“Abbiamo di fronte tre crisi globali. Esse riguardano l’ambiente, la finanza, il cibo. La più improvvisa e forte delle tre è l’attuale collasso finanziario. La più minacciosa è l’imminente crisi alimentare. La più allarmante il cambiamento climatico. Le tre crisi sono diverse ma strettamente interconnesse fra loro.”
-Romano Prodi, International Symposium on “Food Security: China and the World” Bejing, 1 luglio 2010
L’agricoltura moderna deve affrontare molteplici e differenti sfide. La costante crescita della popolazione mondiale ed i suoi consumi implicano che la domanda globale di cibo aumenterà significativamente nei prossimi 33 anni, lasso di tempo nel quale raggiungeremo circa i 9.5 miliardi di individui. A riguardo, vediamo le tre più grandi sfide che il mondo dovrà affrontare.
La domanda
Nonostante la crisi economica dei paesi sviluppati, i trend attuali dimostrano che il mondo diventa sempre più urbanizzato e ricco, e la sua popolazione, specialmente quella dei paesi in via di sviluppo, vuole migliorare il proprio status socio-economico. Circa 4 miliardi di persone desiderano “scalare” la catena alimentare e consumare sempre più prodotti di derivazione animale, principalmente per ragioni culturali legate all’aumentata percezione del benessere economico e alla relativa influenza sociale. In Cina, per esempio, il consumo annuale di carne è cresciuto da 20 kg a 50 kg in meno di 30 anni. Secondo la FAO, nel 2000, il 56% delle calorie consumate nei paesi in via di sviluppo derivavano dai cereali, mentre solo il 20% dalla carne e altri prodotti derivati. Nel 2050 si prevede che le calorie fornite dai cereali caleranno sotto il 46%, mentre quelle derivate dalla produzione animale aumenteranno fino al 29%: per soddisfare tale domanda, la produzione zootecnica dovrà raddoppiare i suoi valori nei prossimi 33 anni, producendo 470 milioni di tonnellate di sola carne. Questo, inevitabilmente, implica il bisogno di aumentare esponenzialmente la produttività delle principali colture erbacee destinate all’alimentazione animale.
L’offerta
La complessa situazione sopracitata ha avuto un chiaro e forte effetto: nell’ultima decade si è sviluppata una feroce competizione per l’accesso alle risorse idriche e alle terre disponibili per la produzione di alimentazione zootecnica, minando la nostra capacità di produrre cibo per consumo umano. In aggiunta, l’agricoltura possiede notevoli ed importanti responsabilità nelle problematiche ambientali: oltre a contribuire in larga parte al cambiamento climatico, dovuto ad inquinamento atmosferico e sovra-manipolazione del suolo, ricopre una funzione da protagonista nella produzione di combustibili alternativi. Il biocombustibile, o biofuel, ha una ruolo sempre più cruciale nella gestione delle coltivazioni primarie di mais e sorgo, piante cardine dell’industria alimentare ed animale. In questo scenario, bisogna tenere conto del noto fenomeno dell’urbanizzazione e della carenza di politiche di rigenerazione urbana, ed è chiaro come non ci sia più molta terra da utilizzare: lo sfruttamento dei terreni tropicali è poco vantaggioso dal punto di vista delle caratteristiche qualitative del suolo, della resa alimentare e di quella economica, mentre l’utilizzo alternativo dei terreni destinati ai pascoli è impraticabile, vista la loro scarsissima capacità produttiva. Le tre suddette problematiche incidono notevolmente sulla variazione dei prezzi. Il valore dei terreni incrementa e di conseguenza anche il costo delle commodities agricole e delle produzioni animali. Tale fenomeno è maggiormente risentito nei mercati interni dei paesi in via di sviluppo, i quali sono più deboli e vulnerabili nei confronti della competizione del mercato globalizzato.
La questione etica dei mercati finanziari
Quest’ultima sfida potrebbe sembrare inizialmente strana. Finanza ed agricoltura paiono due settori così lontani e diversi fra loro: uno è digitale, matematico e impalpabile, mentre l’altro richiama a un mondo diametralmente opposto, fatto di concretezza e lavoro materiale. I due settori, invece, sono straordinariamente legati in modo intrinseco. Durante la crisi del 2008, il prezzo di alcune commodities ed alimenti di base è incrementato vertiginosamente: il costo di mais, cereali e riso ha raggiunto il picco più alto degli ultimi 30 anni, causando instabilità politica ed economica, la quale ha inevitabilmente portato a diffuso malcontento e proteste legate all’approvvigionamento del cibo. Una diminuzione delle scorte globali, produzioni decimate e misure protezioniste volte a proteggere i mercati interni hanno contribuito il verificarsi di un’altra crisi nel 2011, molto sentita nei paesi in via di sviluppo. Qui entra in gioco la finanza ed il ruolo delle commodities. Le commodities sono “un bene per cui c’è domanda ma che è offerto senza differenze qualitative sul mercato ed è fungibile, cioè il prodotto è lo stesso indipendentemente da chi lo produce, come per esempio il petrolio o i metalli”. In questo caso si tratta di produzioni primarie agricole sulle quali vigono accordi formali di acquisto o vendita di uno specifico ammontare di merce, in una specifica data futura e con uno specifico prezzo. Le commodities sono comunemente commerciate prima della loro data finale, attraendo così anche investitori speculativi. Detto ciò, è naturale arrivare alla conclusione che investitori dediti a seguire i trend diventino i protagonisti principali nel caso in cui il prezzo di tali prodotti tenda ad incrementare, come nelle crisi del 2008 e 2011. Questi investimenti possono destabilizzare il mercato, generando pericolose bolle speculative che sicuramente andrebbero a influenzare a loro volta altri investitori, aggravando sia il disequilibrio generale finanziario, sia la “crisi realmente percepita”.
Lo scenario e le sfide appena descritte possono sembrare disarmanti, ma c’è ancora tempo per prepararsi. E’ necessario però promuovere alcune riforme sia politiche, sia sociali:
– Migliorare la gestione e l’utilizzo delle risorse idriche e terrestri
– Migliorare la resa delle coltivazioni primarie tramite l’utilizzo di varietà ad alto rendimento
– Migliorare la ricerca scientifica attorno agli OGM
– Frenare la speculazione sulle commodities agroalimentari
– Invertire i trend di consumo di cereali e carne, agendo soprattutto da una prospettiva socioculturale nei paesi africani ed asiatici.
Dati:
– FAOStat, WorldBank
World Agriculture: Towards 2015/2030 – An FAO perspective
– Sasson Agriculture & Food Security 2012 Report https://agricultureandfoodsecurity.biomedcentral.com/articles/10.1186/2048-7010-1-2