L’annuncio
Il mese scorso avevamo parlato della futura quotazione dei Treni Italo a Piazza Affari, ripercorrendo la storia di Italo, partendo dalla sua fondazione, passando per la grave crisi del 2014 quando rischiò il fallimento e parlando poi della grande rinasciata sotto la guida del CEO Carlo Cattaneo. Avevamo parlato anche di numeri: con un EBITDA 2017 di 150 milioni con ricavi che sfioravano i 500 milioni si era ipotizzata una quotazione fra i 2 e i 2,3 miliardi di euro. Quell’articolo, che potete leggere in calce a questo, oggi è più attuale di mai.
Era tutto pronto. I documenti già presentati alla CONSOB e la quotazione verso fine febbraio, quando Martedì è arrivata sulla scrivania di Carlo Catteneo una proposta vincolante di 1,8 miliardi di euro del fondo Americano GIP (Global Infrastructures Partners). Si è riunito il CDA per decidere sulla doppia opzione: quotazione in Borsa o vendita diretta al fondo americano. Per convincere i soci (fra i principali Intesa San Paolo, Della Valle, Montezemolo, Bombassei) il Fondo americano ha alzato la sua offerta a quasi 2 miliardi di euro nella giornata di ieri.
Alle 19.00 di Mercoledì è arrivata l’ufficialità: Italo non si quoterà più in Borsa, ma viene acquistata da GIP.
Era tutto pronto. I documenti già presentati alla CONSOB e la quotazione verso fine febbraio, quando Martedì è arrivata sulla scrivania di Carlo Catteneo una proposta vincolante di 1,8 miliardi di euro del fondo Americano GIP (Global Infrastructures Partners). Si è riunito il CDA per decidere sulla doppia opzione: quotazione in Borsa o vendita diretta al fondo americano. Per convincere i soci (fra i principali Intesa San Paolo, Della Valle, Montezemolo, Bombassei) il Fondo americano ha alzato la sua offerta a quasi 2 miliardi di euro nella giornata di ieri.
Alle 19.00 di Mercoledì è arrivata l’ufficialità: Italo non si quoterà più in Borsa, ma viene acquistata da GIP.
La nascita
Nel settore dei trasporti ferroviari l’Italia si dimostrò all’avanguardia. Nel 1999 avviò un processo di liberalizzazione recependo le direttive europee dei primi anni ‘90 che imponevano a tutti i paesi del’UE la separazione del gestore della rete ferroviaria da quello dei treni e l’apertura all’ingresso di operatori privati.
In questo nuovo contesto regolamentare, nel 2006, alcuni imprenditori italiani, fra cui Luca di Montezemolo, Diego della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone decisero di investire oltre un miliardo di euro, tutto capitale privato, per creare la prima realtà di trasporto ferroviario ad alta velocità privato al mondo. Nasce così Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori), il primo competitor privato in un settore da sempre pubblico. Fin dalla fondazione l’obiettivo dichiarato era quello di acquisire quote di mercato consistenti offrendo un servizio di qualità con treni di lusso a prezzi competitivi, facendo leva su un basso livello di soddisfazione dei consumatori, indispettiti dai perenni ritardi e dagli alti costi di Trenitalia.
L’inizio non fu semplice: il fatto che RFI, società incaricata di gestire la rete ferroviaria, e Trenitalia fossero controllate dallo stesso amministratore (all’epoca Mauro Moretti) creò non pochi problemi. Per prima cosa Italo non poté partire dalle principali stazioni italiane (Roma Termini e Milano Centrale), ma dovette dirottarsi su stazioni secondarie (Milano Porta Garibaldi e Roma tiburtina). In secondo luogo, Ntv denunciò alcune iniziative ostili a suo danno, delle quali la più clamorosa fu la cancellata costruita a Roma Ostiense che bloccava l’accesso immediato ai binari, costringendo i passeggeri di Italo a camminare per 300 metri prima di salire sul treno. Da qui nacque una “guerra” anche mediatica fra i due competitor, con Ntv che comprò più volte pagine dei principali quotidiani nazionali per mettere in evidenzia un comportamento scorretto da parte dell’operatore pubblico nel tentativo di eliminare l’unico concorrente presente con pratiche scorrette, a tutto svantaggio del consumatore finale.
Questa situazione gravò anche sui conti economici di Italo che nel 2014 si trovò vicino al fallimento con licenziamenti e cassa integrazione che coinvolsero più di un quarto dei dipendenti. In due anni si contavano 156 milioni di perdite e 781 milioni di euro di debito.
In questo nuovo contesto regolamentare, nel 2006, alcuni imprenditori italiani, fra cui Luca di Montezemolo, Diego della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone decisero di investire oltre un miliardo di euro, tutto capitale privato, per creare la prima realtà di trasporto ferroviario ad alta velocità privato al mondo. Nasce così Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori), il primo competitor privato in un settore da sempre pubblico. Fin dalla fondazione l’obiettivo dichiarato era quello di acquisire quote di mercato consistenti offrendo un servizio di qualità con treni di lusso a prezzi competitivi, facendo leva su un basso livello di soddisfazione dei consumatori, indispettiti dai perenni ritardi e dagli alti costi di Trenitalia.
