L’attività di Lobbying è una pratica diffusa negli Stati Uniti. Tale attività è consentita perfino ad enti governativi stranieri, che possono regolarmente formare una lobby. Tra i più importanti di questi c’è quello dell’Arabia Saudita. Secondo il registro del Foreign Agents Registration Act Riyad, il governo saudita spende quasi 11 milioni di dollari per esercitare influenza diretta e 1,3 milioni per le attività collaterali. Riyad ha nel suo libro paga dieci lobbisti. Tra questi si annoverano la Qorvis/MslGroup ( con un assegno di 240mila dollari al mese), Hogan Lovels, il Podesta Group e la Bgr Group.
Nei piani sauditi i lobbisti hanno l’obiettivo di sabotare l’accordo sul nucleare iraniano, firmato dall’amministrazione Obama, e di attuare una strategia finalizzata a rendere l’Iran una vera minaccia per gli Stati Uniti. Altro target è lo Yemen, i lobbisti filosauditi hanno il difficile compito di conferire legittimità alla guerra che i sauditi stanno conducendo nel paese. Riyad, per adempiere a questo compito, ha creato il portale Arabia. Questo fornisce supporto ai media, ai membri del Congresso ed agli analisti a cui fornisce speciali informazioni sulla crisi yemenita con un obiettivo preciso: ottenere dal Congresso l’autorizzazione per acquistare armamenti.
L’Arabia Saudita ha finanziato, negli USA, Think Tank, diverse università e talvolta anche potenziali candidati durante le presidenziali. Attraverso le donazioni, i sovrani sauditi hanno tentato di stringere legami con i candidati che correvano per la presidenza, finanziando attività apartitiche ed in alcuni casi anche direttamente le campagne elettorali. Dal 1997 al 2015, la Casa Reale dei Saud ha finanziato perfino la fondazione della Famiglia Clinton. Oltre ai Clinton, i sauditi hanno elargito fondi a Jeb Bush, governatore della Florida, e al suo comitato elettorale (Right to rise) . Il finanziamento saudita a Think Tank ed alle università è iniziato nel 1976. Con un milione di dollari, Riyad fece istituire all’interno dell’Università della California meridionale il corso di studi islamici “re Faysal”. Nel 1998, la Fondazione Sultan Abd al-Aziz al Sa’ud decise di donare cinque milioni di dollari al Centro per gli Studi arabo-islamici dell’Università di Berkeley. Nel 2005, scoppiò la polemica per un finanziamento saudita di 20 milioni di dollari versato nelle casse dell’università di Harvard. Il mittente è stato il principe della Casa reale al-Walid bin Talal al-Saud, che verserà altri 20 milioni di dollari all’università di Georgetown. Le due università sono note per le loro tendenze liberal e la lotta per migliorare le condizioni di diritto delle donne saudite. Nonostante tutti i fondi elargiti alle università, negli anni sono stati pubblicati papers anti-sauditi, papers scritti da professori delle università finanziate da Riyad. Dopo che il finanziamento a Think tank come al The Atlantic ed al Middle East Policy Council si è rivelato inutile, il governo saudita ha deciso di sovvenzionare, insieme agli Emirati Arabi Uniti, l’Arab Gulf Center Institute di Washington ed il SAPRAC( Saudi Arabia Public Affairs Committee). Si tratta di strutture finalizzate al consolidamento dei legami storici, politici ed economici dell’Arabia Saudita con gli Stati Uniti.
L’attività di Lobbying saudita si incentra principalmente nello stringere legami diplomatici. Riyad spesso usa spazi televisivi, sponsorizza editoriali dei maggiori quotidiani americani ed organizza serate di gala per i parlamentari statunitensi. L’obbiettivo è di influenzare i membri del Congresso per far approvare leggi filo-saudite. Nella capitale, a Washington DC, il principale lobbista è la Patton Boggs, partner dello studio legale Washington Squire Patton Boggs, che opera per conto del regno saudita dal 2001.
Riyad, a differenza degli altri alleati, non riesce a conquistare l’opinione pubblica americana. Il regno dei Saud, teocratico e monarchico, è incompatibile con i valori statunitensi. Molte volte i politici americani non amano che si parli dei loro legami con la lobby saudita. Nelle presidenziali del 2016 l’attuale Presidente Trump, allora candidato per il Partito Repubblicano, aveva accusato il candidato democratico Hillary Clinton di aver ricevuto finanziamenti dall’Arabia Saudita. Gli unici risultati della Lobby sono legati all’acquisto di armi made in USA, attività che genera ricchezza e occupazione nell’America Profonda. Spesso Riyad è accusata di manipolare la politica estera statunitense, de facto, però, il regno ha un’influenza molto limitata. La questione è lo scetticismo dell’opinione pubblica americana ad impegnarsi in Medio Oriente. Molti sono favorevoli a rompere le relazioni con Riyad, considerata da molti il principale finanziatore delle organizzazioni jihadiste.
Trump, nonostante la sua retorica islamofoba, è molto probabile che favorirà Riyad per l’acquisizione di armi americane, per l’accordo sul nucleare iraniano e per il sostegno diplomatico sulla guerra in Yemen. In cambio Riyad è disposta ad aumentare gli investimenti nell’economia statunitense.