Che siano bustine di magnesio, barattoli di polveri proteiche o compresse di Omega3, oggi i cosiddetti integratori alimentari possono essere trovati sugli scaffali di quasi tutte le farmacie e i supermercati. L’efficacia di questi prodotti è stata spesso oggetto di discussione all’interno della comunità scientifica e non solo. Nonostante ciò, il mercato degli integratori ha visto negli ultimi anni una forte e continuativa crescita, in chiara opposizione al netto e generale calo dei consumi provocato dalla crisi economica.
Tra il 2007 e il 2016, infatti, i consumi non alimentari delle famiglie italiane sono crollati del 10%, passando da 114 a 102 miliardi di euro; a soffrire maggiormente sono stati abbigliamento e calzature, il cui consumo è calato di un quarto. Già nel 2013 il distacco del settore degli integratori emergeva con chiarezza: a fronte di un taglio del 5% rispetto all’anno precedente della spesa complessiva dedicata al benessere della persona, come ad esempio abbonamenti in palestra e alimenti, le confezioni di integratori vendute registravano un aumento dell’2,1% e le aziende produttrici un +3,1% di fatturato.
Un settore inarrestabile
Dal 2013 questo già fiorente mercato non ha fatto altro che crescere: nel 2015 la prima indagine sulla filiera degli integratori alimentari del Centro Studi FederSalus riportava la vendita annuale in Italia di 183 milioni di confezioni, con ricavi industriali superiori ad un miliardo di euro. Dallo stesso rapporto emergeva inoltre un positivo andamento dell’occupazione: il 50% delle aziende del campione studiato aveva previsto un aumento della forza lavoro rispetto all’anno precedente. A lavorare nel settore sono individui altamente qualificati: il 56% della forza lavoro è laureata, soprattutto in ambito scientifico. Un dato interessante è anche la forte presenza femminile: il 55% dei lavoratori è donna.
Ad oggi, solo in Italia, sono 32 milioni i consumatori di integratori alimentari: il 65% degli italiani adulti ne ha fatto consumo per oltre due anni. Nel 2017 in Italia il settore, che conta un totale di quasi 20 mila impiegati, ha assistito ad una crescita media delle vendite del 7,3% (dati FederSalus).
Il mercato globale degli integratori alimentari
Dalla prima indagine del 2015 è risultato che il 58% delle aziende del campione aveva aumentato il proprio fatturato estero. Nel 2017 il settore riconferma la sua propensione all’export che, come emerge dalla terza indagine Federsalus, rappresenta il 21% del fatturato totale, con un valore pari a circa 250 milioni di euro. Tra i paesi di sbocco principali troviamo quelli europei, ma anche Russia, Cina e America settentrionale.
Il mercato italiano degli integratori alimentari vale circa 3 miliardi di euro: l’Italia, dove sono attualmente in commercio ben 72.540 diversi integratori alimentari, si trova al primo posto in Europa per il consumo di questi prodotti, coprendo oltre il 20% dei circa 12 miliardi di consumi complessivi a livello continentale. A seguire troviamo la Germania (13,2%), la Russia, il Regno Unito e la Francia (8,9%). Ad amare più di chiunque altro gli integratori sono però gli americani, con un mercato da 30 miliardi, nel quale vengono venduti 90 mila prodotti diversi.
Le aziende leader
È Bios Line la prima azienda italiana del settore: nata a Padova nel 1986, è presente in quasi tutte le tremila erboristerie e in duemila delle 18 mila farmacie italiane. Dalla sua fondazione non ha mai registrato cali nel giro d’affari e, ad oggi, registra un fatturato di 24 milioni di euro. Con 10 mila punti vendita in 35 diversi paesi esteri, anche quest’azienda mostra una forte propensione verso l’export, che rappresenta il 12% del suo fatturato.
Tra le aziende leader troviamo anche Pharmanutra e Bio Due, entrambe società toscane quotate nel mercato AIM Italia: nel 2017 Pharmanutra ha registrato ricavi consolidati pari a 37,8 milioni di euro ed una crescita del 14,5% rispetto all’esercizio precedente; Bio Due ha registrato nello stesso anno ricavi pari a 35,7 milioni di euro, con una crescita del 4,2% rispetto all’anno precedente.
Le opportunità offerte da questo mercato in crescita non sono sfuggite alle celebrità, soprattutto americane: Elle McPherson ha commercializzato il suo “Super Elixir”, un mix di erbe per rafforzare l’organismo, e Gwyneth Paltrow ha lanciato nell’aprile 2017 un’intera linea, all’interno della quale figura il best seller “Why Am I So Effing Tired”, un energizzante per “donne impegnate”.
I prodotti di maggior successo
Le categorie più richieste in farmacia e nella grande distribuzione sono i sali minerali e i probiotici; a dominare la vendita diretta, invece, troviamo i multivitaminici, seguiti dagli Omega3. Nel 2017 in Italia ogni persona ha usato in media 2,5 tipi di integratori per avere più energia (35%), per gestire situazioni specifiche (28%), per prevenire malattie cardiovascolari e osteoarticolari (22%) e per il benessere in generale (15%).
Se da una parte la farmacia continua a rappresentare oltre l’80% del valore dell’intero comparto in termini assoluti, dall’altra è il canale della grande distribuzione, legato ai corner dei super ed ipermercati, a registrare il più alto tasso di crescita (+8,1%) e un significativo aumento di fatturato (passando dai 237 milioni di euro nel 2017 ai 256 nel 2018).
Il dibattito
È FederSalus, principale referente per le organizzazioni istituzionali e commerciali operanti nel settore degli integratori alimentari, ad elencare le più comuni “bufale” riguardanti questi prodotti.
«Prevengono il cancro, fanno dimagrire, sostituiscono i pasti, curano malattie, sostituiscono i farmaci: questo è quello che degli integratori alimentari NON può essere detto, mai».
Nessuna formula magica, dunque, ma solo uno strumento dall’efficacia in molte circostanze ancora dubbia: la maggior parte dei trial randomizzati su integratori di vitamine e minerali non ha dimostrato benefici evidenti nella prevenzione di patologie croniche. Perciò un adulto in salute non avrebbe alcuna necessità di farne uso a scopo preventivo, soprattutto considerando che alcuni supplementi, come betacarotene, vitamina E e vitamina A, se assunti in dosi maggiori di quelle raccomandate, possono risultare dannosi all’organismo.
Sono di fatto solo tre i casi in cui l’assunzione di integratori va raccomandata nel soggetto a rischio: l’acido folico per le donne che hanno in programma una gravidanza, la vitamina D per i neonati allattati al seno e la vitamina B12 per gli adulti over 50 non in grado di assorbirla naturalmente. Risulta evidente, dunque, che le sorti di questo mercato in futuro dipenderanno moltissimo dalle abitudini dei consumatori e dal modo in cui queste verranno influenzate dalle sempre più approfondite scoperte scientifiche riguardanti questi prodotti relativamente nuovi ed unici nel loro genere.
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