Linee generali dell’Offerta Pubblica di Acquisto
L’OPA è lo strumento che il legislatore ha imposto per l’acquisizione, o meglio il trasferimento, del controllo societario nelle sole società con azioni quotate sui mercati regolamentati. L’oggetto dell’offerta sono le azioni della società, in un ammontare tale da poter conferire all’offerente un’influenza dominante. Ciò può avvenire con la maggioranza delle azioni, ovvero il 50%+1 (c.d. controllo di diritto), ma quasi sempre la soglia che conferisce il controllo può essere notevolmente inferiore, in base alla diffusione dell’azionariato. La disciplina in questione contenuta nel Testo Unico della Finanza, introdotta nel ’92 e confluita nel suddetto (TUF) nella parte quarta dagli art. 102 e ss, mira a prevenire problemi legati all’opacità dell’operazione attraverso una maggiore tutela degli azionisti di minoranza, che prima di questo intervento erano pregiudicati da una disparità di trattamento, nonché problemi legati alla contendibilità del controllo. Una società è contendibile quando il controllo nelle mani dell’azionista di maggioranza non supera il 50% del capitale sociale. A scopo di tutela viene quindi dato diritto a tutti gli aderenti all’OPA di vendere le azioni allo stesso prezzo, e l’iter viene vigiliato della Consob e in alcuni casi anche da altre autorità (es: Banca d’Italia). Durante la procedura vige un termine di pendenza dell’offerta, dove per garantire correttezza viene imposta la c.d. passivity rule of OPA, ovvero il divieto di non adottare tecniche di difesa (salvo eccezioni previste dal legislatore) e la recente regola di neutralizzazione, che “disattiva” eventuali limiti e vincoli imposti nello statuto o in patti parasociali che riguardano la trasferibilità delle azioni. Affinché venga effettivamente messa in atto un’Offerta Pubblica di Acquisto, la legge detta delle condizioni, in primis l’offerta deve avere per oggetto prodotti finanziari, che nella quasi totalità dei casi si tratta di azioni; inoltre l’offerta deve essere rivolta almeno a 150 soggetti ed avere come corrispettivo un importo minimo di 5 milioni di euro. Nel caso in cui non si verifichino queste condizioni, la disciplina speciale viene meno e si applicano le norme di diritto comune.
OPA volontaria, obbligatoria e determinazione del prezzo
L’OPA può essere lanciata su libera volontà e autonomia dell’offerente che intende acquistare una partecipazione significativa o maggioritaria. Vi sono due casi in cui invece scatta un obbligo di OPA, il primo disciplinato nel 106 TUF tratta la c.d. OPA successiva totalitaria, il presupposto per l’applicazione è il superamento della soglia di capitale (quindi di diritti di voto) superiore al 30%, entro 20 giorni dalla presenza di questa fattispecie la legge impone l’obbligo di OPA, con un prezzo ad azione determinato “non inferiore al prezzo più elevato pagato dall’offerente nei 12 mesi antecedenti”, qualora non sia possibile risalire a tale prezzo, il comma 2 del medesimo articolo trova soluzione nel “prezzo medio ponderato degli ultimi 12 mesi o del minor periodo disponibile”. La ratio ovviamente è nella parità di trattamento per tutti gli azionisti che cosi hanno il diritto di vendere le proprie azioni allo stesso prezzo.
L’altro obbligo riguarda la c.d. OPA residuale, la condizione per far scattare l’obbligo in questo caso è il possesso monolitico del capitale, ovvero del 95%, a seguito di OPA totalitaria precedente. Viene denominata anche OPA capovolta perché il questo caso è l’azionista di minoranza a proporre in vendita le azioni e la controparte ha l’obbligo di acquisto. Per un discorso simile, ma più incentrato al mercato, vi è l’obbligo di OPA per chi detiene il 90% del capitale se non viene ripristinato il flottante (numero di azioni acquistabili nel mercato) entro 90 giorni tale da garantire le negoziazioni. In queste due ipotesi il prezzo è tipicamente quello dell’ultima OPA, ma in alcuni casi può essere la Consob a stabilirlo.
Esenzioni all’obbligo di OPA totalitaria successiva
Una prima esenzione si ha se il controllo è stato acquisito già con un’offerta pubblica di acquisto preventiva totalitaria, questo perché già tutti gli azionisti hanno avuto il diritto alla parità di trattamento, potendo vendere allo stesso prezzo.
La seconda esenzione è possibile quando con un’OPA è stato acquisito più del 30% del capitale, ma l’azionista di maggioranza ha il 50%+1, quindi il controllo non è stato trasferito perché esercitato ancora dall’altro soggetto.
La terza esenzione riguarda il caso in cui la soglia viene superata ma per il salvataggio della società quotata, in questo caso non si applica la disciplina perché gli azionisti già sono oggetto di salvataggio, il valore delle azioni di una società in crisi senza un piano di risanamento con contestuale aumento di capitale andrebbe verso l’insolvenza generando un azzeramento del valore. Pensiamo al salvataggio di Banca Monte Paschi di Siena, nel 2017, a seguito dell’operazione di burden sharing come previsto dalla direttiva europea BRRD, con un investimento da 5.4 miliardi di euro lo Stato entra nel capitale di MPS, diventando primo azionista con il 68% del capitale sociale. Altre esenzioni riguardano operazioni infragruppo, lasciti ereditari o operazioni di fusione e scissione, dove gli azionisti sono già tutelati dal rapporto di cambio delle azioni.
L’aspetto speculativo delle OPA
Fatta questa panoramica ci chiediamo nella realtà dei fatti come sia possibile speculare su una notizia di OPA. Tutto dipende dal prezzo della proposta, in genere se è possibile acquistare azioni a 29€ oggi sul mercato e aderire ad una proposta di OPA a 36€ per azioni, la cosa più sensata è acquistare e aderire all’OPA. Una proposta di OPA, soprattutto se ostile, ovvero senza il consenso dell’azionista di maggioranza e con il rastrellamento delle azioni degli azionisti di minoranza, tende generalmente a far salire vertiginosamente il prezzo delle azioni, ovviamente bisogna vedere attentamente i movimenti degli azionisti principali e nulla toglie che possa verificarsi il caso contrario: un anno fa accadeva con Recordati, quando il prezzo dell’OPA era nettamente inferiore al valore delle azioni e i timori portarono il valore delle azioni ad allinearsi a quello dell’offerta con un picco di -18%.
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