Lo scorso mese Allianz ha rinnovato con la Juventus l’accordo raggiunto nel 2017: per una cifra pari a circa 103 milioni di euro, la società di strumenti finanziari tedesca potrà continuare a dare il proprio nome allo stadio dei bianconeri – l’Allianz Stadium, appunto – fino al giugno del 2030. Si tratta di un’operazione di marketing notevole, poco conosciuta al pubblico ma di grande efficacia e attorno alla quale si sta sviluppando un vero e proprio mercato: quello dei naming rights, ovvero i diritti di denominazione.
Come funzionano i naming rights
Per acquisizione dei naming rights si intende una transazione finanziaria a scopo pubblicitario, con la quale una società acquista il diritto di nominare a piacimento l’oggetto del contratto, come un evento, uno stadio o un’arena sportiva, diventandone così lo sponsor principale.
Nel caso di un impianto sportivo, la concessione permette all’impresa di aggiungere ad esso il proprio nome (diventando presenting sponsor) o di cambiare completamente quello originario (title sponsor), con un termine che va in genere dai tre ai vent’anni. In questo modo l’azienda diventa sponsor dell’intera struttura e, in maniera indiretta, di tutto ciò che succede al suo interno. Il passaggio è pressoché istantaneo e quindi permette fin da subito all’azienda sponsor di usufruire al meglio dei diritti di denominazione acquistati.
Il contratto più alto ad oggi mai siglato in questo campo riguarda l’impianto polivalente di Toronto, che ospita gli incontri dei Maple Leafs, squadra di hockey facente parte della NHL (National Hockey League), e dei Raptors, campioni in carica NBA (la National Basketball Association). L’arena, che può ospitare 19.800 persone, fino al 2018 era denominata Air Canada Center, mentre adesso è conosciuta come Scotiabank Arena. Il cambio è stato voluto dalla Bank of Nova Scotia, la banca multinazionale canadese che, con un contratto da ben 800 milioni di dollari, si è assicurata la gestione dei naming rights per i prossimi vent’anni.
Un’opportunità da saper sfruttare
I diritti di denominazione rappresentano per un’impresa un’ottima occasione per distinguersi all’interno del disordine pubblicitario che di solito circonda le società e i club sportivi. Avere infatti il proprio marchio aziendale associato ad uno stadio intero accresce tra i consumatori e i tifosi la consapevolezza che il brand sia un top of mind, rendendolo immediatamente riconoscibile ed associabile ad un determinato mercato.
Oltretutto i naming rights aumentano l’efficacia nell’introdurre nuovi prodotti, soprattutto nella competizione con le altre aziende, e nell’affermare quelli già presenti sul mercato: lo sponsor, infatti, può interagire con il pubblico presente agli eventi svolti nella struttura tramite omaggi, concorsi e momenti di intrattenimento volti a promuovere l’impresa in ogni suo aspetto.
Si prenda per esempio il caso dell’Orange Vélodrome di Marsiglia, i cui diritti di denominazione nel 2016 sono stati ceduti appunto ad Orange, società francese leader nelle telecomunicazioni. L’azienda ha dotato la struttura di ben mille router wi-fi, garantendo una connessione rapida e soprattutto gratuita ai tifosi, e ha iniziato ad offrire esperienze nel prepartita con apparecchi VR (ovvero la realtà virtuale) e trasmissioni di video in 8K, entrambi utilizzabili grazie al sistema 5G in via di sviluppo.
Naturalmente la visibilità che l’impresa sponsor acquisisce con i diritti di denominazione è fortemente influenzata dalle prestazioni del club che gioca in quello stadio, e a quali competizioni prende parte: più la squadra compare in televisione e sui media, maggiore sarà il valore di mercato degli stessi naming rights nel momento in cui l’accordo raggiungerà la scadenza.
I naming rights nel mondo
Questo tipo di mercato è molto popolare negli Stati Uniti e trova spazio in qualsiasi sport, dal basket al football americano. Epicentro di questa pratica è la città forse più “in vista” degli USA, New York: in essa si trovano il MetLife Stadium, casa dei Jets e dei Giants (squadre della National Football League, NFL), il CitiField, che ospita le partite di baseball dei Mets, e il Barclays Center, impianto polivalente tra i più importanti al mondo, in cui giocano in NBA i Brooklyn Nets. Se si sommano i tre contratti che assicurano i naming rights alle rispettive imprese sponsor si raggiunge una cifra che si aggira tra gli 1.02 e gli 1.22 miliardi di dollari.
In Europa il fenomeno è meno presente, ma ben radicato in alcuni Paesi, quale per esempio la Germania, dove l’80% degli stadi della Bundesliga ha il nome di uno sponsor. La Serie A italiana presenta solo tre strutture di questo tipo, appartenenti al Sassuolo, all’Udinese e alla Juventus, già citata in apertura. Non si può non citare, tuttavia, il contratto da 15 milioni di euro a stagione che lega il campionato italiano al title sponsor TIM.
Particolare è il caso della Friends Arena, lo stadio di Stoccolma: inaugurato nel 2012, i suoi naming rights erano originariamente destinati alla Swedbank, gruppo bancario svedese, che però li ha indirizzati all’associazione no profit Friends per garantirgli una maggiore visibilità e favorire la sensibilizzazione sul tema del bullismo nelle scuole, di cui essa si occupa.