Gli italiani spendono per il gioco d’azzardo più di 100 miliardi di euro l’anno. Si tratterebbe di una media superiore ai 1.500 euro pro capite ogni 12 mesi, secondo Avvenire tale cifra sarebbe, per il 2019, addirittura superiore ai 110 miliardi di euro, anche se si tratta di un dato incerto. Infatti, le stime ufficiali per l’anno passato non sono ancora state rese disponibili.
Il gioco in Italia conta circa 78 mila lavoratori e vale l’1% del PIL nazionale. Le società che si occupano di scommesse e simili, nella Penisola, devono dare allo Stato il 55% dei loro profitti netti, ovvero togliendo le spese necessarie a pagare stipendi, affitti e gestione. Nel 2018 il gioco ha portato più di 10 miliardi nelle casse pubbliche.
La liberalizzazione del gioco d’azzardo in Italia
Fin dall’inizio del processo di liberalizzazione del gioco d’azzardo in Italia nel 1992, con la prima apertura del mercato a società indipendenti, esso è stato visto prima di tutto come una fonte di entrate per il bilancio dello Stato. La crescita vertiginosa del settore, però, inizierà più di 10 anni dopo con l’introduzione delle videolottery (vlt). Esse consistono in apparecchi, collegati ad internet, dove è possibile giocare, principalmente nella modalità slot machine.
Le vlt permettono di inserire anche banconote, non solo monete, e con esse sono possibili vincite molto maggiori rispetto alle loro analoghe precedenti. Solo dal 2017, dopo un lungo periodo di sempre maggiore liberalizzazione, il gioco d’azzardo è stato oggetto di alcune limitazioni legali, come il divieto di porre videolottery e simili in prossimità di scuole.