Dal 2011 ad oggi sono riesplose le tensioni internazionali. Russia, Europa e Stati Uniti si trovano ad affrontare minacce come il nucleare Nord coreano e la nascita dell’Isis, situazioni tanto delicate quanto redditizie per le aziende di produzione bellica mondiali.
La nuova corsa alle armi
Dal 2005 al 2015, secondo il rapporto 2016 del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), sono aumentate in tutto il mondo in modo continuo e vertiginoso le spese per la difesa militare, che hanno segnato un +22%. Solamente nel 2016 la spesa militare globale ha raggiunto i 1.686 miliardi di dollari (227 $ per persona sul pianeta). In questa cifra si annoverano circa 875 milioni di dollari spesi in armi leggere: una persona su 10 ne possiede una.
Ma chi sono i maggiori esportatori di armi a livello globale? USA (33%), Russia (23%), Cina (6,2%), Francia (6%) e Germania (5,6%). Proprio la Germania, paese che formalmente ripudia la forza militare, è tra i cinque maggiori esportatori di armi nel pianeta. Invece i maggiori importatori sono l’India (13%), l’Arabia Saudita (8,2%) e gli Emirati Arabi Uniti (4,6%).
Gli USA nel solo 2016 hanno speso quasi 611 miliardi di dollari, il 36% della spesa militare globale, seguiti dalla Cina (215 miliardi) e dalla Russia (69 miliardi). Mosca ha subito un calo del 21% nelle vendite dei suoi sistemi d’arma e sugli acquisti dal 2014 al 2015. Secondo quanto affermato da molti esperti, la Federazione Russa si starebbe ritrovando in un ruolo sempre più marginale all’interno dello scacchiere internazionale, il quale si sta spostando sull’asse di sfida politica tra Washington e Pechino.
Tra USA, Russia e Cina l’Europa non rimane ad osservare: Francia, Germania ed Italia sono rispettivamente al sesto, nono ed undicesimo posto nella classifica riguardante la spesa militare. La spesa bellica del vecchio continente risulta essere il 20% di quella globale.
L’Italia: principale esportatore di armamenti
Nel report del SIPRI il nostro paese, che ufficialmente ripudia la guerra (art. 11 della Costituzione), risulta essere quello con il maggior incremento della spesa militare del vecchio continente: nel solo 2016 è aumentata di circa l’11% (anche se si deve far notare che nel 2015 la spesa era crollata del 20%). La nostra risulta essere la spesa più alta del continente europeo.
Roma ha un ruolo predominante nel commercio internazionale di strumenti bellici. Nella relazione annuale del Parlamento si sottolinea come l’export bellico del 2016 sia lievitato del’85% (14,6 miliardi di dollari di valore assoluto). Cifra notevole ma dovuta in gran parte alla vendita di 28 Eurofighter al Kuwait. I principali strumenti bellici che il nostro paese vende sono aeromobili (circa il 60%), bombe, siluri, razzi e altri strumenti. I principali clienti sono Francia e Germania in Europa; Qatar, Arabia Saudita e Turchia.
Il business delle armi non ha alcuna morale. Nonostante la legge 185/1990 limiti la vendita degli armamenti Made in Italy a paesi che violano i diritti umani e a quelli in situazioni di conflitto armato, la Ragion di Stato e quella economica prevalgono sulla morale: l’export italiano di armi vale il 3,5% di tutte le nostre esportazioni. Non male per un paese che «ripudia la guerra» a livello costituzionale.
La guerra conclude un ciclo economico: parola di Joseph Schumpeter
Secondo l’economista Schumpeter (1883-1950), ogni ciclo economico, che in media avrebbe la durata di 80 anni, termina con un conflitto. In poche parole andiamo verso la fine di un ciclo: dal 1945 ad oggi siamo a 72 anni di pace. Secondo questa previsione, tra il 2022 e il 2025 avverranno eventi di natura militare che sconvolgeranno il panorama internazionale. La crisi economica ha fatto slittare questo momento, poiché ha rallentato un riarmo che poteva essere totale ed efficiente. Tra il 2022 e il 2025, per giustificare i possibili interventi, potrebbero avvenire manovre militari delle grandi potenze in aree cuscinetto e in stati falliti. Il futuro conflitto potrebbe coinvolgere USA e Alleati contro l’asse Russia-Cina.
Si prevede che il 2017 supererà il precedente record (2011) di 1.778 miliardi di dollari di spesa militare. Tensioni geopolitiche, guerre tribali, crisi statali e molto altro rendono il mercato degli armamenti uno dei più floridi del panorama globale.