Oramai la maggior parte di noi conosce la cryptovaluta più scambiata e più “anziana”: Bitcoin, fondata nel 2009. Finora, il “Bitcoin”, nella veste di unità monetaria, ha catalizzato la maggior parte dell’attenzione del pubblico, sia in termini di aspetti politici di una moneta senza una banca centrale, sia per l’estrema volatilità del prezzo, verso l’alto e verso il basso.
Un altro aspetto del Bitcoin
In ogni caso c’è anche un’altra, ugualmente importante, parte del grandioso esperimento di Satoshi, il creatore della moneta, ovvero il concetto di una “blockchain”. La “blockchain” è immaginabile come un grande libro contabile digitale, basata sulla logica “proof-of-work”, che garantisce un pubblico consenso sul sistema dei pagamenti. Il Bitcoin (BTC), nella veste di applicazione, può essere descritto come un sistema first-to-file: se un’entità ha 50 BTC, e simultaneamente invia gli stessi 50 BTC ad A e a B, solamente la transazione che viene confermata per prima sarà processata. Precedentemente non esisteva alcun modo intrinseco per determinare quale delle due transazioni fosse avvenuta prima, e per decenni ciò ha ostacolato lo sviluppo delle monete digitali decentralizzate. La blockchain di Satoshi era la prima soluzione decentralizzata. Attualmente, l’attenzione sta iniziando rapidamente a spostarsi verso questo secondo aspetto della tecnologia Bitcoin, ed in particolare, come il concetto di blockchain possa essere utilizzato per qualcosa di diverso, oltre che per il denaro.
Una famiglia numerosa
Vi siete mai chiesti, però, se esistono ulteriori cryptovalute create da altre società attive nel florido settore del Fintech? Ebbene sì, al momento in media, troviamo circa 850 cryptovalute esistenti, alcune facenti capo a progetti seri, di lungo periodo e inserite all’interno di società che rivoluzioneranno certamente la visione che abbiamo oggi del sistema dei pagamenti, della creazione di nuova moneta e della globalizzazione monetaria; altre, invece, meno ambiziose e più goliardiche se vogliamo, i cui inventori hanno la sola intenzione di speculare o di sfruttare momenti politici di particolare impatto, come la Trumpcoin, la Putincoin o altre.
La capitalizzazione di mercato
La cosa più interessante che riguarda il mondo delle cryptovalute concerne sicuramente la capitalizzazione di mercato che queste ricoprono sul totale della capitalizzazione di tutto il sistema virtuale delle monete. Non è azzardato affermare che l’universo delle criptovalute è in rapida espansione, Bitcoin ha avuto per esempio un anno da record, ma non è l’unica cryptovaluta che vale la pena osservare, perché rappresenta solo una parte, seppur molto significativa, del sistema delle monete virtuali. Infatti, essa rappresenta circa il 41% della capitalizzazione di mercato totale. Come detto in precedenza, il restante 59% è rappresentato dalle valute dette “altcoins”, o alternative appunto, al Bitcoin. Senz’altro quest’ultima è la cryptovaluta più grande, in termini di capitalizzazione di mercato, e si noti come altre monete virtuali come Litecoin, Dogecoin e Dash siano state create dalla stessa base di codice grazie a cui è stata programmata Bitcoin. Le valute più importanti, se escludessimo per un attimo la possente presenza di Bitcoin, sono, in ordine di grandezza: Ethereum e Ripple.
La giovane Ethereum
Ethereum, giovanissima, perché nata nel 2015 da un’idea di uno sviluppatore russo, Vitalik Buterin, nasce non solo con l’intento di rappresentare un network per gli scambi di valore monetario, ma soprattutto consente agli sviluppatori di creare e distribuire applicazioni decentralizzate, consentendo anche la creazione di contratti intelligenti, ovvero sistemi che automaticamente trasferiscono assets digitali in accordo con regole pre-impostate. Per esempio, si potrebbe avere un contratto di tesoreria nella forma: “A può trasferire a X alcune unità di moneta al giorno, B può trasferire a Y alcune unità di moneta al giorno, A e B insieme non possono trasferire niente, ed A può precludere l'”abilità di trasferire” di B. La logica estensione di ciò sono le organizzazioni autonome decentralizzate (DAOs), contratti intelligenti a lungo termine che gestiscono assets e codificano lo statuto di un’intera organizzazione. Un protocollo di idee davvero straordinario se si pensa alla differenza con Bitcoin, che è progettato principalmente per rappresentare un protocollo di pagamento.
Rapida e libera: Ripple
Ripple nasce nel 2012 dal Protocollo Ripple, un più ampio “catch-all” per lo scambio globale aperto a fonti. È già in uso da banche come Santander, Bank of America Merrill Lynch, UBS e RBC. Risolve un problema diverso da Bitcoin, permettendo di effettuare pagamenti tra valute diverse e anche sistemi di pagamento diversi. Ripple è un’infrastruttura back-end e non un prodotto rivolto verso il consumatore. Chiunque può accedervi e ognuno ha un diritto uguale ad usarlo; l’azienda, non controlla la rete, non raccoglie tariffe né limita l’accesso. Ognuno può inserire ordini di acquisto o vendita su qualsiasi strumento. Il protocollo Ripple è stato progettato per percorrere ogni transazione al prezzo più economico disponibile sul mercato. Come Bitcoin, XRP non ha alcun rischio di controparte. A differenza di Bitcoin, dove le transazioni si effettuano entro i 10 minuti, le transazioni Ripple si chiudono in 4 secondi o meno. Risulta particolarmente interessante notare come la valutazione combinata delle tre cryptovalute principali (insieme alle altre 800) abbia cominciato a competere con alcune delle più grandi aziende americane come Ford, HP e Weyerhaeuser.
La sfida futura per questo settore, a fronte del fatto che sta effettivamente sviluppando una valutazione di mercato così imponente, sarà quella di imporsi come vera e propria asset class per la classe di investitori che volessero incominciare a pensare di investire su progetti ad alto tasso innovativo come quelli citati di Ethereum e Ripple.