Di Daniele Fontana
Quasi tutti i giorni, al telegiornale, sentiamo parlare del debito italiano, che con il suo valore di oltre 2000 miliardi, pari al 134% de PIL, ci garantisce il 2° posto sul podio nella classifica dei “paesi più indebitati d’Europa”. Però, non molti sapranno che a livello mondiale, l’Italia, che tutti denigrano, si trova molto lontana dal “vero” podio. Dati alla mano, i paesi considerati la forza trainante dell’economia mondiale, come Cina, Giappone e USA, sono i più indebitati del mondo, con valori rispettivamente di 5.500, 10.500 e 18.500 miliardi di dollari americani.
Il debito cinese, seppur si trovi ad avere un valore nettamente inferiore a quello dei suoi rivali, risulta essere il più a rischio data la sua crescita esponenziale registrata negli ultimi anni. Il debito totale (pubblico e privato) della Cina è cresciuto infatti di circa 4.500 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi, arrivando a circa il 300% del pil. Un dato che da solo fa capire meglio su quali basi poggi la crescita della seconda economia mondiale, che nei primi 9 mesi del 2016 si è espansa del 6,7%, centrando in pieno il target fissato dal governo di Pechino. E, tuttavia, i timori dei mesi scorsi sulla insostenibilità del debito cinese si fanno sempre più seri. Dal 2008 ad oggi, il solo debito corporate della Cina è esploso da 4.500 a più di 17.000 miliardi, contribuendo a fare innalzare la percentuale di crediti deteriorati, che risultano schizzati al 20% del totale degli impieghi, ai livelli dell’Italia. Ma il dato eclatante, come abbiamo accennato, riguarda il nuovo debito dell’ultimo anno, corrispondente a +5.5000 miliardi, ben oltre la somma della nuova massa debitoria negli USA (+2.200 miliardi), Giappone (+870 miliardi) ed Eurozona (+550 miliardi) nello stesso arco di tempo. Riguardo gli effetti di questo incremento esponenziale del debito cinese, vi è da rilevare che questa esplosione di passività non è più sostenibile e sta già provocando numerosi default privati: inoltre conti alla mano, negli ultimi 12 mesi sarebbero serviti quasi 5 dollari di debiti per far crescere l’economia di appena un dollaro, cose che rende sempre più evidente come sia pressoché impossibile sostenere la crescita nel lungo periodo dato il rallentamento in atto del pil.
E i problemi della Cina, purtroppo, sono anche nostri. La sua economia, infatti, oltre a rappresentare il 17,3% del pil mondiale, ha versato forti investimenti nell’Eurozona, con particolare riguardo in Italia. Infatti, se Francia e Inghilterra hanno reagito all’arrivo dei flussi di denaro cinese creando “cordoni” di soci attorno alle aziende strategiche e rilevanti, l’Italia ha aperto le porte al flusso di capitali orientali facendo si che gli investitori abbiano potuto acquistare partecipazioni in gruppi come Banca Intesa, Eni, Telecom; Terna, Snam e Pirelli. E gli investimenti della Cina non si fanno sentire solo nell’Eurozona ma in tutto il globo, dal momento che nell’ultimo triennio gli investimenti esteri della Cina hanno toccato valori esorbitanti, raggiungendo rispettivamente 118 miliardi di dollari nel 2014, 130 miliardi di dollari nel 2015 e 156 miliardi di dollari nel 2016, con una crescita prevista di 1.000 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.