Che cos’è il fallimento?
Il fallimento è il peggior fenomeno patologico della vita di un’impresa, disciplinato fin dal 1942 come una procedura giudiziaria volta al soddisfacimento del ceto creditorio, che vede pregiudicare il proprio diritto di credito. La procedura viene applicata quando l’imprenditore è insolvente, ovvero incapace di adempiere regolarmente le obbligazioni contratte, quindi in sostanza non è più in grado di pagare i fornitori né con la liquidità ne col patrimonio. Non tutte le imprese sono soggette a questa “violenta” ed invasiva procedura, la legge infatti pone dei requisiti dimensionali ( art.1 Co.2 L.F.) che comprendono parametri di bilancio come i ricavi lordi o l’attivo patrimoniale. Nel nostro ordinamento sono anche presenti delle esenzioni, di cui possono godere per esempio le imprese agricole, le quali sono sottoposte al rischio ambientale oltre al rischio di mercato. Un imprenditore agricolo potrebbe vedere la distruzione del proprio vigneto per una gelata, dunque è evidente che la causa non è a lui imputabile, poiché si direbbe di “forza maggiore”. Anche le start-up innovative sono esentate per via di leggi speciali.
In cosa consiste la procedura fallimentare?
I legittimati, cioè i soggetti che hanno diritto di proporre istanza di fallimento al tribunale competente, sono:
- uno o più creditori;
- il debitore insolvente;
- il Pubblico Ministero.
Il debitore può chiedere il fallimento per evitare così un maggior dissesto e di finire in reati fallimentari come la bancarotta fraudolenta. Il Pubblico Ministero può chiederlo nei casi previsti dall’art 7 L.F., come la fuga e la latitanza del debitore, ma anche nel caso abbia fatto ricorso abusivo al credito. Le banche infatti non danno denaro alle imprese in crisi, salvo particolari garanzie, quindi gli imprenditori fanno ricorso all’usura. Il fallimento è dichiarato con sentenza, con cui vengono nominati gli organi della procedura. Ruolo fondamentale è quello del curatore fallimentare, che ha il compito di liquidare il patrimonio, di ripartirlo ai creditori e di compiere altre innumerevoli azioni. Il suo operato avviene sotto il controllo e la vigilanza del comitato dei creditori, che rappresenta tutti i creditori e del giudice delegato, il quale svolge un controllo di regolarità sulla procedura.
Cosa succede al fallito e come deve comportarsi ?
Il fallito è soggetto ad innumerevoli effetti dal giorno della dichiarazione di fallimento, tra questi vede lo spossessamento di tutti i suoi beni, quindi perde la disposizione e l’amministrazione di essi. Questo avviene per evitare la dispersione delle attività, come la vendita di beni ad amici (contratto simulato) e per fissare l’attivo presumibilmente realizzabile, significa cristallizzare il patrimonio ed avere un idea chiara di quello che potrebbe essere il ricavato della liquidazione ( trasformazione dei beni in denaro). I beni che sono fuoriusciti dal patrimonio in un tempo sospetto, ovvero in cui gia persisteva l’insolvenza, possono essere reintegrati con azioni revocatorie. Al fallito che si è comportato secondo le disposizioni dell’art. 142 e SS. L.F., in sintesi in modo onesto e facilitando la procedura, viene disposta dal tribunale o richiesta da quest’ultimo “l’Esdebitazione”, un istituto di origine nord-americana volto a rendere inesigibili i debiti residui non soddisfatti dalla procedura, quindi la parte di debito non soddisfatta non dovrà essere più pagata. La ratio della norma è racchiusa in quello che gli americani definiscono “fresh start”, che agisce nell’ottica di restituire una nuova opportunità all’imprenditore fallito.
Altre procedure:
Per particolari tipologie di imprese, come quelle bancarie, ma in generale le imprese soggette a vigilanza (Sim-Sicav) ed altre categorie ritenute sensibili, viene disposta la liquidazione coatta amministrativa. Si tratta di una procedura amministrativa volta all’eliminazione dal mercato, che può essere disposta non solo nel caso dell’insolvenza, ma anche nel caso di mala gestio degli amministratori. Uno dei casi più recenti è quello di Banca Etruria, che una volta eliminate le sofferenze e ricapitalizzata la banca, è stata ceduta al gruppo Ubi Banca. Questa metodica del ricercare un acquirente delle società in LCA (Liquidazione Coatta Amministrativa), è indispensabile per gli interessi dei correntisti e per garantire una prosecuzione dei contratti, ritenuti ancora in grado di generare entrate. Essi in fase di liquazione sono sottoposti alla visione della autorità di vigilanza, in sintesi la prosecuzione in capo ad altre imprese delle stesso settore, giova sia alla parte lesa come il correntista di un deposito bancario che all’acquirente che può, acquisendo una realtà simile prendere una buona fetta di mercato a prezzi vantaggiosi. Le stesse imprese soggette al fallimento possono essere soggette anche all’Amministrazione Straordinaria, qualora le dimensioni superino i parametri posti della legge Prodi, generalmente grandi o grandissime imprese con più di 500 dipendenti. Il caso italiano di maggior spicco è quello rappresentato dal crac Parmalat del 2003, dove fu creata una procedura ad hoc visti i molteplici interessi degli stakeholders, in particolare delicata era la situazione dei risparmiatori truffati e dei bancari coinvolti. Fu una procedura estremamente complicata che fu gestita dal Dott. Bondi, attuale amministratore straordinario dell’Ilva di Taranto.