Negli ultimi giorni è difficile non imbattersi in un articolo o un servizio giornalistico riguardante il diverso trattamento applicato dall’Unione Europea a due dei Paesi del Continente, Italia e Francia. Prima di analizzare la situazione, tuttavia, si ripercorra il processo vissuto da entrambe le nazioni.
Italia
Il 15 ottobre scorso l’Italia invia alla Commissione Europea il testo della legge di bilancio da €37 miliardi, con reddito di cittadinanza e riforma della Legge Fornero, con la previsione, secondo gli analisti dell’UE troppo ottimistica, di portare il deficit al 2,4% del PIL, contro il 2,3% del 2017. Il 18 ottobre, l’Europa risponde richiedendo modifiche a quanto stabilito. Il 22 ottobre il governo Conte rispedisce a Bruxelles il tutto, senza apportare alcuna modifica, così il 23 ottobre la Commissione Europea reagisce in modo duro e boccia la manovra Italiana. Da quel momento il nuovo esecutivo aveva a disposizione 3 settimane per apportare le dovute modifiche, che puntualmente non arrivarono. Il 21 novembre, dunque, arriva la definitiva bocciatura per l’Italia, con il rischio di essere assoggettata alla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, prevista dall’art. 126 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE), braccio correttivo del Patto di Stabilità e Crescita.
“I Paesi dell’UE devono dimostrare una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri: il loro disavanzo di bilancio non deve superare il 3% del prodotto interno lordo (PIL); il debito pubblico (debito del governo e degli enti pubblici) non deve superare il 60% del PIL.” (Da EUR-Lex)
Infatti,
“ad aprire la strada che porta alla procedura d’infrazione non è il deficit eccessivo, ma il mancato rispetto degli obiettivi di riduzione del debito pubblico”. (Da “Il Sole 24 ore”, Gianni Trovati, 21 novembre 2018)
La procedura di infrazione
La procedura per il deficit eccessivo prevede, al termine del processo, la possibilità di subire una multa che va dallo 0,2% allo 0,5% del PIL, con annesso blocco all’accesso dei fondi strutturali europei. Tuttavia, dopo un braccio di ferro con le Istituzioni dell’UE, il 12 dicembre 2018, in un incontro con Juncker, Moscovici e Dombrovsky, il Presidente Conte ha fatto un passo indietro, promettendo di non superare il 2,04% di disavanzo. Tale stima è però comunque inaccettabile per Bruxelles che richiede, secondo quanto riportato dal sito Investing.com, un ulteriore riduzione dello 0,25%, corrispondente a circa una riduzione di €4,5 miliardi della spesa prevista, a cui aggiungere i €6,4 miliardi precedenti, per un totale di circa €11 miliardi.
Francia
In Francia la situazione è diventata difficile da gestire per il Presidente Macron a partire dal 17 novembre 2018, data in cui gli ormai famosi gilet jaunes hanno iniziato a protestare in massa ed a gran voce contro la diminuzione del potere d’acquisto. In particolare, i gruppi di contestatori sono scesi in piazza, almeno all’inizio, per opporsi al previsto aumento delle tasse su benzina e gasolio.
Il 10 dicembre Macron, dopo i numerosi disordini, ha deciso di garantire determinate misure di politica fiscale, le quali porteranno il deficit francese intorno al 3,4%, quindi ben oltre il limite previsto da Maastricht. Esse consistono nella completa defiscalizzazione degli straordinari (con un costo di €4,5 miliardi), nell’aumento dello stipendio minimo senza ripercussioni sui datori di lavoro (€2 miliardi), nella defiscalizzazione completa delle pensioni sotto i €2000 euro (€2-3 miliardi). Il tutto è unito alla cancellazione delle tasse ecologiche sui carburanti (€3,5 – €4 miliardi), per un totale di €11,5 – €14 miliardi. Pronta la risposta del Commissario Europeo per gli Affari Economici e Monetari, Pierre Moscovici, che ha concesso alla Francia la possibilità di arrivare al 3,5% di deficit/PIL, anche per via della situazione di emergenza dovuta alle proteste.
Indicatori macroeconomici
Debito
La Francia, a partire dal 2002 sino ad oggi, ha sforato la regola di Guy Abeille, quella del 3%, per ben 13 volte, contro le 7 dell’Italia, come si evince dal seguente grafico:
Nonostante ciò, la Francia non è mai stata soggetta alla procedura di infrazione. Inoltre, se si tiene conto del debito totale e non solo di quello pubblico, la situazione risulta come di seguito:
Come si può notare, la Francia, con un rapporto debito\PIL di oltre il 400% è al primo posto, contro il circa 350% Italiano. A pesare in maniera rilevante è l’esposizione delle società non finanziarie, così come delle società finanziarie.
Avanzo primario
Un dato significativo è rappresentato dalla differenza in termini di avanzo primario:
Dal 1995 al 2014 l’Italia ha registrato un avanzo primario, ovvero più entrate che uscite, 19 volte su 20, contro le 6 della Francia. Il tutto non si è arrestato negli ultimi 3 anni, come di seguito:
Dal 1994 al 2013 l’Italia è stata la prima in Europa in merito a questo indicatore,
“e con molto distacco, considerando che ha cumulato 585 miliardi di euro del cosiddetto avanzo primario (con un 20 per cento riferibile alle privatizzazioni), contro gli 80 miliardi della Germania (dal 1995) e saldi negativi per Francia (-479 miliardi) e Spagna (-270 miliardi)”. (Dal “Corriere della sera”, Fabio Tamburini, 4 agosto 2014)
Il saldo delle partite correnti
Il saldo delle partite correnti, fondamentale in un sistema export led come quello Europeo, risulta positivo per l’Italia da anni, contro il dato negativo Francese: