Il 21 Febbraio i vertici UE hanno raggiunto un accordo sulla direttiva contro l’evasione fiscale, vietando alle multinazionali di trasferire i loro redditi da una giurisdizione fiscale all’altra per pagare meno.
Le nuove norme entreranno in vigore il 1° Gennaio 2020, consolidando la linea d’azione dell’Unione Europea nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale. Segnali meno incoraggianti provengono dagli Stati Uniti, dove Donald Trump ancora non si è espresso in relazione alle politiche di cooperazione internazionale per il contrasto all’evasione e qualcuno teme un cambio di programma da parte del nuovo presidente degli USA. Tuttavia a preoccupare i vertici UE è la bocciatura, avvenuta in Febbraio, del Referendum per la riforma fiscale in Svizzera, che avrebbe dovuto adeguare il paese agli standard internazionali. Solo in Italia si stima che l’evasione raggiunga il 18% del Pil, aggirandosi ogni anno intorno ai 270 miliardi di euro, mentre in Europa si stima un aggregato di circa 1000 miliardi, di cui 860 di evasione e 150 di elusione.
Qual è la differenza tra Evasione ed Elusione?
“L’evasione fiscale è un comportamento illegittimo con il quale il contribuente mira a contrastare il prelievo fiscale”. Con l’evasione la riduzione del prelievo fiscale si ottiene grazie ad una esplicita violazione delle norme tributarie. La violazione può avvenire attraverso la rappresentazione esterna di una situazione non reale o attraverso una non corretta qualificazione giuridica della medesima situazione. Per esempio, l’utilizzo di false fatture in deduzione per aumentare i costi e ridurre l’imponibile è una forma di evasione fiscale oppure la riduzione dei ricavi dichiarati ufficilamente rispetto a quelli effettivi. Negli ultimi anni si registra un incremento dei fenomeni di “illecito fiscale internazionale” come l’allocazione fittizia all’estero della residenza fiscale o l’illecito trasferimento/detenzione all’estero di attività produttive di reddito.
L’elusione, invece, non viola in modo esplicito nessuna norma tributaria, si può dire piuttosto che vada contro lo “spirito della legge”. Grazie all’elusione il contribuente riesce ad evitare il pagamento dell’imposta attraverso delle costruzioni negoziali create con l’unico scopo di sottrarsi all’obbligo di pagamento. Tutti gli strumenti utilizzati a tal fine sono perfettamente legali e le transazioni sono tracciate. Sotto il profilo giuridico, in Italia l’elusione non è perseguibile penalmente ma costituisce illecito amministrativo.
Il Fenomeno
Quando si analizza il fenomeno nel suo insieme, elusione ed evasione sono considerate come un unicum.
Le grandi multinazionali sono le più osservate per quanto riguarda l’evasione e l’elusione fiscale. Grandi compagnie come Amazon, Apple, Google, Starbucks, Intel e molte altre sono maestre in queste arti. Le grandi aziende, infatti, possono contare, oltre che su enormi capitali, anche su una rete capillare di filiali distribuite in tutto il mondo che consentono di avere basi fisse nei paesi a più basso prelievo fiscale. Questi colossi del mercato globale si affidano a società di consulenza che offrono servizi particolari nell’ambito del diritto internazionale e della finanza, al fine di organizzare strategie appositamente mirate alla minimizzazione dell’impatto fiscale.
Per rendere l’idea della situazione, si possono citare alcuni esempi. Stando alle stime, Amazon, che ha un giro d’affari nel mondo stimato intorno ai 40 miliardi di dollari, ha dichiarato appena 20 milioni di utili nel 2011. Mentre Google, che nel 2014 nella sola Australia ha guadagnato 2 miliardi di dollari, in pubblicità ha pagato su tali introiti appena 5 milioni di tasse, ma non in Australia, in Singapore. Il caso Apple è differente, il colosso di Cupertino infatti viene gestito in maniera bilaterale per quanto riguarda le vendite; la Apple Operation International (AOI) gestisce le vendite in America; la Apple Sales International (ASI) gestisce le vendite nel resto del mondo. Ovviamente nessuna delle due ha una residenza fiscale, ed è per questo che a fronte di un reddito di oltre 30 miliardi (con 74 miliardi di fatturato) la ASI e la AOI non hanno presentato nessuna dichiarazione dei redditi. Grazie alla sua struttura organizzativa peculiare Apple è riuscita a non pagare imposte negli Stati Uniti e, per merito di un accordo (tax ruling) preso con il Governo Irlandese, a pagarne un piccolissima parte in Europa (tra il 2009 e il 2011 ha potuto usufruire di una tassazione prossima allo zero, tra lo 0,05% e il 0,06%).
Ma quali sono gli strumenti utilizzati dalle multinazionali per eludere il fisco?
I trucchi per eludere il fisco sono tanti e spesso molto ingegnosi.
Hybrid Mismatch Arrangements
Gli HMA possono essere molto differenti tra loro: entità, strumenti o transazioni.
Le entità ibride si configurano come soggetti trasparenti, ai fini fiscali, in uno Stato e non in un altro. Possono anche essere entità con doppia residenza fiscale o strumenti che possono essere trattati fiscalmente in maniera diversa a seconda degli Stati.
