L’acquisto di titoli a reddito fisso, di Stato o di tipo differente, da parte di un investitore, può dipendere da svariate motivazioni. La maggior parte degli investitori saranno interessati al rendimento che tali strumenti offrono. Da che cosa dipende però tale rendimento? Facendo un’analisi semplice, si può dire che il rendimento di un titolo generico a reddito fisso dipende dal rischio di insolvenza, dalla struttura dei tassi a termine, dalla liquidità e dal trattamento fiscale. Sono le caratteristiche di base di cui gli investitori domestici devono tener conto per determinare i propri guadagni. Quando però si parla di imprese che importano o esportano merci, o ancora di agenti che compravendono titoli esteri, ecco che tali elementi non sono più sufficienti, ma è necessario considerare anche altri fattori di rischio, come il rischio paese.
IL RISCHIO
Riprendendo la definizione dall’enciclopedia Treccani il rischio è una “Eventualità di subire un danno connessa a circostanze più o meno prevedibili”. Adattando tale enunciato ai mercati finanziari, possiamo dunque definirlo come la possibilità, più o meno prevedibile, che un investitore ha di contrarre perdite (al posto di guadagni), tramite i propri investimenti. Come influisce sul livello dei rendimenti? A parità di rendimenti, un soggetto razionale e avverso al rischio che ha a disposizione una determinata somma monetaria, deciderà di investire tale risorse nell’alternativa che gli garantisce il minor rischio possibile. Se ciò è vero, allora chi offre titoli con un più alto grado di rischio, si ritroverà costretto ad offrire rendimenti maggiori per rendere il titolo più appetibile. Tale processo è in sostanza valido per via del rischio di insolvenza: gli emittenti più rischiosi saranno costretti ad offrire rendimenti più alti per poter piazzare i propri titoli presso i risparmiatori.
RISCHIO PAESE E RISCHIO DI CAMBIO
Gli emittenti che ad oggi sono autorizzati ad emettere titoli sono molteplici e tra essi si annoverano banche, enti pubblici, imprese private e Stati. Quest’ultimi utilizzano tali strumenti principalmente per finanziare parte della loro spesa pubblica. L’insieme delle emissioni di tutti gli enti elencati, su un territorio nazionale, genera l’offerta aggregata di titoli di una determinata nazione. Quando si parla di rischio paese dunque, faremo riferimento al rischio d’insolvenza di operatori pubblici e privati, derivanti da una stessa area geografica, indipendente dalle loro volontà. La definizione di Meldrum (2000) è sicuramente una delle più esaustive suddividendo il rischio paese in sei elementi differenti. Tra essi dunque ritroviamo:
- Rischio sovrano: capacità o volontà del debitore sovrano di onorare i propri impegni di pagamento. A tal riguardo sarà anche importante rivalutare eventuali recenti ristrutturazioni del debito sovrano.
- Rischio politico: eventi di grande impatto non economici, come ad esempio conflitti, repentini cambi della direzione delle politiche economiche e tutti quei fatti difficilmente prevedibili legati alla politica di un paese.
- Rischio economico: dipende da scelte che influiscono sui tassi di crescita, sugli scambi e sulla propensione di un paese verso il commercio con l’estero.
- Rischio di trasferimento: connesso a decisioni da parte delle autorità di limitare la circolazioni di capitali, il rimpatrio di utili o profitti. Spesso collegato con il rischio sovrano, in quanto possibili restrizioni vengono applicate quando lo Stato si trova a corto di riserve valutarie.
- Rischio di posizione: riguarda il possibile contagio derivante da economie vicine. Tipicamente molto più elevato per tipologie di economie considerate deboli e facilmente vulnerabili.
- Rischio di cambio: si fa riferimento alle possibile oscillazioni improvvise e indesiderate che il tasso di cambio può avere a causa di diversi fattori, come ad esempio il passaggio da un regime a cambi fissi ad uno con cambi variabili. Proprio il regime previsto da un accordo fra due paesi riguardo al mantenimento dei cambi fissi sulle proprie monete nazionali, permette di eludere tale rischio. Tale elemento non è tanto identificabile con il paese emittente del titolo, ma con la valuta con la quale effettuiamo gli scambi. Facendo un esempio banale: il rischio di cambio per un soggetto americano che commercia con l’Italia o con la Germania sarà uguale, avendo entrambi adottato l’Euro come moneta nazionale.
Ma cos’è il tasso di cambio? Esso è il prezzo a cui una valuta X (per esempio Euro), viene scambiata con una valuta Y (esempio Dollaro). Si parlerà di un apprezzamento dell’Euro nel momento in cui, con una singola unità di tale moneta si potrà acquistare un quantitativo maggiore di beni in Dollari rispetto ad un periodo precedente. Viceversa si parlerà di deprezzamento quando rispetto ad un periodo precedente avremo bisogno di un quantitativo maggiore di Euro per acquistare il solito quantitativo di beni in Dollari. La volatilità del tasso di cambio, e quindi l’alterarsi di apprezzamenti e deprezzamenti della moneta, rendono maggiormente incerte quelle che sono le aspettative future degli investitori e tendenzialmente, possono portare ad un indebolimento della moneta, spostando le attenzioni del mercato su altre valute. Tutto ciò naturalmente, insieme alle altre componenti di rischio, comporta un abbassamento del rating del paese ed un conseguente aumento del rischio del titolo.
Esempio pratico di rischio di cambio
L’investitore Mark acquista un’azione di Netflix sul mercato americano al prezzo ipotetico di 300$. Il tasso di cambio €/$ è 1/1.14. Quindi, il prezzo di acquisto che Mark avrà in euro sarà 300/1.14= 263.15€. Mark vuole rivendere il titolo dopo una settimana al solito prezzo di 300$, ma il tasso di cambio dopo una settimana è improvvisamente sceso ad €/$ 1/1.10 (quindi l’Euro si è deprezzato). Il prezzo che a Mark verrà pagato dall’acquirente della sua azione sarà di 300/1.10= 272.73€. Come si può ben notare, nonostante il valore dell’ azione non sia cambiato, Mark ha ottenuto un guadagno dal deprezzamento dell’€. Perchè? Questo è dovuto al fatto che, nella settimana in cui l’Euro si è deprezzato, Mark stava detenendo titoli in dollari e dunque, una settimana dopo, con gli stessi dollari ha potuto avere in cambio un maggior quantitativo di €.