Nei salotti dei più importanti istituti bancari italiani l’attenzione, in questo momento, è puntata sul fascicolo relativo ai crediti deteriorati da presentare entro il prossimo mese. Infatti, come richiesto dalla Bce, nelle prossime settimane si dovranno presentare i dossier relativi ai piani di smaltimento dei Non-performing-loans (Npl). Le banche dovranno presentare al Single Supervisory Team due importanti documenti: il primo relativo alla riduzione dello stock di Npl, l’Asset Strategy Template, il quale è probabilmente il documento più importante in quanto riguarda la quantità di Npl che le banche hanno formalmente intenzione di cedere nel corso del prossimo periodo; il secondo è un documento chiamato Operational Plan, nel quale vengono definite le modalità di smaltimento dei crediti deteriorati. Le scadenze si fanno sempre più vicine e il lavoro da fare per le banche italiane è notevole. Intesa Sanpaolo è già al lavoro con una cessione che riguarda un portafoglio di 2,5 miliardi di Npl. Unicredit dovrebbe attenersi alla road map già presentata da Jean Pierre Mustier che prevede la presentazione dei documenti entro Marzo. Ubi dovrebbe presentare le linee guida per il prossimo mese, così come Bper. Mentre Banco Bpm ha già presentato la sua road map sullo smaltimento di 8 miliardi di Npl nel piano di fusione. I vari piani d’azione che verranno presentati al SSM, oltre ad avere valore vincolante per gli istituti, verranno costantemente supervisionati nella loro applicazione dagli ispettori. L’Italia, con un ammontare lordo di circa 330 miliardi di Npe (Non-performing-exposure), è considerata dalla Bce come uno dei sistemi bancari più a rischio.
Ma cosa sono realmente gli Npl? I Non-performing loans, o crediti deteriorati, sono crediti che le banche hanno concesso ad imprese e famiglie e che non sono più stati rimborsati, o che hanno subito notevoli ritardi rispetto al piano di rimborso predefinito. Tra questi le cosiddette “Sofferenze” riguardano i crediti di più difficile recupero, quelli che, detto in parole povere, le banche danno per spacciati. Un’analisi di Mediobanca rileva (dati del 2015) che su 315 miliardi di crediti deteriorati (ammontare lordo) siano presenti circa 187 miliardi di Sofferenze. Non esisteva tuttavia, fino al 2015, all’interno del sistema europeo, una definizione armonizzata di “credito deteriorato”. Ciò, durante le prime analisi, ha creato non pochi scompigli nell’identificazione e nella comparabilità dei dati bancari. A tale grattacapo ha posto rimedio l’EBA (European Banking Authority) che il 9 gennaio 2015 ha pubblicato gli Implementing Technical Standards. Gli ITS non sono altro che degli Standard generali per poter definire in maniera universale i crediti deteriorati e semplificare così il lavoro di analisi. La definizione rigorosa è la seguente: “Si definiscono attività finanziarie “deteriorate” le attività per cassa (finanziamenti e titoli di debito) e “fuori bilancio” (garanzie rilasciate, impegni irrevocabili e revocabili a erogare fondi, ecc.) verso debitori che ricadono nella categoria di Non-performing” Cosa si intende allora per categoria Non-performing? Questa è definita come la caratteristica che presentano attività scadute da oltre 90 giorni, o comunque facenti capo a soggetti il cui rimborso delle obbligazioni risulta essere assai improbabile. Dopo questa prima classificazione i Non-Performing loans vengono suddivisi in ulteriori categorie: le Sofferenze, le Inadempienze Probabili e le Esposizioni Scadute e/o Sconfinanti Deteriorate. Le Sofferenze sono identificate come il complesso delle esposizioni, per cassa o “fuori bilancio”, nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalla Banca. Le Inadempienze Probabili sono invece esposizioni creditizie per le quali la banca giudichi improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie presentate, il debitore adempia integralmente alla sue obbligazioni. In ultimo le Esposizioni Scadute e/o Sconfinanti Deteriorate sono crediti per cassa che risultino scaduti o sconfinanti alla data di segnalazione, da oltre 90 giorni o superino una prefissata soglia di materialità. La normativa introduce poi uno Status, “Forborne”, col quale possono essere indicate tutte le esposizioni presenti nel portafoglio della Banca, anche le performing. Sono classificate come Forborne Exposure le esposizioni per le quali si verifichino due requisiti: 1) Sia effettuata una concessione, ovvero una modifica delle precedenti clausole contrattuali o un rifinanziamento, volti a tutelare ed avvantaggiare il cliente 2) Il cliente in questione versi in stato di difficoltà o possa ritrovarvisi a causa della mancata concessione. Le esposizioni non-performing che sono oggetto di concessione (Forborne) rimangono in stato di osservazione per circa 12 mesi per poter essere, eventualmente, classificate come “forborne performing” nel caso in cui risulti una ripresa regolare dei pagamenti e ci siano delle aspettative future positive riguardo la posizione.
