La società produttrice dell’AK-47, la Kalashnikov Concern, dopo le sanzioni imposte al Cremlino per i fatti ucraini, ha deciso di puntare sul mercato delle armi da guerra , piazza commerciale ambita da molti governi, dell’Asia e dell’Africa, che puntano a rinforzare i propri eserciti con equipaggiamenti a prezzi adatti alle loro casse. Il kalashnikov è lo strumento adatto per l’azienda russa, controllata per il 51% da Mosca, per aumentare i propri profitti e anche per far stringere legami tra Russia ed i paesi che armeranno i loro eserciti con l’AK. Le fabbriche che producono il fucile, situate a Izhevsk regione degli Urali, lavorano a ritmo continuo, quasi 24 ore su 24.
La svolta
Il 2014, con l’Euromaidan(la crisi dell’Ucraina) e l’annessione della Crimea, fu l’anno della svolta per la Kalashnikov. Le sanzioni imposte dagli USA e dall’UE obbligarono tutte le aziende di stato russe che operano nel settore dell’industria bellica a cambiare strategie di mercato (la Kalashnikov, prima del 2014, mirava al mercato statunitense delle armi, il più vasto per il settore non militare). L’Amministratore delegato della società, Aleksey Krivoruchko, ha affermato in un’intervista, pubblicata dal Wall Street Journal, che le sanzioni occidentali hanno trasformato un’azienda produttrice di armi non militari in una militare.
Il gigante russo si sta allargando su altri campi, sempre vicini al settore bellico. Di recente ha acquistato un cantiere navale a Rybinsk, in cui verranno assemblati imbarcazioni d’assalto e mezzi da sbarco. Inoltre, la Kalashnikov Concern ha acquisito una fabbrica di droni. Secondo i vertici dell’azienda, i droni potranno, tra qualche anno, connettersi con robot, simili a carri armati, con l’intelligenza artificiale inserita nei sistemi. Questo consentirà agli apparecchi di identificare e colpire bersagli in modo autonomo.
I legami con il Cremlino.
De facto il Cremlino e la Kalashnikov sono legate da un filo diretto. L’attuale AD Krivoruchko è uno dei proprietari che ha rilanciato la società insieme all’oligarca Iskander Makhmudov e Andrey Bokarev, considerato molto vicino al ministro della difesa russo Sergej Shoigu. Il trio Krivoruchko-Makhmudov-Bokarev detiene il 49% della società Kalashnikov mentre il 51% è posseduto dalla colossale holding statale Rostec, guidata da Sergey Cemezov. Si vocifera che Cemezov fosse un ufficiale del KGB, che abbia lavorato a Dresda, nel 1989, assieme all’attuale presidente russo Vladimir Putin. Lo stesso Putin ha utilizzato l’AK-47 come strumento diplomatico, durante la visita in Egitto, qualche anno fa, il presidente russo regalò al presidente egiziano Al Sisi un kalashnikov Ak-47.
In conclusione: l’Ak-47 è il simbolo dell’industria bellica russa nel mondo.
Nel 2016 la Kalashnikov Concern ha fatturato un profitto di quasi 319 milioni di dollari, raddoppiando quello del 2015 (+123%). Mentre l’Utile netto della società è di 40 milioni di dollari. Dal 1946 ad oggi, il fucile è stato usato in ogni campo di battaglia, tutt’ora è ampiamente utilizzato da eserciti regolari, mercenari e da gruppi terroristici. La popolarità dell’arma è così alta che all’aeroporto moscovita di Sheremetyevo l’azienda ha aperto un negozio ufficiale in cui si vendono magliette, cappellini, vari gadget e persino copie perfette dei veri fucili.