Un esempio importante dell’integrazione cinese in Italia è rappresentato dal comune di Prato, che ospita la terza comunità cinese più grande in Europa, dopo Londra e Parigi.
Il legame tra la migrazione cinese e la comunità di Prato trova le sue origini negli anni Ottanta, a seguito delle liberalizzazioni che consentirono la partenza di numeri sempre maggiori di cittadini cinesi verso l’Europa. In particolare per quanto riguarda i flussi dalla provincia dello Zhejiang, in Italia come in altri paesi, i migranti cinesi hanno adottato il modello detto dell’emigrazione con capitale. Questo vuol dire che, al loro arrivo, gli immigrati dalla Cina disponevano già del capitale necessario ad aprire una piccola impresa.
A Prato i migranti cinesi trovarono terreno fertile per insediarsi grazie alla disponibilità di spazi produttivi, lasciati liberi dagli artigiani tessili, a seguito della crisi della seconda metà degli anni Ottanta. All’inizio si inserirono nel mercato come subfornitori, non delle imprese tessili, bensì di quelle di maglieria.
Dati della comunità cinese a Prato
Dopo solo alcuni anni dai primi arrivi, i cittadini cinesi residenti nel comune di Prato, nel 1994, erano già quasi 2.000, fino ad arrivare alle 21.000 unità del 2018. Da soli rappresentano la metà della popolazione straniera residente. La popolazione cinese è in costante crescita, con quasi il 70% in età lavorativa.
Quest’ultimo dato si riflette nell’ambito della micro-imprenditoria. Infatti, le imprese cinesi a Prato iscritte alla locale camera di commercio dalle quasi 300 del 1994 sono cresciute in cinque anni fino ad arrivare a 1.102. Le ultime stime, risalenti al 2017, mostrano come le ditte attive a conduzione cinese registrate dalla Camera di Commercio sono 6.288, su un totale di 9.851 imprese gestite da cittadini stranieri nella città. Questi dati hanno maggior rilevanza se contestualizzati alla crisi del 2008, che non ha risparmiato le esportazioni della località toscana. A Prato si sono registrati, in quel periodo, dei dati in controtendenza generale. Il numero degli occupati aumentava, con un tasso di disoccupazione fra i più bassi d’Italia.
Il settore della moda
Le prime aziende cinesi degli anni Novanta si sono inserite nel sistema produttivo in qualità di subfornitori. Molte ditte italiane hanno tratto diversi benefici dalla loro collaborazione. Primo fra tutti il costo, in quanto i prezzi offerti dai terzisti cinesi erano molto bassi. Un altro elemento vantaggioso è stato l’alto rendimento dei loro lavoratori. I subfornitori cinesi, grazie alla loro capacità produttiva ed organizzativa, sono capaci di garantire dei tempi di consegna molto rapidi.
Si affermò, grazie alle imprese cinesi, il settore del Pronto-moda, ovvero la produzione e la vendita di capi d’abbigliamento di livello medio-basso, che richiedevano tempi di progettazione, realizzazione e distribuzione più brevi.
Problemi all’interno della comunità locale
La comunità di Prato ha espresso molte perplessità sulla legittimità del modo di fare impresa dei cinesi nella città. Le accuse principali rivolte agli immigrati orientali riguardano la totale assenza di integrazione, assumerebbero quasi solo cinesi, e la concorrenza sleale dei modelli produttivi. Alla base ci sarebbe una presunta mancanza di rispetto della legge italiana in ambito di norme sindacali e sicurezza del lavoro. Non a caso nelle imprese cinesi non mancano gli incidenti sul posto di lavoro, anche con alcuni casi di dipendenti morti. Queste accuse non possono essere dette infondate in quanto, sin dagli inizi dell’immigrazione cinese, sono emerse importanti irregolarità. Le violazioni portate alla luce vanno dall’evasione fiscale al lavoro nero, con lo sfruttamento intensivo della manodopera.
La comunità cinese di Prato sta cambiando
Le aziende cinesi di Prato da anni stanno iniziando a spingere per allinearsi con la comunità locale, regolarizzandosi e rispettando le richieste di maggiore inclusione. Gli imprenditori cinesi chiedono maggiori controlli, che però non vadano a penalizzare solo le ditte di cittadini stranieri. Inoltre, si sta lavorando per mettere in pratica ulteriori misure volte a favorire l’integrazione, superando la divisione tra popolazione italiana e cinese. Questo anche in conseguenza del fatto che la stragrande maggioranza oggi sono giovani di seconda o terza generazione, nati e cresciuti in Italia.