La crisi energetica del 1973 fu causata dalla decisione degli Stati arabi, produttori di petrolio, di tagliare del 25% le esportazioni del greggio verso i paesi occidentali, colpevoli di aver sostenuto lo Stato d’Israele durante la guerra del Kippur, che si concluse con il “cessate il fuoco”. Egitto e Siria, che attaccarono le forze israeliane, furono invece appoggiati dalla quasi totalità dei paesi arabi.
Il blocco del petrolio diede il via ad una forte crisi energetica in tutta l’Europa. Essa comportò il vertiginoso aumento del prezzo del petrolio; in alcuni casi il prezzo triplicò rispetto a quello precedente alla crisi. I paesi europei, per rispondere alla crisi, vararono provvedimenti che dovevano far diminuire il consumo del petrolio ed evitare sprechi. Il governo italiano, presieduto da Mariano Rumor (Democrazia Cristiana), decise di varare un piano nazionale di austerità per il risparmio energetico. Il piano prevedeva il divieto di circolare la domenica con la macchina, la fine anticipata dei programmi televisivi e la limitazione dell’illuminazione stradale e commerciale. Insieme a questi provvedimenti il governo attuò una riforma energetica che delineava la costruzione, da parte dell’ENEL, di centrali nucleari che dovevano limitare l’uso del greggio.
La crisi petrolifera che colpì l’Europa fece nascere l’interesse dei paesi nel compiere ricerche per trovare nuovi fonti di energia. La Norvegia scoprì sui fondali del mare del Nord nuovi giacimenti petroliferi. Ci fu interesse ad utilizzare nuove fonti di energia alternative al petrolio, come il gas naturale e l’energia atomica, per ridurre la dipendenza energetica dai paesi detentori dell’oro nero. Infatti si era consapevoli della precarietà del sistema produttivo occidentale, le cui fondamenta poggiavano sui rifornimenti di petrolio provenienti da una delle zone più instabili del globo.
Le conseguenze della crisi non tardarono a manifestarsi sul sistema industriale. A causa delle politiche di austerità attuate, molti Stati europei non ebbero più i tassi di crescita registrati negli anni precedenti. Negli USA la crisi non intaccò il comparto industriale data la minore dipendenza energetica dai paesi arabi produttori di greggio. In Europa orientale, sotto controllo di regimi comunisti, gli effetti furono molto pesanti. A causa della mancanza di fondi, tali nazioni non riuscirono a trasformare e modernizzare gli impianti industriali e si avviarono così verso una lunga decadenza economica.
Per i Paesi detentori di petrolio le conseguenze della crisi furono totalmente positive. Le entrate aumentarono in maniera considerevole, anche se questa maggiore disponibilità finanziaria non cambiò le condizioni di vita della popolazione, che non ricevette totalmente i proventi del petrolio. I Paesi dell’OPEC decisero di interrompere le esportazioni verso gli Stati Uniti e l’Europa fino al gennaio del 1975.
La crisi cambiò la mentalità delle persone verso alcuni importanti temi: si diffuse una maggior consapevolezza che il sistema industriale era fragile e l’importanza del petrolio venne fortemente rivalutata, non venendo più considerata come l’unica fonte di energia possibile. Si iniziò a parlare di ecologia e di risparmio energetico, definizioni inserite nel vocabolario economico universale e simbolo di una trasformazione epocale nella mentalità della società internazionale.