L’inizio non fu semplice: il fatto che RFI, società incaricata di gestire la rete ferroviaria, e Trenitalia fossero controllate dallo stesso amministratore (all’epoca Mauro Moretti) creò non pochi problemi. Per prima cosa Italo non poté partire dalle principali stazioni italiane (Roma Termini e Milano Centrale), ma dovette dirottarsi su stazioni secondarie (Milano Porta Garibaldi e Roma tiburtina). In secondo luogo, Ntv denunciò alcune iniziative ostili a suo danno, delle quali la più clamorosa fu la cancellata costruita a Roma Ostiense che bloccava l’accesso immediato ai binari, costringendo i passeggeri di Italo a camminare per 300 metri prima di salire sul treno. Da qui nacque una “guerra” anche mediatica fra i due competitor, con Ntv che comprò più volte pagine dei principali quotidiani nazionali per mettere in evidenzia un comportamento scorretto da parte dell’operatore pubblico nel tentativo di eliminare l’unico concorrente presente con pratiche scorrette, a tutto svantaggio del consumatore finale.
Questa situazione gravò anche sui conti economici di Italo che nel 2014 si trovò vicino al fallimento con licenziamenti e cassa integrazione che coinvolsero più di un quarto dei dipendenti. In due anni si contavano 156 milioni di perdite e 781 milioni di euro di debito.
La caduta e il rialzo
La situazione era drammatica, ma due fatti hanno contribuito all’inversione di rotta dei treni Italo. Il primo fa riferimento alla decisione dell’Autorità per i Trasporti di ridurre di circa il 40% il pedaggio per l’utilizzo delle linee ferroviarie, che sia Italo che Trenitalia dovevano pagare a RFI (con un risparmio per i treni Italo di circa 40 milioni di euro); il secondo riguarda il piano industriale presentato dal amministratore delegato Flavio Cattaneo, esperto in ristrutturazioni aziendali (le sue esperienze in Rai, Terna, Fiera di Milano e Telecom parlano per lui). Presentato nel Febbraio 2015, quel piano rappresenta il punto di svolta della società. Una ricapitalizzazione di 100 milioni di euro, la ristrutturazione del debito con le banche (che ha portato un risparmio di interessi di circa 20 milioni), le nuove tratte, il potenziamento della flotta e il lancio di Italobus (che hanno inciso sull’aumento dei ricavi) sono gli ingredienti che hanno permesso a Ntv di completare il turnaround e avviare una nuova fase più felice dal punto di vista economico.
Negli anni successivi sono continuate a crescere rotte, passeggeri e flotte. In questo senso, l’ultimo acquisto in ordine di tempo fa riferimento ai 5 treni Italo EVO avvenuto nel 2017 che si aggiungo ai 12 del 2015 e che sommati ai 25 AGV già presenti, portano a un parco complessivo di 42 treni, capaci di supportare il piano di crescita di rotte, passeggeri e ricavi della società.
Negli anni successivi sono continuate a crescere rotte, passeggeri e flotte. In questo senso, l’ultimo acquisto in ordine di tempo fa riferimento ai 5 treni Italo EVO avvenuto nel 2017 che si aggiungo ai 12 del 2015 e che sommati ai 25 AGV già presenti, portano a un parco complessivo di 42 treni, capaci di supportare il piano di crescita di rotte, passeggeri e ricavi della società.
I numeri e la capitalizzazione in borsa
Il bilancio 2016 ha segnato il primo utile storico pari a 20 milioni di euro, rispetto alla chiusura in pareggio del 2015 e alle consistenti perdite del 2014 (5 milioni) e del 2013 (75 milioni). Il significativo incremento dei passeggeri, passati da 6,5 milioni (2014) a 9 milioni (2015) e a 11 milioni (2016), ha permesso di registrare nel 2016 un fatturato di 340 milioni rispetto ai 308 del 2015 (+10,3%) e un margine operativo intorno al 90 milioni di euro, mettendo in evidenzia una buona reddittività (EBITDA/ricavi 27%). I primi nove mesi del 2017 sono molto positivi: il margine operativo lordo è stato pari a 114,8 milioni e i ricavi pari a 329 milioni. Gli analisti si aspettano per l’intero 2017 150 milioni di EBITDA (+66%) e più di 400 milioni di ricavi (+18,23%). Numeri in grande crescita che si riproporranno molto probabilmente anche nel 2018, in virtù dell’innesto di nuovi treni e dell’aumento del numero di rotte. Questi risultati sono alla base delle valutazioni preliminari effettuate dalle principali banche d’affari che stimano la capitalizzazione di Borsa di Italo fra i 2 e i 2,3 miliardi di euro. Ai valori di bilancio 2017 si attesterebbe a circa 13,3 volte il valore dell’EBITDA. Una valutazione non eccessivamente elevata e le prospettive di forte crescita di ricavi e reddittività potrebbero riscuotere l’apprezzamento del mercato azionario.
In conclusione, è curioso evidenziare come la competizione fra Italo e Ferrovie Italiane si giochi anche nella quotazione in Borsa. Ferrovie dello Stato aveva infatti in programma la quotazione dell’attività Alta velocità e Intercity (rimaneva escluso il trasporto regionale) già nel 2017, ma per questioni politiche il tutto è stato rimandato a data da destinarsi.
Chi fra i due treni arriverà puntuale alla prossima fermata di Piazza Affari?
Chi fra i due treni arriverà puntuale alla prossima fermata di Piazza Affari?