I Non-Performing Loans all’interno del settore bancario italiano. I crediti deteriorati continuano a essere un gravoso problema per il comparto bancario italiano ma non solo, essi hanno anche un impatto negativo su tutto il settore economico. È dimostrato, infatti, che le banche che presentino in bilancio una pesante esposizione di crediti deteriorati siano portate ad essere più avverse al rischio. Questa forte avversione al rischio causa fenomeni di “credit crunch”, ovvero una interruzione nell’erogazione del credito alle aziende e ai privati. Essendo il prestito bancario uno dei motori dell’economia, questa interruzione nell’erogazione di fondi danneggia tutto il sistema economico. Le banche italiane sono molto esposte al rischio dei crediti deteriorati. Nel caso in cui i Non-performing presenti nei bilanci bancari dovessero risultare insolvibili, le banche subirebbero delle enormi perdite che potrebbero condurle al fallimento. Ma il default degli Istituti Bancari, specie se a rischio sistemico (banche molto grandi e molto esposte sul mercato), provocherebbe il crollo del sistema industriale del paese, causando uno squilibrio macroeconomico di enorme entità. Per questo motivo gli organi di controllo bancario a livello europeo (BCE ed EBA) premono fortemente per una riduzione dei crediti deteriorati. D’altro canto anche una dismissione non oculata dei crediti deteriorati potrebbe portare le banche a svalutare e, per questo, scontare delle perdite a livello patrimoniale, quindi è essenziale muoversi con cautela.
Il peso dei Npl nei bilanci delle Banche italiane. Stando a quanto esposto nel Rapporto sulla Stabilità pubblicato a Novembre da Banca d’Italia, il riequilibrio dei bilanci bancari sta procedendo, anche se in maniera piuttosto lenta. Il flusso dei crediti deteriorati e il peso della loro consistenza sul totale dei prestiti risulta notevolmente diminuito. La posizione patrimoniale migliora con gradualità, mantenendo le condizioni di liquidità nel complesso stabili mentre la redditività delle banche italiane risulta leggermente più bassa di quella delle altre banche europee, ma questo è dovuto a fattori congiunturali e strutturali, considerando anche la bassa crescita italiana. Gli ultimi Stress Test di luglio hanno evidenziato che i maggiori istituti bancari reagirebbero in maniera efficiente ad eventuali squilibri macroeconomici, e sarebbero in grado di sostenere le perdite. Unica nota stonata è Monte dei Paschi di Siena (a ottobre ha fallito, fra l’altro, la maxi-cartolarizzazione da 28,5 miliardi) che, seppur in grado di reggere in uno scenario base di crisi, non sarebbe in grado di affrontare una situazione più avversa. Le banche rimangono comunque notevolmente esposte ad eventuali shock. Lo hanno ribadito nei giorni scorsi anche Fitch, che ha confermato l’outlook negativo per il settore bancario italiano, e l’Ocse che nell’Economic Survey ha posto l’accento sull’urgenza dello smaltimento dei crediti deteriorati. Le politiche di offerta delle banche rimangono comunque alquanto prudenti, nonostante la lieve ripresa economica. L’erogazione di nuovi prestiti è stata concessa a soggetti particolarmente meritevoli e questo ha senz’altro avuto un riscontro positivo sugli indicatori della qualità del credito. Nel terzo trimestre del 2016 Banca d’Italia ha registrato un decremento di nuovi prestiti deteriorati di 2,6 punti percentuali. Inoltre nei primi mesi del 2016 le banche hanno avuto una riduzione della consistenza di crediti deteriorati lordi di circa 4 miliardi, passando a 356 miliardi, al netto delle rettifiche di valore si conta una riduzione ancora più marcata (circa 6 miliardi). Il tasso di copertura, rispetto al 2015, è invece aumentato di un punto percentuale, al 46,6%, valore nettamente superiore a quello medio dei principali istituti dell’UE. Infatti, a dispetto di alcune tra le più grandi banche europee (ad esempio Deutsche Bank), l’ammontare delle garanzie reali degli istituti italiani, a fronte dei crediti deteriorati, è molto elevato. Inoltre nel giugno 2016 si è riscontrato che il rapporto tra Npl e totale dei crediti verso la clientela è diminuito, al netto delle rettifiche, di quattro decimi rispetto a quello del 2015, affermandosi sul 10,4%. Mentre il Texas ratio delle banche italiane (Rapporto tra i crediti deteriorati lordi e la somma del capitale di miglior qualità e le rettifiche di valore sui crediti deteriorati) si è ridotto del 3%. Nei primi nove mesi dell’anno le banche italiane hanno cancellato dai bilanci circa 6 miliardi di sofferenze, a fronte di 1,7 miliardi dello stesso periodo dl 2015.
In conclusione. Lo scenario economico futuro appare leggermente più roseo, anche grazie alla lieve crescita che è stata registrata durante il 2016. Le previsioni per i prossimi due anni rimangono positive; la ripresa sarà probabilmente trainata dalla domanda interna e buone dinamiche sono previste nel versante consumi delle famiglie, con un tasso medio di crescita annua del 1,2% (media triennio 2016-2018) e una progressiva crescita dell’occupazione. In uno scenario del genere il futuro del settore bancario italiano appare più sereno. La ritrovata crescita che accompagnerà un graduale aumento della redditività bancaria, dovrà però essere accompagnata da una oculata gestione manageriale che possa riportare le banche italiane in linea con i maggiori istituti europei. La solidità del settore è indubbia, non resta che propiziare la ripresa con una amministrazione più sana e professionale per il rilancio delle banche italiane.