Per moneta parallela, o moneta alternativa, si intende un qualsiasi strumento utilizzato per estinguere obbligazioni al di fuori dei circuiti monetari ufficiali. Gli Stati ricorrono a questo tipo di strumento in situazioni di crisi straordinarie, che non possono essere fronteggiate con modalità classiche. In questo caso i governi devono trovare soluzioni eccezionali, con pochi casi nella Storia in cui è stato necessario arrivare a tanto.
Germania: la Grande Depressione e la MeFo
Nel 1933 Adolf Hitler salì al potere e si trovò a fronteggiare la Grande Depressione, che aveva colpito in modo particolare la Germania. In realtà, saranno proprio le gravi difficoltà economiche del Paese a spingere l’ascesa del partito nazista, con la crescente e confusa rabbia della popolazione nei confronti delle potenze internazionali, identificate spesso, al tempo, con le comunità ebraiche. Il 20% dei tedeschi nel 1933 era disoccupato, l’inflazione era salita in modo critico a causa dei debiti. Per comprare anche solo un pezzo di pane serviva un’enorme quantità di contanti.
Il ministro dell’Economia e Governatore della Reichsbank, la Banca Centrale tedesca di allora, Hjalmar Schacht, ideò la Metallurgische Forschungsgesellschaft (MeFo), una società fittizia destinata ad emettere obbligazioni. La MeFo era controllata in modo diretto dal governo ma le sue obbligazioni sulla carta erano private. Si trattava, quindi, di titoli di Stato non contabilizzati nel bilancio del Reich. Le obbligazioni della MeFo potevano essere usate anche come mezzo di pagamento all’interno dei confini tedeschi, quindi il Governo poteva di fatto stampare moneta senza creare inflazione. I MeFo offrivano un rendimento del 4%, scontabile presso la Reichsbank. Se ci fosse stata una richiesta massiccia di pagamenti da parte di chi possedeva i titoli l’intero sistema sarebbe crollato, come in uno Schema Ponzi. L’architettura di questo artificio si basava quindi solo sulla fiducia, creata attraverso propaganda, terrore e costante miglioramento delle condizioni economiche dovuto al suo utilizzo.
Il MeFo, unito ad altre politiche come il baratto industriale (i fornitori esteri di materie prime venivano pagati in moneta spendibile solo per merci tedesche) riuscì in pochi anni a trasformare uno degli Stati più poveri in Europa in uno dei più ricchi. Nel 1933 i disoccupati erano 6 milioni, nel 1938 erano solo 400 mila. Il ministro Schacht propose, risolta la crisi, di eliminare i MeFo ma Hitler si oppose e Schacht venne rimosso dal suo incarico.
Argentina: la crisi del 1999 ed il Patacon
All’origine della crisi argentina del 1999 ci sono stati numerosi fattori: governi deboli ed instabili, dittature periodiche, corruzione, debito pubblico gestito in maniera insostenibile. Agli inizi degli anni ’80 fu creata una nuova valuta, l’austral, a sostituzione del peso argentino. Questo esperimento fallì quando il governo non fu in grado di pagare gli interessi sul debito. La valuta perse di valore, con l’inflazione che salì al 5.000% annuo. Per ristabilire la fiducia nella moneta il ministro dell’Economia Domingo Cavallo, nel 1991, fissò il cambio a 10.000 austral per dollaro. Il 1° gennaio 1992 l’austral venne sostituito dal nuovo peso al cambio di 10’ooo austral per peso. Questo vuol dire che dal 1992 il tasso di cambio tra peso argentino e dollari è diventato 1:1.
L’Argentina non riuscì a sostenere il cambio fisso e tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 ci fu una grave crisi finanziaria. Nel 2001 ci furono corse agli sportelli e fuoriuscite di capitali, quindi il governo fu costretto a bloccare i depositi bancari. Nel gennaio 2002 il Presidente Duhalde sancì la fine del tasso fisso ed il peso argentino iniziò a perdere valore, quello stesso anno il tasso di cambio arrivò a 4 pesos per dollaro. Sempre nel 2002 l’Argentina dichiarò default.
L’Argentina è uno Stato federale, suddiviso in provincie. Durante la crisi alcune di queste provincie iniziarono ad usare monete parallele, la più importante fu il Patacon di Buenos Aires. Il Patacon, come i MeFo, era un’obbligazione pubblica che offriva un tasso del 7%, utilizzabile per il pagamento delle imposte. L’esperienza argentina non ebbe il successo di quella tedesca: il crollo del cambio fisso ed il default resero inutili anche questi strumenti. La ragione del fallimento può essere ricondotta alla mancanza di fiducia nel governo argentino, cosa che non accadde nella Germania degli anni ’30. L’utilizzo dei Patacones fu quindi limitato solo a transazioni locali, in particolare per il pagamento di imposte da parte delle imprese di Buenos Aires.