Le opzioni sono contratti finanziari derivati che danno al possessore il diritto, ma non l’obbligo, di comprare (call option) o di vendere (put option) un certo asset sul quale l’opzione stessa è basata, fissando uno specifico prezzo (prezzo di esercizio K) ed una scadenza o una data precisa. Il possessore deve pagare una somma, chiamata premio, al venditore dell’opzione. La convenienza o meno ad esercitare un’opzione, che sia di tipo call o put, dipende dalla differenza tra il prezzo di esercizio dell’opzione e il valore effettivo finale del bene sottostante alla scadenza.
Il payoff di un’opzione non ha un andamento lineare e quindi per il pricing, cioè per determinare il suo prezzo di equilibrio, non può essere utilizzato solamente il meccanismo di non arbitraggio, come invece avviene per i Forward e i Futures. Sono richieste altre informazioni, prima fra tutte l’andamento del prezzo del sottostante nel corso della vita dell’opzione. Per tale ragione si devono determinare modelli che descrivano il processo stocastico relativo all’evoluzione del prezzo del sottostante all’opzione.
Le variabili che intervengono nel pricing
Le principali modalità di pricing possono essere distinte in due macro categorie: modelli continui e modelli discreti. I primi assumono che il prezzo del sottostante subisca variazioni continuamente, mentre i secondi assumono che le variazioni avvengano in precisi istanti temporali e che il prezzo rimanga inalterato tra due istanti successivi. Qualunque sia il modello utilizzato, nel pricing delle opzioni gli elementi fondamentali da considerare sono:
- la Maturity “t”, cioè la vita residua;
- la volatilità “σ”;
- il prezzo del sottostante “S”;
- il prezzo di esercizio dell’opzione “K”;
- il tasso d’interesse “r”;
- i dividendi “D”.
Tali fattori hanno un impatto diverso sulle opzioni, impatto che può essere positivo o negativo a seconda che si tratti di call o put.
La formula di Black-Scholes-Merton
Il più famoso approccio legato al tempo continuo è quello di Black-Scholes-Merton. La formula di Black-Scholes-Merton è essenzialmente una formula matematica per il prezzo di non arbitraggio di un’opzione di tipo europeo, nella quale si assume che il processo stocastico che descrive l’evoluzione del prezzo nel tempo sia un moto browniano geometrico. Tale lavoro, da molti definito come uno dei più grandi contributi alla finanza, portò Scholes e Merton ad essere insigniti, nel 1997, del premio Nobel dell’economia. Le principali assunzioni legate a tale modello sono le seguenti:
- Non è consentito arbitraggio
- Non si hanno costi di transazione o tassazione ed i mercati sono efficienti
- Gli asset sono infinitamente divisibili
- Il sottostante non paga dividendi.
In verità l’ipotesi fondamentale su cui si basa il modello è quella legata all’arbitraggio, che consente di costruire un portafoglio di replica; l’eliminazione delle altre ipotesi comporta soltanto alcuni aggiustamenti.
Black & Scholes derivarono il modello partendo dalla costruzione di un portafoglio che fosse localmente (cioè per un intervallo di tempo infinitesimo) risk-free, usando unità del sottostante e dell’opzione. Ipotizzando che il sottostante segua un moto browniano geometrico si può determinare il processo stocastico legato alla sua evoluzione e si ottiene così un’equazione alle derivate parziali che, mediante le condizioni al contorno, permette di calcolare il prezzo di un’opzione.
L’assunzione di risk-neutral probability
Un modo per semplificare il processo di pricing è quello di ricorrere al concetto di risk-neutral probability, cioè al fatto che gli operatori del mercato siano neutrali al rischio. La risk-neutral probability è una misura di probabilità sotto la quale il prezzo di non arbitraggio di un’attività finanziaria è pari al suo valore atteso futuro scontato al tasso privo di rischio (per la definizione matematica si deve ricorrere al concetto di martingala). In tal modo si può risolvere l’equazione di Black & Scholes semplicemente calcolando il valore atteso scontato. Si ha così che la soluzione dell’equazione è data dal valore atteso, scontato, del payoff futuro. Con questa procedura si può esprimere il prezzo di una call con la formula universalmente riportata in tutti i manuali.
La formula di Black & Scholes presenta il grosso limite di essere di non semplice implementazione per alcune tipologie di opzioni esotiche; inoltre alcune ipotesi sottostanti al modello possono essere restrittive. Evidenze empiriche hanno mostrato infatti come non sia plausibile assumere una volatilità costante, e questo impone l’elaborazione di modelli dove la volatilità dipenda dal tempo. In particolare, tale modello ha mostrato alcuni difetti durante la crisi del 1987, ma nonostante ciò continua ad essere utilizzato, soprattutto per ricavare la volatilità implicita delle opzioni.
Il modello binomiale
Un approccio in tempo discreto, chiamato modello binomiale, fu elaborato da Cox, Ross e Rubinstein sul finire degli anni Settanta per fornire una versione semplificata della formula di Black & Scholes. Tale modello assume che in ogni intervallo temporale il prezzo possa avere soltanto due risultati, un incremento o un decremento, secondo specifici fattori. Sotto alcune ipotesi questo modello può essere considerato come un’approssimazione di quello in tempo continuo di Black & Scholes e può essere utilizzato per il pricing di numerose tipologie di opzioni, anche quelle per le quali la formula di Black & Scholes presenta dei limiti.
In questo approccio si suddivide la durata del contratto in N sotto-intervalli e si ipotizza che il sottostante subisca delle variazioni di prezzo soltanto alla fine di ogni sotto-intervallo. Indicando con “p” la probabilità di un incremento e con “1-p” la probabilità di un decremento si ottengono soltanto due stati, che verranno utilizzati per determinare il portfolio di replica dell’opzione. Il modello binomiale non richiede l’impiego di strumenti matematici complessi, dal momento che si basa soltanto sul concetto di probabilità e di costruzione di portafogli di replica.
L’approccio Montecarlo
Infine un approccio molto utilizzato, specialmente per le opzioni esotiche, è quello della simulazione Montecarlo. Per valutare il prezzo di un’opzione si generano una serie di possibili andamenti del prezzo del sottostante sfruttando comunque l’assunzione di ambiente neutrale al rischio. In seguito si determinano tutti i possibili payoff, che infine vengono attualizzati per determinare il valore dell’opzione.
Alla base della simulazione Montecarlo vi è la generazione di numeri casuali, che risulta essere anche l’aspetto più critico di tale metodologia, in quanto bisogna individuare un algoritmo che permetta di generare numeri casuali coerenti con il possibile andamento del prezzo del sottostante. Il metodo Montecarlo fa parte degli approcci che per determinare il prezzo di un derivato utilizzano metodi numerici, cioè tecniche che permettono di ottenere una soluzione approssimata accettabile.
I metodi presentati qui in modo non esaustivo sono i più diffusi, tuttavia nessuno di essi è immune da difetti o carenze. Nonostante ciò offrono risultati soddisfacenti per il pricing delle opzioni e per tale ragione continuano ad essere utilizzati comunemente.