“Coin”. Questo suffisso permarrà in gran parte delle criptovalute che affronteremo nel corso della nostra rubrica. La radice del nome invece è specchio del contenuto della moneta stessa o, altre volte, un sostantivo scelto per pura coincidenza e inventiva dell’autore. In questo articolo abbiamo deciso di trattare della prima valuta digitale ad avere imitato il codice Bitcoin e le sue principali caratteristiche, ma con qualche extra. Stiamo parlando di Namecoin.
Poco conosciuta a livello delle grandi masse, Namecoin si propone di utilizzare i protocolli Blockchain per garantire alle persone di catalogare in maniera sicura le loro informazioni personali. Queste ultime possono riguardare sia dati sensibili o indirizzi email, ma l’uso più popolare di Namecoin riguarda la criptazione di un intero sito web. Qualsiasi sito web basato sui protocolli di questa criptovaluta terminerà in .bit, proprio come gli altri hanno un dominio del tipo .com, .it, .net ecc.
Chiunque può comprare il proprio dominio .bit dal meglio definito “Namecoin wallet” (il concetto di portafoglio digitale è già stato definito precedentemente nell’articolo riguardante i Bitcoin), in maniera molto semplice ma soprattutto economica. Le innovazioni risultano infatti di facile portata: il sistema DNS aperto, un dominio basato sulla blockchain, dunque decentralizzato, è infinitamente meno costoso rispetto a un sistema registrato e accentrato. Per fare chiarezza, un DNS è un sistema che trasforma le denominazioni dei siti internet adottati dagli utenti fisici (ad esempio startingfinance.com), in indirizzi intelligibili dai processori. Dunque comprare un sito web che termina in .bit vi farà spendere molto meno piuttosto che rivolgervi a uno qualunque degli hosting providers o web creator in circolazione. Il sistema Namecoin funge da DNS di se stesso in quanto opera al di fuori della governance dell’ICANN, l’organismo fondato nel 1998 per la gestione unitaria degli indirizzi IP e l’assegnazione di “Numeri e Nomi”. Inoltre un DNS decentralizzato è totalmente anonimo, privo di un’autorità centrale, rispetta la privacy e non necessita di alcun tipo di informazione personale. Queste caratteristiche, come risulta chiaro, generano un potenziale pressoché infinito per tutti quei siti di opposizione politica, di anticonformismo o di satira e più in generale permette la libera circolazione delle idee senza che un’autorità centrale, un governo o un qualsiasi criminale possano chiudere o oscurare il proprio sito web. Infine, i soldi spesi dal consumatore finale per il proprio dominio, serviranno per il supporto e il mantenimento dell’intero pubblico sistema.
Capitalizzato per 3 milioni e 426 mila dollari, il Namecoin risulta, al momento della scrittura di questo articolo, con un prezzo di mercato pari a 0.23 USD; ben lontano dal fratello maggiore Bitcoin, che ha chiuso a 912 dollari.
Un altro punto in comune fra le due criptovalute, oltre che il codice sorgente, è il totale: fissato a 21 milioni, Namecoin permette di ridurre le proprie monete fino a 8 decimali in sottounità e rimane la criptovaluta più difficile da generare al di fuori dei Bitcoin. E se da una parte è proprio lo straordinario incremento di valore di Bitcoin ad attrarre le tasche degli investitori, d’altro canto molte altre digital currencies vengono “minate” (ovvero estratte, prodotte, ndr) con intenti speculativi, fra cui proprio i Namecoin. Una delle poche società al mondo ad accettare depositi e prelievi in Namecoin è FXOpen, piattaforma di trading regolamentata in Nuova Zelanda. Quest’ultima offre la possibilità di usufruire di un account dedicato al puro investimento in cryptocurrencies, chiamato MT4 Crypto.
Tuttavia, che si tratti di Bitcoin, Namecoin o qualsivogliacoin, un punto cruciale rimane quello legato alla sicurezza. Sono infatti frequenti i furti di denaro e molti hacker hanno da tempo sfruttato alcune lacune nella protezione dei singoli sistemi per potersi avvantaggiare. Attualmente, secondo l’opinione di Morgan Stanley, famosissima banca d’affari con sede a New York, non esiste una crypto-valuta del tutto immune da questo genere di attacchi: “Manca una regolamentazione specifica, mancano controlli delle authority finanziarie […] è come se si fosse ancora nel pieno dell’anarchia normativa”. Anarchia normativa.
Non è forse proprio ciò che stanno cercando di ottenere queste emergenti valute digitali?
Paolo Piparo