L’Italia è sicuramente un paese meraviglioso, ma allo stesso tempo anche molto complicato. Questo vale soprattutto per un ragazzo che non solo ha l’ardire di investire nel nostro Paese tempo e denaro, ma anche di puntare su un progetto molto ambizioso come la realizzazione di una piattaforma di equity crowdfunding, un interessante canale alternativo di finanziamento alle imprese. Oggi cercheremo di conoscere meglio questo ragazzo, l’ing. Carlo Allevi, co-founder e op.manager di WeAreStarting.
WeAreStarting è una piattaforma di equity crowdfunding che permette di investire in società selezionate tra le più solide e promettenti e di comprendere meglio le prospettive del crowdfunding.
Buongiorno Carlo! Considerando che il nostro pubblico è in media molto giovane, curioso e sempre alla ricerca di esempi da emulare, che ne dici di raccontarci un po’ di te e del percorso che ti ha portato a fondare WeAreStarting?
Sono nato a Bergamo nel 1986, il mio percorso di studi è culminato con la laurea in ingegneria energetica. Ho lavorato per i primi anni nel settore delle rinnovabili, negli anni del boom dei grandi impianti fotovoltaici. Dal 2014 mi sono dedicato all’equity crowdfunding e sono felice di poter dire di essere tra i pochi che hanno ottenuto i primi risultati positivi in Italia. Da qualche settimana sono anche sposato con una splendida neurochirurga.
Come è nata l’idea di creare una piattaforma di equity crowdunding?
Internet ha cambiato tantissimi settori, ma la possibilità di trovare soci era ancora riservata alle grandi società. In Italia ci sono imprese che muoiono, investitori che si lamentano degli investimenti disponibili e idee splendide che “marciscono” sotto i nostri occhi. L’equity crowdfunding può risolvere questi problemi e rendere più dinamica l’economia italiana, grazie alle nuove tecnologie e alla crescente voglia di comunicare e condividere. La piattaforma di WeAreStarting è nata così.
Chiunque avrà ormai sentito parlare di “crowdfunding”, ma non molti conoscono le differenze fra le varie tipologie esistenti, che ne dici di chiarire sinteticamente il significato di questo termine?
Crowdfunding significa semplicemente raccogliere denaro da molte persone. Le varie tipologie differiscono tra loro in base a cosa si ottiene in cambio: un ringraziamento (donation), una ricompensa (reward), quote o azioni di una società (equity) o interessi (lending). Esistono ormai anche modelli avanzati o ibridi.
Il background da ingegnere energetico ha influito in qualche modo sul successo di WeAreStarting o pensi che il successo di un progetto dipenda essenzialmente dalla propria motivazione ?
L’approccio da ingegnere si è rivelato spesso utile, anche se a volte i miei colleghi mi rimproverano di esagerare con i tecnicismi. Credo che le competenze in ambito energetico si riveleranno ancora più utili nei prossimi mesi, grazie all’apertura dell’equity crowdfunding a tutte le PMI (piccole e medie imprese).
Un paese come l’Italia è abbastanza maturo per comprendere le opportunità dell’ equity crowdfunding? Secondo te potrebbe un giorno diventare un serio concorrente del mercato azionario?
La maggioranza delle imprese non ha accesso alle risorse finanziarie che possono arrivare dal mercato azionario. Il web permette di offrire opportunità simili anche alle startup e alle PMI, in modo più semplice e con costi minori. È già successo in tanti settori: adesso è l’ora dell’economia. Non siamo concorrenti, ma ci rivolgiamo a soggetti diversi. L’esempio concreto è quello della campagna che stiamo ospitando per LittleSea, che, pur essendo già attiva sui mercati internazionali e lavorando con clienti importanti, non avrebbe ancora i requisiti per affacciarsi sul mercato azionario.
Cosa ne pensi del quadro legislativo dell’equity CF, soprattutto in vista degli sviluppi avvenuti del maggio del 2017, aprendo le porte anche alle srl e non solo alle spa?
Tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi anni è stato in attesa di questa estensione a tutte le PMI. Finalmente potremo rivolgerci a società di qualsiasi tipo, incluse tante che corrispondono ai gusti degli investitori italiani. Credo che vedremo le prime raccolte significative nei settori green e immobiliare, che finora erano resi inaccessibili da una normativa troppo limitante. Mi piace dire che i primi mesi di equity crowdfunding siano stati una traversata nel deserto, durante la quale abbiamo imparato molte cose. Ci siamo impegnati molto per diffondere questo strumento nel nostro Paese, sempre osservando i migliori esempi internazionali ed adottando tecnologie all’avanguardia per offrire agli investitori un servizio di investimento sempre più avanzato.
Dal 2012 ad oggi il quadro normativo italiano sull’equity crowdfunding è notevolmente migliorato e ciò ha consentito di proseguire il nostro cammino e accrescere le potenzialità del nostro portale in pochi anni.
Quali sono secondo te le prospettive di evoluzione di questa metodologia di finanziamento aziendale nei prossimi anni?
Abbiamo di fronte grandi sfide. Per prima cosa, ora che la normativa lo permette, assisteremo al proliferare di raccolte relative a settori completamente nuovi, dalle rinnovabili al Made in Italy, e alla creazione di veri e propri filoni di campagne. I portali dovranno riuscire ad intercettare sempre più la crowd, lavorando sull’esperienza degli utenti e sull’immediatezza dei contenuti, e gli investitori professionali, che finora non si sono ancora lasciati coinvolgere. Infine, credo che bisognerà trovare una soluzione al problema dell’illiquidità degli investimenti. Speriamo di arrivare presto ad una soluzione che faciliti la vita agli investitori, magari grazie alla nostra collaborazione con la fintech canadese Katipult con cui abbiamo sviluppato il nostro portale.
La redazione di Starting Finance ringrazia Carlo Allevi per lintervista.