Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain da lunedì 5 giugno hanno interrotto i contatti diplomatici con il Qatar. Il piccolo e ricchissimo emirato viene accusato dai paesi in questione di sostenere i gruppi jihadisti e islamisti: in sostanza per il CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo) Doha appoggia le reti del terrorismo internazionale. Secondo Arabia Saudita ed Egitto, tra i gruppi finanziati indirettamente dal Qatar ci sarebbero i Fratelli Musulmani, i fondamentalisti salafiti e le maggiori organizzazioni terroristiche settarie sunnite come l’Isis e Al Qaeda. Ma l’accusa principale che ha spinto i paesi sunniti ad attuare l’isolamento dell’emirato è legata al suo rapporto con l’Iran, la maggior potenza sciita del Medio Oriente.
La geopolitica del petrolio qatariota
L’economia del Qatar è strettamente legata alla produzione del petrolio per via delle immense riserve di greggio che il paese detiene. Altra risorsa su cui si appoggia l’economia qatariota è il gas. Dopo Russia ed Iran, l’emirato è il paese con la terza riserva di gas naturale più grande al mondo (872.000 miliardi di metri cubi, circa il 15% delle riserve mondiali). Con Teheran, Doha condivide il più grande giacimento di gas del pianeta, il North Field (la parte iraniana è denominata South Pars). Doha sta progettando di espandere le capacità produttive di gas da tale giacimento: se avrà successo, nel giro di 6-7 anni la produzione aumenterà del 10%, con quasi 56,6 milioni di metri cubi al giorno. Questo business è completamente offshore, nelle acque del Golfo Persico e proprio di fronte alle coste degli Emirati Arabi Uniti, del Bahrain e dell’Arabia Saudita; in poche parole rappresenta uno “sgarbo” che questi non possono accettare.
L’isolamento di Doha rischia di contrarre l’economia del paese, strettamente legata alle importazioni estere dei beni alimentari. Il grosso di queste avviene per via terrestre: ma questa via attraversa il Regno Saudita e dal 6 giugno la frontiera Arabia Saudita-Qatar è chiusa. Altro dilemma per il paese sarà allora proprio quello legato alle esportazioni di petrolio e gas: se nel breve periodo non si vedranno effetti, si rischia un tracollo nel medio-lungo periodo nel caso in cui la crisi diplomatica continuasse.
La Crisi vista da Washington e Ankara
Il viaggio di Donald Trump in Arabia Saudita ha rinsaldato le relazioni tra la Casa Bianca e il regno dei Sa’ud . Ciò ha spinto i sauditi ad isolare l’emirato di Doha. Ma per i vertici militari statunitensi il Qatar è strategico: il paese ospita la base militare statunitense più grande della regione mediorientale, da cui partono le principali operazioni aeree contro l’Isis in Siria ed Iraq e contro Al Qaeda in Afghanistan. In Qatar è basato il CAOC (US Combined Air Operations Center), quartier generale avanzato del Central Command statunitense. Il CAOC ha in servizio 11 mila statunitensi tra soldati e personale. In Qatar è presente la base aerea di Al Udeid, dotata delle piste più lunghe del Golfo Persico (3,81 km), da cui partono i giganteschi bombardieri B52 e che può ospitare circa 120 aerei.
Intanto sia la Giordania che la Mauritania si sono unite al fronte anti-Qatar e hanno rotto i contatti diplomatici con la petromonarchia degli Al-Thani.
Di altro avviso la risposta turca. Il Parlamento di Ankara ha approvato un disegno di legge che autorizza l’invio di quasi 5 mila truppe nell’emirato, dove la Turchia sta realizzando un base militare. La missione, secondo la Turchia, è legata all’addestramento dell’esercito qatariota. La bozza della legge è stata firmata dai nazionalisti dell’MHP e dall’AKP del Presidente turco Erdogan, il quale aveva criticato la scelta di Riyad e degli altri stati sunniti di isolare Doha. Il presidente dell’Assemblea degli esportatori turchi Mehmet Büyükekşi ha intanto offerto la sua disponibilità a rifornire di cibo e di acqua il Qatar. Con queste mosse Ankara cerca di ottenere un ruolo di mediatore nelle trattative legate alla sorte del piccolo stato della penisola araba, anche se questo rischia di compromettere i legami con l’Arabia Saudita e di congelare il riavvicinamento con Il Cairo. Senza contare il legame tra Erdogan e l’Islam della Fratellanza Musulmana, a cui il Presidente turco è ideologicamente vicino.
L’Ultimatum dell’Arabia Saudita al Qatar
L’Arabia Saudita ha inviato nella giornata del 7 giugno un ultimatum composto da 10 obblighi che Doha deve attuare per non subire pesanti conseguenze:
- Rompere immediatamente le relazioni diplomatiche con l’Iran
- Espellere tutti i membri di Hamas
- Congelare i conti bancari dei membri di Hamas e non avere più rapporti con loro
- Espellere tutti i membri della Fratellanza Musulmana
- Espellere tutti gli elementi anti-GCC (Gulf Cooperation Council)
- Terminare ogni supporto a organizzazioni terroriste
- Smettere di interferire negli affari egiziani
- Smettere di trasmettere tramite Al Jazeera
- Scusarsi con tutti i Paesi arabi per gli “abusi” di Al Jazeera
- Promettere di non compiere alcuna azione che contraddica le politiche del GCC e di aderire al suo atto costitutivo.