Dal Rapporto Werner al Serpente Monetario
Nel 1970 la Comunità Economica Europea (CEE) era composta da 6 Paesi (Italia, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) e da solo due anni era diventata un’unione doganale, cioè un’area di mercato priva di barriere commerciali al suo interno e con una tariffa comune all’esterno. L’integrazione europea era quindi ancora agli albori ma già in questa fase ci furono periodi di grande difficoltà e frizione, come la “crisi della sedia vuota”, del 1966, innescata dal Presidente De Gaulle.
Fu proprio nel 1970 che nacque la prima bozza del progetto sulla moneta unica, per mezzo del Rapporto Werner. Questo, che prese il nome del suo relatore, il Presidente del Lussemburgo Pierre Werner, prevedeva riforme graduali, come la fissazione dei tassi di cambio delle valute, fino alla creazione e all’adozione di una moneta unica. Il progetto, almeno nelle intenzioni, doveva realizzarsi entro 10 anni. Complice la resistenza di alcuni Paesi, tra i quali la Francia, il rapporto Werner venne giudicato troppo pretenzioso ma non si fermò la volontà dei Paesi di dare vita ad una maggiore integrazione economica.
Nel 1972 venne creato il Serpente Monetario, cioè un regime di fluttuazione delle valute dei 6 Paesi membri e degli altri 3 che vi presero parte (Regno Unito, Irlanda e Norvegia). Venne stabilito che le valute potessero fluttuare sia tra loro stesse (+/- 1,125%) che nei confronti del dollaro americano (+/- 2,25%) solo entro una certa fascia. Il Serpente doveva far convergere il più possibile il valore delle valute dei Paesi ma, a causa di complicazioni esterne, una su tutte la crisi petrolifera del 1973, non riuscì a sortire gli effetti sperati.
Dallo SME all’Euro
Nel 1979, l’anno in cui si tennero le prime elezioni per il Parlamento Europeo, Italia, Francia, Germania Ovest, Paesi Bassi, Belgio, Irlanda, Danimarca e Lussemburgo diedero avvio al Sistema Monetario Europeo (SME). A differenza del Serpente Monetario, al centro del regime di fluttuazione previsto dallo SME, c’era l’ECU.
L’ECU, o Unità di Conto Europea, era composto in percentuale più o meno grande da ciascuna moneta dei Paesi partecipanti e serviva, nello SME, come base su cui costruire le fasce di oscillazioni tra le monete stesse. Venne infatti creata una rete di tassi di cambio bilaterali, i quali erano fissati all’ECU, e venne stabilita una fascia di oscillazione tra le valute (+/- 2,25%) tranne per alcuni Paesi (per l’Italia era del +/- 6%). Se la propria moneta usciva da questi confini, la Banca Centrale dello Stato doveva provvedere a farla rientrare. Lo SME funzionò almeno fino alla crisi speculativa del 1992, quando la Lira subì una pesante svalutazione (del 7% rispetto alle altre monete) e fu costretta ad uscirne.
Nel frattempo, il rapporto Delors ed il trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993, avevano segnato la strada che portava al completamente dell’Unione economica e monetaria. Libera circolazione dei capitali prima, creazione dell’IME (Istituto Monetario Europeo), l’antenato della BCE, e infine l’Euro e la politica monetaria comune.
La nascita dell’Euro
Nella notte del 31 dicembre 1998 furono fissati i tassi di conversione delle valute dei paesi partecipanti (Italia, Germania, Francia, Spagna, Austria, Finlandia, Irlanda, Olanda, Portogallo, Belgio e Lussemburgo) con l’Euro. Il 1° gennaio 1999 l’Euro diventò valuta degli Stati membri dell’Unione. Per i primi tre anni fu solo una valuta elettronica e dal 1° gennaio 2002 entrò a tutti gli effetti in circolazione. Con l’Euro si diede avvio alla terza fase dell’integrazione economica in Europa. La politica monetaria, infatti, non fu più decisa dalle singole banche centrali, ma divenne un compito della BCE.
Nel 2019 l’Eurozona è composta da 19 Stati e 340 milioni di abitanti. La moneta unica ha avuto il merito di garantire e facilitare il funzionamento del mercato unico e della libera circolazione di persone, merci e capitali. Dopo vent’anni, i dati confermano che il più importante obiettivo dell’Euro e della BCE, la stabilità dei prezzi in Europa, è stato raggiunto. Come rilevato da REF ricerche su dati Eurostat per Il Sole 24 Ore, emerge che il tasso di inflazione dal 1999 ad oggi è per l’area Euro dell’1,7% (1,9% per l’Italia).
Dal “Whatever it takes” al futuro dell’Euro
Il 26 luglio 2012, alla Lancaster House di Londra, Mario Draghi, da appena 9 mesi Presidente della Banca Centrale Europea, proferì due brevi frasi, ma che resteranno nella storia:
“But there is another message I want to tell you. Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough.” (“C’è un altro messaggio che voglio lasciarvi. All’interno del nostro mandato, la Banca Centrale è pronta a fare qualsiasi cosa per preservare l’Euro. E credetemi, sarà abbastanza.”).
Grazie a Mario Draghi, al quale viene riconosciuto di essere “l’uomo che ha salvato l’Euro”, la moneta unica è oggi più solida. Anche la BCE è molto più importante di quello che era prima di Draghi. Le recenti riforme, come il Quantitative Easing, il Meccanismo europeo di stabilità (o Fondo Salva-Stati), il Single Supervisory Mechanism (sistema di supervisione bancaria da parte della BCE), il Single Resolution Mechanism (sistema di risoluzione delle crisi bancarie), e la presenza del SEVIF (Sistema di vigilanza finanziaria, hanno infatti rafforzato l’Euro ed ampliato l’area d’intervento della Banca Centrale. Il successore di Draghi, oltre ad ereditare una politica monetaria efficace, dovrà far seguito al suo importante lavoro.