Gli anni ’70 sono stati un decennio molto difficile per l’Italia, non solo per i problemi globali dell’economia ma soprattutto per la scarsa tenuta del tessuto sociale e delle istituzioni. Il vento di rivendicazioni e proteste pacifiche del ’68 fu sostituito da un’ondata di estremismo violento, sia di destra che di sinistra.
Nello Stivale si formarono numerose cellule terroristiche ben organizzate. In soli dieci anni si registrano 6 stragi, con decine di morti e centinaia di feriti. Personaggi di rilievo della politica e della società italiana vennero rapiti, uccisi o torturati.
Indice
-
La fine degli accordi di Bretton Woods
-
Il Serpente Monetario
-
La crisi energetica (1973)
-
Debito pubblico: l’inizio di un incubo
-
L’instabilità politica
-
Il compromesso storico e il rapimento di Aldo Moro
La fine degli accordi di Bretton Woods
Il destino economico e geopolitco dell’Italia era legato a doppio filo con quello statunitense. Gli anni ’70 furono un periodo buio sia per la politica estera che per la crescita economica americana e l’Italia ne subì le conseguenze.
Con una dichiarazione del tutto inaspettata, Nixon, nel 1971, mise fine al Sistema Monetario di Bretton Woods. Questo era nato alla fine della Seconda Guerra Mondiale ed aveva accompagnato l’Italia durante il Boom Economico degli anni ’50 e ’60.
Dagli accordi di Bretton Woods, nel 1944, nacque un sistema monetario a cambi fissi: tutte le monete dei paesi aderenti erano convertibili in Dollaro Americano, mentre quest’ultimo era convertibile in oro. L’economia italiana fu una di quelle che più di tutte riuscì a beneficiare di Bretton Woods. Il rigore nella politica monetaria permise di contenere l’inflazione e dare stabilità al sistema finanziario della Penisola. Perduto il vincolo imposto dagli accordi presi nel 1944, iniziò un periodo di forte svalutazione della lira rispetto al dollaro, che perdurerà per tutto il decennio degli anni ’70.
Il Serpente Monetario
In risposta all’improvvisa decisione di Nixon, i principali paesi europei decisero di creare un loro sistema valutario. Nacque così il Serpente Monetario Europeo (SME), nato dall’Accordo di Basilea del 10 Aprile 1972, firmato dall’allora Ministro degli Esteri Aldo Moro.
La partecipazione allo SME imponeva margini di fluttuazione tra i tassi di cambio non superiori al +/- 2,25% intorno alle parità monetarie delle valute degli stati membri e del +/- 4,5% rispetto al Dollaro US ed a tutte le altre valute comunitarie. Allo SME presero parte i paesi fondatori della Comunità Economica Europea (CEE), ai quali si aggiunsero Inghilterra, Danimarca, Norvegia ed Irlanda. Purtroppo il sistema non riuscì mai a funzionare in maniera efficiente, messo a dura prova dalla crisi petrolifera ed inflazionistica che iniziarono a colpire le economie occidentali.
La crisi energetica (1973)
Il 6 ottobre del 1973 Egitto e Siria decisero di attaccare Israele. Era l’inizio della guerra del Kippur, che vide i paesi arabi dell’OPEC, l’organizzazione dei principali paesi esportatori di petrolio nel mondo, affiancare l’azione promossa contro lo Stato Ebraico. L’OPEC alzò vertiginosamente il prezzo del greggio da 3,01$ (nel 1972) a 43$ (nel 1980) al barile e addirittura promosse un’embargo contro USA, Olanda e Danimarca, i paesi più vicini ad Israele. Il risultato fu un’inflazione galoppante in tutta l’Europa Occidentale e non solo. Questa fase, detta crisi energetica, pose fine al ciclo economico di ampia crescita che era iniziato nel dopoguerra in tutte le principali economie occidentali.
Nel 1975 l’Italia subì la prima recessione da oltre tre decenni. Tuttavia a risentire dell’aumento dei prezzi del petrolio furono soprattutto gli Stati Uniti d’America ed il Canada, che vennero colpiti da una recessione prolungata nel biennio ’74/’75.
Debito pubblico: l’inizio di un incubo
L’effetto più duro della crisi energetica colpì la popolazione e le imprese, che si trovarono costrette a dover far fronte a numerosi decreti restrittivi per il risparmio energetico, che gravavano persino sull’illuminazione stradale. Nemmeno una politica fiscale aggressiva riuscì frenare l’ondata inflazionistica, tanto che dal ’76 in poi l’inflazione Italiana fu superiore a quella di tutte le altre grandi potenze industriali.
Gli anni ’70 furono caratterizzati da un repentino aumento della spesa pubblica nella Penisola. Così quando il Paese iniziò a produrre meno, per colpa della crisi energetica e delle restrizioni, iniziò anche a spendere di più. Infatti, fu proprio in questo periodo che quello italiano divenne uno degli Stati più indebitati al mondo.
L’instabilità politica
Dal punto di vista politico il problema dell’Italia era l’instabilità dei governi e la litigiosità interna al partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana. L’8 dicembre 1970 ci fu addirittura un tentativo di colpo di Stato, passato alla Storia come il Golpe Borghese. Questo era stato promosso dall’ex comandante fascista e capo del Fronte Nazionale Junio Valerio Borghese.
Nella prima metà del decennio si alterarono al potere due correnti della Democrazia Cristiana: quella di sinistra, capitanata da De Mita e Rumor, e quella centrista, di cui Andreotti e Cossiga furono i massimi esponenti. Si alternarono così governi di centro-sinistra organico, che vedevano la partecipazione dei Socialisti e dei SocialDemocratici, a governi centristi che poggiavano sull’alleanza della DC con i Repubblicani ed i Liberali.
Il compromesso storico e il rapimento di Aldo Moro
Per rispondere al disordine politico e sociale i leader dei due principali partiti italiani, Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, ed Enrico Berlinguer, Segretario del Partito Comunista Italiano, cercarono di mettere in atto una svolta epocale.
A causa dell’ingresso nella NATO nel 1949, da De Gasperi in poi tra la DC e gli altri partiti si era ormai consolidata la convenzione volta ad escludere il PCI dalle compagini di governo. In ballo vi era infatti l’equilibrio formatosi durante la Guerra Fredda. Nessun partito comunista in Occidente era mai stato al potere. L’idea di Berlinguer fu quindi quella di costruire un PCI autonomo dall’URSS e capace di rientrare nei canoni della società occidentale, senza mettere in discussione l’appartenenza alla NATO e l’alleanza con gli Stati Uniti. Aldo Moro, dal canto suo, fu entusiasta del tentativo di Berlinguer di ammodernare il PCI rendendolo un partito che, seppur legato alla tradizione marxista, poteva comunque governare nell’ambito di un sistema democratico e repubblicano.
Nelle elezioni del 1976 il PCI ottenne il suo massimo storico, con il 34% dei voti, quasi alla pari della DC. Il Compromesso Storico venne così delineato: nacque un governo di solidarietà nazionale, monocolore DC ma con l’astensione dei comunisti al voto sulla fiducia in Parlamento. La guida del governo venne affidata ad Andreotti, garante del Patto Atlantico per i suoi rapporti privilegiati con la Chiesa Romana e gli Stati Uniti. Dagli accordi tra Moro e Berlinguer era poi previsto che Moro sarebbe stato eletto Presidente della Repubblica anche con i voti del PCI e che Berlinguer sarebbe stato nominato da Moro Presidente del Consiglio. Il progetto fallì a causa del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, nel 1978.