendessero conto del loro stato e non rispettassero i bianchi e molto altro. Infine, nel 1937, il congresso approvò il marijuana tax act, che non ne proibiva formalmente la produzione, ma poneva tasse insostenibili sui coltivatori di canapa. Molti in seguito ammetteranno di aver votato senza sapere, come era per i più anche fra la popolazione, che marijuana ed hemp fossero la stessa cosa. Intanto la propaganda continuava incessante e, per il 1940, tutti gli stati avevano proibito la coltivazione di ogni tipo di canapa. Tutto ciò era a vantaggio, in realtà, anche di molte altre aziende. L’industria farmaceutica poteva guadagnare molto di più dalla vendita di farmaci sintetici. I vari magnati del petrolio, fra cui Rockfeller e le grandi industrie del cotone avevano tutto da guadagnare da questa situazione.
In questa fase ci furono diversi studiosi che misero in dubbio le posizioni di Anslinger, che però riuscì sempre a far negare i fondi governativi per le ricerche, opponendosi con tutta la sua autorità. Significativo sarà il “Rapporto La Guardia”, risultato di uno studio finanziato privatamente dal sindaco di New York, Fiorello La Guardia.Questa ricerca, di fatto, smentiva del tutto la propaganda, ma non ebbe alcun effetto. Anslinger, sempre con l’aiuto di Hearst, screditò attaccando con ferocia tutti quelli coinvolti nella ricerca. La voce fuori dal coro fu repressa, anche con forza, e questa vicenda servì anche a disincentivare per molto tempo nuovi tentativi. Nel 1961 fu stabilita la Convenzione Unica Sugli stupefacenti e, su forte pressione degli Stati Uniti, in essa fu inserita anche la canapa nella categoria delle sostanze più pericolose. Infatti la convenzione prevedeva che tutti i paesi membri dell’ONU dovessero abolire la coltivazione di qualunque tipo di canapa. Il passaggio definitivo, poi, sarà fatto con la “war on drugs” di Nixon degli anni ’70. La situazione, se pure con alcune fasi poco chiare, era effettivamente critica. Ci fu un esplosione dell’uso di droghe illegali, in particolare eroina ed acidi. Allora, in quel periodo, si attivò la vera e propria “macchina del fango”. Così si è andata a radicare l’idea della pericolosità indubbia di ogni droga illegale, in particolare le più famose. Il proibizionismo, anche della marijuana, ha assunto una forma ideologica, che ha senz’altro visto il suo picco negli anni ’90. Oggi, ci troviamo ad un nuovo punto di svolta, la questione posta è semplice. La canapa industriale si sta recuperando grazie a varietà a basso contenuto di principio attivo nei fiori, ma in ogni caso conviene continuare a proibire la marijuana?
Di Cosimo Volpe
Nixon,”war on drugs”