Esistono diversi modelli di capitalismo, sviluppatisi nei diversi Paesi. Questi possono essere divisi in tre gruppi, basati sui sistemi Anglosassone, con al centro i mercati finanziari, Renano, con al centro i grandi azionisti, e Latino, con al centro i prestiti dalle banche e gli investimenti pubblici. A livello storico il modello Anglosassone è stato il più vincente, mentre quello Latino il più fallimentare, tuttavia è difficile dire se questo sia stato dovuto alle loro caratteristiche intrinseche o a cause esterne.
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Il capitalismo in generale
Il capitalismo è un sistema economico nel quale la produzione si fonda sull’impiego di somme di denaro, dette capitali. Questi vengono usati per finanziare delle attività economiche, di varia natura, che dovranno far guadagnare una cifra maggiore o uguale al denaro investito. Quello che si ottiene in più rispetto al capitale iniziale è detto plusvalore. Di norma, il capitale iniziale resta nell’azienda mentre il plusvalore, in proporzioni variabili, può essere reinvestito o intascato dagli azionisti.
Il termine capitalismo fu coniato nell’800 dalle prime correnti di pensiero socialista ed entrò in poco tempo nel linguaggio comune ed accademico. In particolare, si metteva in risalto come, con un sistema produttivo basato su grandi capitali in costante crescita, la maggior parte della popolazione finiva a dover lavorare con mezzi non propri, in una condizione di dipendenza. Soprattutto, chi non disponeva di un capitale iniziale era di fatto escluso da qualsiasi ruolo attivo nel sistema economico, portando ad una situazione analoga ai vecchi monopoli delle famiglie nobiliari. Tale situazione, come in passato, avrebbe anche finito per frenare lo sviluppo. Per risolvere o mitigare questi problemi sono state adottate diverse soluzioni, con la creazione di relative leggi nei vari Paesi.
In un sistema capitalista è necessario regolare il mercato del lavoro, per limitare i casi di sfruttamento, e creare canali di accesso al capitale aperti a tutti, a determinate condizioni. Infatti, se solo chi dispone di capitali propri può fare impresa si creano situazioni di monopolio, con una molto debole concorrenza. Invece, se chiunque con un progetto serio e valido può ottenere fondi per avviare un’impresa in grado di essere competitiva, tutto il sistema è costretto a diventare più dinamico ed efficiente.
Il modello Anglosassone
Nel modello del capitalismo Anglosassone la maggiore fonte di finanziamento per le imprese sono i mercati finanziari. Le quote societarie sono divise nella modalità dell’azionariato diffuso, ovvero la maggioranza è divisa fra un gran numero di piccoli azionisti, che tendono a detenerle per un tempo limitato. Nei sistemi di questo tipo l’amministrazione è di solito affidata a professionisti che agiscono in autonomia ed hanno tutte le responsabilità legali. Quindi, la proprietà dell’azienda è separata dall’amministrazione, con la maggior parte degli azionisti, i quali insieme rappresentano la maggior parte delle quote, che non partecipano al consiglio di amministrazione. Anche i partner più importanti e attivi, comunque, nel sistema Anglosassone tendono a non intromettersi nella governance interna
Fra i modelli di capitalismo quello Anglosassone è stato il più vincente. Sviluppatosi soprattutto in Olanda, Gran Bretagna e Nord America ha portato ottimi risultati in termini di crescita economica ed ha prodotto le aziende più competitive a livello globale. Il motivo è la dinamicità unica di questo sistema, che permette di allocare capitali, ovvero risorse, con estrema rapidità ed efficienza.
Le società sono obbligate ad essere molto trasparenti con gli investitori, dovendo pubblicare una vasta gamma di dati raccolti seguendo metodi ben definiti. In questo modo è più facile riconoscere realtà davvero promettenti, facendo sì che i capitali investiti abbiano più probabilità di fruttare e non andare sprecati. Inoltre, con un solido sistema legale a tutela di chi investe, molte più persone si avvicinano ai mercati finanziari, facendo girare al loro interno enormi flussi di denaro.
Il maggior difetto del modello anglosassone deriva proprio dalla sua dinamicità. I mercati finanziari consentono di allocare risorse in modo rapido ed efficiente ma si basano su valori di fatto virtuali, fondati in larga parte su aspettative. Gli effetti di un evento economico avverso inaspettato, quindi, sono amplificati e colpiscono un numero enorme di investitori, di ogni peso e tipo, generando una serie di reazioni a catena.
Il modello Renano
Il modello del capitalismo Renano prevede che siano i maggiori azionisti delle aziende a stanziare gran parte dei fondi necessari. La principale fonte di finanziamento, quindi, sono i capitali degli stessi proprietari, che sono soprattutto investitori istituzionali, come banche e fondi d’investimento. I consigli d’amministrazione sono controllati da questi gruppi ristretti con quasi ogni membro che detiene quote di diverse importanti aziende. Per questa ragione il modello Renano è quello nel quale si verifica la maggiore e meglio gestita collaborazione fra imprese. L’amministrazione operativa è affidata a manager professionisti, che però sono spesso affiancati da rappresentanti del cda, che partecipano in modo attivo.
Il modello Renano non ha portato i risultati di quello Anglosassone ma ha permesso la formazione di economie molto solide, come quelle della Germania e del Giappone. Esso è molto efficiente nel far prosperare grandi aziende in settori tradizionali ma non è molto funzionale per le imprese innovative e, in generale, per la media impresa.
I piccoli investitori sono poco tutelati ed hanno diritto a meno informazioni sull’azienda rispetto al modello Anglosassone. Quindi il pubblico che si avvicina ai mercati finanziari è più ristretto, ricoprendo un ruolo limitato. Il difetto più importante del modello Renano è probabilmente la sua natura chiusa, un sistema che tende ad essere poco elastico e difficile per le aziende emergenti.
Il modello Latino
Nel modello Latino sia il ruolo dei mercati finanziari sia quello degli investitori istituzionali è molto limitato. La maggiore fonte di finanziamento per le imprese sono i prestiti dalle banche e, per alcuni settori strategici o legati a servizi fondamentali, i finanziamenti pubblici. Il modello amministrativo più diffuso è quello di un unico grande azionista, che può essere una persona o un gruppo di privati con interessi comuni nella società. Il proprietario tende ad esercitare un controllo diretto sulla sua azienda con i ruoli gestionali spesso non definiti in modo rigido. Nel modello Latino, al contrario che in quello Anglosassone, la proprietà ed il controllo di una società coincidono.
Il modello Latino, diffuso in Paesi come Spagna, Italia, Francia e Grecia, favorisce la nascita di un gran numero di imprese. Queste, tuttavia, faticano a trovare abbastanza finanziamenti per crescere in poco tempo. Il largo ricorso al credito fa sì che le aziende siano spesso molto indebitate, il che rende il sistema vulnerabile alle crisi, con una scarsa capacità nel sopportare periodi negativi.