Il 25 dicembre 2020 il ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, si è dimesso. La decisione, ha spiegato l’ex ministro, è arrivata in seguito all’approvazione definitiva della Legge di Bilancio 2020, in cui non sono stati individuati i 3 miliardi di euro da lui richiesti per garantire una <<linea di galleggiamento>> al sistema educativo italiano.
Il Premier Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa di fine 2020, ha comunicato la decisione del governo di dividere in due il ministero, affidando a Lucia Azzolina il reparto Scuola ed a Gaetano Manfredi la sezione relativa ad Università e Ricerca.
La situazione in Italia ed Europa
Basandosi sui dati dell’OCSE, in Italia, nel periodo 2000-2015 il rapporto tra la spesa pubblica per l’istruzione ed il PIL si è ridotto dal 3% al 2.78%. Tuttavia, effettuando un confronto con gli altri membri del G7, si può notare come la Penisola non risulti l’unico Paese a vivere tale fenomeno.
A procedere ad un aumento della spesa relativa per l’istruzione sono state solo Regno Unito e Canada. Il taglio più significativo, invece, si è registrato in Francia con un -10.8%. Allo stesso tempo, considerando il rapporto tra spesa pubblica in educazione e spesa pubblica totale la tendenza non cambia. Secondo quanto riportato da Trading Economics, nell’arco temporale 2000-2015 si è passati dal circa 9.5% all’8%.
Gli Stati del G7
Nell’ambito del G7 gli unici ad aver vissuto un incremento della spesa per l’istruzione sono stati Regno Unito (dal 12.1% al 13.8%) e Germania (dal 9.6%, riferito al 2006, all’11.2%, relativo al 2014). Nel 2016, invece, l’Italia ha conseguito il peggior risultato del G7 dal 1993, con appena il 7.81% del PIL investito nell’educazione (fonte: Index Mundi).
“A well-educated workforce is key to state prosperity”
Al fine di acquisire una visione d’insieme sulle conseguenze di maggiori o minori investimenti realizzati nel ramo dell’istruzione, lo studio di Noah Berger e Peter Fisher dal titolo A well-educated workforce is key to State prosperity rappresenta un ottimo punto di riferimento. Considerando l’economia statunitense, i due autori hanno mostrato a partire dai dati raccolti l’esistenza di una stretta correlazione tra educazione e produttività. L’evidenza mostra come un maggiore livello d’educazione della forza lavoro determini una migliore qualità media del lavoro. Analizzando il periodo 1979-2002, è possibile notare come gli Stati con una maggior percentuale di laureati hanno anche un PIL più alto. Allo stesso tempo, una maggiore produttività è associata a stipendi più elevati.