Record storici per il turismo, 400 mila nuovi posti di lavoro e grandi margini di crescita, tutto ciò senza un governo, è questa l’assurda situazione attuale in cui si trova la Spagna.
Probabilmente gli economisti John Maynard Keynes e Adam Smith, se fossero vivi, si domanderebbero com’è possibile che l’economia spagnola stia crescendo al ritmo del 3.2%, nonostante il paese sia colpito da una pericolosa paralisi politica. Da oltre 10 mesi la Spagna è de facto senza un governo nonostante le due elezioni svoltesi a dicembre 2015 e giugno 2016, le quali non hanno consegnato una maggioranza sufficiente ai quattro partiti del paese: il Partito popolare, i Socialisti (PSOE), Podemos e Ciudadanos. La crisi che ha investito la Spagna nel 2008, durata fino al 2013, ha portato il paese in recessione e questo ha comportato le dimissioni del governo di Zapatero e le elezioni anticipate che sono state vinte dai popolari guidati da Rajoy. Il nuovo governo popolare ha promulgato immediatamente riforme strutturali e fiscali che avrebbero dovuto ristrutturare i conti statali del paese. Rajoy ha chiesto a Bruxelles una tranche di aiuti del valore di 100 miliardi di euro per garantire liquidità alle banche. Questa mossa è costata alla Spagna l’imposizione di rigide misure fiscali da parte di Bruxelles, sollevando molti dubbi sulla reale portata del “rescate”, ovvero il salvataggio spagnolo.
Dopo aver ricevuto gli aiuti europei, Rajoy ha introdotto nuove norme per il mercato di lavoro che autorizzavano le imprese a licenziare con più facilità e senza oneri troppo pesanti. Questo ha dato via libera alla ripresa economica del paese iberico, consentendo ad esso di uscire definitivamente dalla recessione degli anni 2008-2011. Le elezioni di dicembre 2015 e di giugno 2016 non hanno consegnato nessun vincitore alle urne elettorali, ma nonostante questo non hanno intaccato la crescita economica spagnola. Altro fattore importante da non sottovalutare è la mancanza di partiti anti-sistema populisti che potrebbero preoccupare l’apparato economico del Paese. Le riforme del primo ministro Rajoy e la richiesta di Madrid alla Comunità europea di un prestito per salvare esclusivamente il comparto bancario hanno lasciato al governo spagnolo ampi spazi di manovra per rilanciare l’economia, che nel 2015 ha registrato una crescita di 3,2%. Dall’inizio del 2016 la crescita ha creato 400 mila nuovi posti di lavoro, così come si sono dimostrati in forte crescita gli investimenti stranieri (+22 miliardi, fonte Ansamed). In aggiunta, i consumi sono saliti, il turismo ha toccato record storici e l’edilizia è ripartita, facendo già parlare del rischio di una nuova bolla immobiliare. Le previsioni del 2017, analizzate dalla Banca centrale spagnola, danno Madrid sempre in crescita, pur con un forte ribasso causato dallo shock della Brexit.