Partendo dai documenti trimestrali e annuali pubblicati da ogni azienda, quali bilancio o conto economico, è possibile ottenere degli indici aziendali sulle loro prestazioni e salute finanziaria. Molti nomi sono noti, come ROTA o ROE, e rappresentano un potentissimo strumento per gli investitori, capaci di dare importanti indicazioni di massima partendo da semplici dati. Bisogna, però, ricordare che solo le aziende quotate in borsa hanno l’obbligo rendere pubblici i propri documenti contabili.
Questi indicatori non sono da considerare assoluti, ma vanno letti in relazione a loro stessi e all’industria di riferimento. Per esempio, vi sono industrie che hanno costi di produzione molto alti, come quella siderurgica, e dove la competizione è alta. Vi sono, invece, industrie dove la competizione è ridotta e le aziende possono permettersi di addebitare prezzi molto lontani dai loro costi di produzione, come quella farmaceutica. Ad ogni modo, numerose ricerche suggeriscono che gli indici varino più fra aziende nello stesso campo che da industria a industria.
Gli indicatori principali
Di seguito sono presentati dieci indicatori principali. I primi quattro danno informazioni sulla capacità di fare profitti di un’azienda. Altri tre si occupano della sua salute finanziaria. Gli ultimi, invece, analizzano la liquidità disponibile, con i relativi rischi di insolvenza. Analizzandoli uno a uno, è possibile sciogliere i vari acronimi via via che si presentano.
Indicatori di profitto:
- ROTA (Return Over Total Assets): si ottiene dividendo l’EBIT, al numeratore, per i Total Assets, al denominatore. L’EBIT (Earnings Before Interest and Taxes) è il risultato operativo aziendale prima degli oneri finanziari e fiscali. Al denominatore, invece, vi sono gli asset totali, ovvero tutto il valore degli attivi (o dei passivi) dell’azienda. Si può interpretare il ROTA come l’indicatore del ritorno su tutti gli investimenti dell’azienda. Un buon ROTA si aggira, indicativamente, tra l’8% e il 12%. Ciò indicherebbe che per ogni 100€ in asset, l’azienda ottenga 8-10€ in profitti prima delle imposte e degli interessi.
- Profit Margin: il margine di profitto si ottiene dividendo l’EBIT per le entrate totali dalle vendite. Viene interpretato come un indicatore di quanto i costi di produzione inficiano sulle entrate totali. Quindi, di quanto l’azienda sia capace di addebitare al consumatore un “extra” oltre i costi di produzione. Un buon profit margin si aggira intorno al 10%. Di 100€ di vendite, 90€ vanno in costi di produzione, 10€ in EBIT.
- Asset Turnover: come il ROTA, l’Asset Turnover è un rapporto tra entrate e attività totali. Stavolta, però, non viene usato l’EBIT, bensì i Total Sales. L’indice è interpretabile come la capacità di tramutare gli investimenti in entrate. L’Asset Turnover è uno degli indici più variabili tra diverse tipologie di aziende. Una casa produttrice di software ha bisogno di un investimento iniziale molto minore rispetto ad un’azienda che si occupa di trasporto su camion.
- ROE (Return Over Equity): è l’ultimo dei più importanti indici di profitto e mette in rapporto i profitti netti con il capitale sociale dell’azienda. Un buon ROE si aggira intorno al 20%, ovvero per ogni 5€ di azioni si ha 1€ di profitto netto.
Indicatori di salute finanziaria:
- Interest coverage: è il rapporto tra l’EBIT e gli interessi totali che l’azienda ha riportato sul proprio Stato Patrimoniale. Un rapporto troppo basso evidenzia il rischio che gli introiti vengano tutti mangiati dall’interesse accumulato, togliendo profitti all’azienda.
- Debt-to-Equity: il rapporto Debt-to-Equity si costruisce dividendo i debiti (le passività) dell’azienda per il capitale proprio. Debiti eccessivi possono creare un interesse alto e generare alto rischio. Un rapporto 1:1 è considerato sano, ma molto dipende dal tipo di debito, dai tassi di interesse e via dicendo.
- Cost of debt: misura, appunto, l’ingerenza dei tassi di interesse rispetto al debito totale. Lo si ottiene dividendo l’interesse totale per i debiti totali.
Indicatori di liquidità:
- Current Ratio: mette in rapporto gli attivi correnti con i debiti nel breve termine. Un rapporto troppo basso indica il rischio di insolvenza da parte dell’azienda.
- Quick Ratio: più complesso del Current Ratio, ma più efficace, mette anch’esso in rapporto gli attivi correnti con i debiti nel breve termine, ma sottrae dai primi i beni d’inventario, che non sono sempre facili da convertire in liquidità in caso di necessità.
- Working Capital/Sales: per “working capital” intendiamo la differenza tra attivi correnti e debiti nel breve termine e, mettendo questo valore in rapporto con gli introiti totali dalle vendite, vediamo quanto un’azienda è capace di finanziare la crescita delle vendite con risorse immediate.
Per concludere, è necessario far notare che esistono altre decine e decine di indicatori, ma per ora è bene limitarsi ai più noti, semplici e intuitivi.