Dividend Washing
Con il termine “Dividen Washing” si intende l’acquisto di partecipazioni in prossimità della data di stacco dei dividendi per poi rivenderle subito dopo l’incasso degli utili. Si tratta di una modalità alternativa di incasso dei dividendi. Attraverso questa tecnica è possibile incassare dividendi mascherati da plusvalenze realizzate. L’operazione consiste in due differenti fasi di compravendita, la prima nella vendita di un insieme di titoli azionari “tel quel” (cioè compresi di dividendi) ad un secondo soggetto. Durante la seconda fase l’acquirente rivende i titoli all’originario possessore, questa volta però a “corso secco”, registrando ovviamente una minusvalenza. L’operazione non si configura come un semplice scambio di titoli, ma come un’operazione che comporta in capo al primo soggetto cedente una plusvalenza, derivante dalla vendita della partecipazione compresa di utili, mentre in capo al secondo cedente una minusvalenza, pari alla differenza di valore della partecipazione tra la prima e la seconda transazione. L’opportunità di arbitraggio è direttamente legata al differente trattamento fiscale che le componenti di reddito hanno. Infatti, mentre il dividendo percepito è escluso da tassazione per il 95%, la minusvalenza che registra il secondo soggetto, a seguito della ri-vendita della partecipazione, è completamente deducibile. Questo si configura come un notevole vantaggio fiscale se consideriamo che questa operazione si può svolgere tra un’impresa residente in uno Stato ad alta pressione fiscale e magari una banca residente in un paradiso fiscale.
Transfer Pricing
Con questo termine si intendono delle procedure di determinazione dei prezzi delle operazioni commerciali di imprese appartenenti ad uno stesso gruppo, ma situate in Stati differenti. Queste politiche aggressive sui prezzi di trasferimento consentono di ottenere un enorme e indebito risparmio fiscale. Per esempio un’impresa residente in uno Stato ad alta pressione fiscale è collegata con una impresa residente in un “paradiso fiscale” (Stato con basso prelievo fiscale), da questa acquista beni e servizi. Per permettere di drenare liquidità e reddito verso lo Stato con basso prelievo fiscale le due imprese effettuano una transazione, stabilendo un prezzo di trasferimento molto alto, in questo modo l’impresa residente nel paradiso fiscale ottiene enormi profitti mentre l’altra impresa, residente nel paese ad alta tassazione, avrà un abbattimento dell’imponile, con chiari vantaggi per tutto il gruppo. Questa operazione può essere effettuata senza dover ricorrere per forza allo scambio di beni o servizi, ma anche tramite i costi aziendali. Questo tipo di comportamento può essere possibile solo grazie a dei prezzi di trasferimento intercompany elevatissimi. Per questo la normativa italiana, al fine di contrastare queste operazioni, fa riferimento ad un “prezzo normale” che si basi sul principio della libera concorrenza (art.9, co.3, TUIR).
Controlled Foreing Companies
Le grandi compagnie creano solitamente delle imprese controllate con residenza nei paradisi fiscali, così da poter riuscire a spostare gli utili dalla società madre alla controllata.
Queste operazioni sono possibili solamente negli Stati che consentono l’esenzione, alla società madre che ha sede ufficiale in tale Stato, dei profitti prodotti dalle controllate estere subordinate. L’operazione elusiva consiste nello spostare prima le proprietà dei beni immateriali presso la controllata estera, poi nel trasferire ingenti quantità di denaro come pagamenti per l’utilizzo degli “intangibles” prima ceduti sotto forma di “royalties”.
Tax Ruling
La pratica del “tax ruling” viene utilizzata soprattutto da grandi multinazionali non facenti parti del comparto digitale. Il tax ruling è un accordo fiscale anticipato tra uno Stato e una multinazionale. Tale accordo consiste nella formulazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di un preventivo nel quale viene indicato l’imponibile sul quale verrà calcolata l’aliquota fiscale. Così facendo un’impresa può sfruttare la complicità di uno Stato per avere un incredibile vantaggio fiscale. L’Unione Europea giudica un sistema del genere inammissibile, in quanto modifica in maniera artificiosa la tassazione di uno Stato provocando delle alterazioni nel sistema concorrenziale. Nel 2014 venne alla luce l’inchiesta LuxLeaks che riguardava lo Stato del Lussemburgo e le agevolazioni fiscali concesse tra il 2002 e 2010 a più di 340 multinazionali tramite accordi segreti con il Governo Lussemburghese. L’inchiesta portò alla luce che tramite tali accordi le imprese potevano beneficiare di una tassazione inferiore all’1%. L’attenzione è oggi posta anche su altri paesi che pur non essendo considerati paradisi fiscali applicano delle tassazioni molto basse, in primis Olanda e Irlanda. L’Olanda permette alle grandi companies di far transitare enormi quantità di denaro semplicemente fondando una “Letterbox Company” in cambio di una piccolissima percentuale.
Questi due Stati hanno dato vita al più grande schema transnazionale per l’elusione fiscale conosciuto come “Double Irish with a Dutch Sandwich”. Questa tecnica, utilizzata da diverse multinazionali, consente di spostare profitti verso giurisdizioni che applicano minime o nulle aliquote sui redditi. Questa tecnica è soprattutto utilizzata dai giganti del web, che non operano fisicamente sul territorio nazionale e non hanno un luogo di produzione. Ai fini fiscali risulta quindi essenziale la località in cui risiedono ufficialmente le loro proprietà, che quasi sempre risultano trovarsi presso una sussidiaria irlandese.
Solo negli ultimi tempi i comportamenti elusivi delle grandi multinazionali, ed in particolar modo delle internet company, stanno avendo risonanza, grazie anche al lavoro dei giornalisti e alle procedure di recupero fiscale che alcuni Stati hanno promosso. Per molto tempo questi giganti dell’economia hanno agito quasi indisturbati. Segnali incoraggianti arrivano però da Italia e Gran Bretagna, che sembrano muoversi per attuare innovative manovre volte ad arginare i comportamenti elusivi, l’Ocse e la Commissione Europea spingono nella stessa direzione. Non resta che attendere i dati futuri per avere un resoconto dell’efficacia o meno di tali riforme.