La presidenza Trump è stata accusata di voler rinnegare le tradizionali virtù diplomatiche statunitensi. In questi sei mesi di presidenza, il nuovo coinquilino della Casa Bianca ha spinto la diplomazia Usa sul campo che favorisce e interessa un solo settore: quello militare.
Dal 20 gennaio, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, al giugno 2017, la nuova amministrazione ha annunciato contratti del valore complessivo di 400 miliardi di dollari per la vendita di armi a paesi alleati di Washington. La nuova strategia diplomatica ha l’obiettivo di rassicurare tali alleati (Arabia Saudita, Polonia e Taiwan), e nello stesso momento rilanciare il “Made in Usa” per creare migliaia di posti di lavoro e possibilità di investimenti milionari per le imprese statunitensi che operano nell’industria bellica, come Lockheed Martin, Boeing e Raytheon. In questi primi sei mesi sono aumentate le vendite di armi e gli accordi con paesi dell’Europa, del Medio Oriente e dell’Asia. Ma non sono state risparmiate le critiche su questa strategia.
L’accordo Washington-Riyad
Molte critiche sono volate nei confronti del mega-deal ratificato con l’Arabia Saudita, paese che è attualmente impegnato nel conflitto in Yemen, contro i ribelli Houthi. L’accordo con Riyad, cifre alla mano, sembra solamente retorica. Per molti sbloccherebbe i 24 miliardi di commesse reali congelati dall’amministrazione Obama. Solamente de jure le commesse, con l’accordo fatto da Trump, aumenterebbero alla cifra di 110 miliardi arrivando, nel giro di dieci anni, a 350 miliardi. L’accordo è incentrato su una folta lista di armi che il regime dei Saud è pronto ad acquistare. Ai Sauditi sarebbe stata offerto, senza che lo avessero chiesto, il sofisticato sistema anti-missile THAAD, che sta per essere installato in Corea del Sud. Nella lista, che è attualmente molto ipotetica, sono presenti 150 elicotteri d’attacco Blackhawk, velivoli da ricognizione P-8, avanzate tecnologie per la guerra cibernetica e quattro fregate lancia-missili per ora in progettazione.
I 24 miliardi sbloccati dall’amministrazione repubblicana, in cui sono presenti forniture di batterie missilistiche aria-terra dal valore di 7 miliardi, erano stati sospesi dall’allora presidente Barack Obama per via della tragica situazione umanitaria che stava attraversando, e che attraversa ancora oggi, la popolazione yemenita, poiché l’Arabia Saudita bombardava senza nessun riguardo per i civili. Nella commessa di 24 miliardi saranno autorizzati oltretutto nuovi carri armati e veicoli corazzati da un valore di oltre un miliardo di dollari.
Il dilemma Qatar
Altro campo è il Golfo persico, che è attraversato dalla crisi del Qatar. Se il viaggio di Trump in Arabia Saudita, alla corte dei Saud, ha rafforzato l’asse Washington-Riyad, ha dato inizio allo stesso tempo alla crisi con il Qatar, con il quale da giugno Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno rotto le relazioni. Ma questo non ha impedito agli Usa di varare nuove forniture militari in favore appunto del Qatar: Doha e Washington hanno ratificato una commessa da 12 miliardi di dollari per la fornitura di 36 caccia F-15Q come “rafforzamento dell’apparato di sicurezza della regione”, definizione affermata dal governo Usa. Questa commessa è parte di un accordo per la fornitura di quasi 72 caccia, del valore di 21 miliardi di dollari. Ma, come con Riyad, sono vendite che erano state programmate della precedente amministrazione.
Varsavia: Patriot da 8 miliardi
Nel suo primo viaggio in Europa, prima di volare ad Amburgo per il G20, Trump ha celebrato l’allenza con la Polonia anche con accordo bilaterale: Varsavia verserà 8 miliardi a Washington per l’acquisto del sistema di difesa missilistico Patriot. Il governo polacco entro dicembre pagherà gli 8 miliardi ed entro due anni avrà i Patriot. La Polonia li aveva invocati dopo il dispiegamento di nuovi missili di Mosca nell’enclave russa Kaliningrad, posizionata tra la Polonia e la Lituania.
Taiwan ed India
La partita di Trump potrebbe trovare molti ostacoli in Asia. Nelle settimane precedenti è scattata una delicata commessa del valore di 1,4 miliardi in favore di Taiwan. Essa comprende sette sistemi d’arma, radar, missili anti-radiazioni e componenti per le batterie anti-aeree SM-2. Non si sono fatte attendere le proteste di Pechino. Queste mosse fanno parte della strategia di Trump volta proprio ad aumentare la pressione diplomatica su Pechino, per spingerla a risolvere il problema Pyongyang e il suo programma nucleare. Riguardo il problema nordcoreano e la minaccia rappresentata dall’espansione cinese, Washington sta rafforzando gli accordi di cooperazione con i suoi alleati asiatici, in particolare con l’India di Narendra Modi. Nel contratto firmato da New Delhi è presente la fornitura di 22 droni Predator, versione Guardian, che hanno la funzione di ricognizione e di sorveglianza. Il contratto, firmato durante la visita di Modi a Washington a giugno, è del valore di 2-3 miliardi di dollari.
In conclusione: scommessa o strategia dettagliata?
Se le grandi manovre di vendere armi altamente sofisticate si trasformeranno in stabilità geopolitica, maggior sicurezza all’estero e più posti di lavoro, Trump vincerà la sua scommessa della “diplomazia delle armi”.