Commodity “insolite”
Questa mattina ti sei svegliato, hai spostato le coperte, ti sei alzato, hai aperto la porta del bagno e ti sei fatto una doccia. Dopodichè ti sei vestito, hai messo su la moka per il caffè e mentre aspettavi che fosse pronto hai mangiato una banana. Hai controllato le ultime notizie sul tuo smartphone e poi sei salito in macchina e uscito di casa. Cosa hanno in comune tutte queste cose?
La coperta che hai spostato è fatta di cotone, la porta del bagno è di legno, lo shampoo che hai usato è a base di olio di cocco, il caffè macinato è stato coltivato in Brasile, il gas che stai usando per riscaldarlo viene dalla Russia, la banana che hai mangiato è indiana, il coltan contenuto nel tuo smartphone viene dal Congo, il petrolio da cui deriva la benzina che hai nell’auto è stato estratto in Azerbaigian.
Tutte queste sono commodity. Sono state prodotte, coltivate, estratte in parti diverse del mondo e trasportate, lavorate, comprate e vendute. Ci sono stati creati sopra contratti futures e assicurazioni. L’agricoltore filippino e il trader a Ginevra sono molto più vicini di quanto pensi.
Siamo abituati a pensare alle commodity in termini di materie prime come petrolio, minerali e gas naturale. Non è sbagliato, ma c’è molto di più. Commodity sono anche le noci di cocco, il riso, la carne di pollo o manzo. In futuro lo saranno probabilmente anche insetti e alghe.
Ragionare in termini di noci di cocco e salmoni
È facile capire come cambiamenti nel prezzo del petrolio si riverberino lungo tutta la catena del valore e impattino l’economia mondiale in maniera rilevante. Un po’ meno intuitivo è ragionare in termini di noci di cocco e salmoni.
Per esempio, ricordate l’olio di cocco di cui abbiamo parlato prima? Immaginate che un tifone distrugga diverse piantagioni. Abbiamo una improvvisa disruption della supply chain, che scombina le carte in tavola. Il prezzo dell’olio di cocco sale, perché l’offerta è di colpo diminuita. Ma in un modo o nell’altro la produzione di shampoo deve essere portata a termine! Le aziende che ne hanno bisogno più a breve termine, o che necessitano di quelle specifiche proprietà chimiche se lo aggiudicheranno, perchè sono disposte a pagare un prezzo maggiore. Quelle che invece possono permettersi una maggiore elasticità possono aspettare oppure spostarsi verso altri tipi di oli, come quello di palma per esempio. Questa è una importante legge del mercato: in seguito a uno shock dell’offerta, la domanda assorbe lo shock tramite i prezzi e spostandosi nel tempo e nello spazio (usando sostituti o comprando lo stesse bene da un altro venditore). Se questo argomento vi interessa, vi consigliamo il libro “Geographies of waterborne transport”.
Chi ha un po’ di familiarità con la microeconomia sicuramente sa che cosa siano effetto reddito ed effetto sostituzione. In breve, se il mio reddito aumenta, il mio consumo cambia e l’effetto è in due direzioni. Se per esempio divento più ricco, posso permettermi di comprare più scatolette di tonno. Ma potrei anche pensare di ottenere le mie proteine da una buona e più costosa bistecca. Ora pensate ai cambiamenti di prezzo invece che di reddito e alle commodity invece che alle scatolette.
Lo stesso ragionamento si applica nella produzione di ogni bene, nell’ottica di minimizzare i costi e massimizzare il rendimento degli input, ovvero trovare la combinazione di “ingredienti” necessari per il mio prodotto finale che sia il più efficiente e meno costosa possibile. Per esempio, se per fare una torta posso scegliere diversi tipi di zucchero, a parità di gusto finale se devo scegliere fra mezzo chilo di normale zucchero bianco a cinquanta centesimi al chilo, e due gocce di un nuovo super concentrato a trecento euro al litro, potrebbe comunque essere più conveniente usare le gocce.
Ora che abbiamo più chiaro questo tipo di logica introduciamo un altro punto di vista: alle elementari abbiamo tutti sentito parlare della piramide alimentare, giusto? Bene, ora pensate a sostituire, in caso di shock all’offerta, non la carne con la pasta, ma carboidrati con altri carboidrati, e proteine con altre proteine. Questo è il meccanismo di base di chi commercia questo tipo di commodity.
Siamo su Starting Finance, vogliamo tutti leggere un po’ di numeri, sentire il nome di qualche grossa azienda e vedere quanto sono profittevoli, quindi parliamo di Cargill.
Cargill
Cargill è una multinazionale americana, fondata nel 1865 in Iowa. È la più grande azienda privata del mondo in termini di fatturato, che nel 2017 ammontava a 109 miliardi di dollari. Il 90% delle quote è detenuto dalla famiglia, nella quale contiamo 14 miliardari, secondo le stime di Forbes. E’ responsabile per il 25% delle esportazioni di grano dagli Stati Uniti e rifornisce il 22% del mercato interno americano per la carne. Vi aspettate profitti stellari? Rimarrete delusi: l’operating income per il 2017 ammontava a poco più di 3 miliardi. È una caratteristica dei commodity trader: sono poche società molto grosse, perché è necessario spostare volumi enormi per essere profittevoli. I costi fissi sono notevoli, così come i rischi: ora capite perché hanno divisioni interne per l’analisi del rischio, perché hanno le proprie divisioni di traders? È fondamentale sfruttare ogni possibilità di assicurarsi contro il rischio del settore e usare in proprio favore le continue variazioni di prezzo. Cargill si posiziona in maniera molto interessante sul mercato, fornendo servizi molto diversi a clienti di vario tipo. Sono molto forti sulla produzione e lavorazione di olii vegetali, producono mangimi. Allevano e lavorano pollame e carni. Non dimentichiamo il settore dei biocarburanti, e addirittura il settore finanziario, in particolare per il risk management relativo alle commodity.
Per arrivare ad essere una azienda così grossa, Cargill è dovuta rimanere sempre competitiva e reinventarsi per più di centocinquanta anni. Se siete curiosi di sapere come si è evoluto il mercato delle commodity alimentari in passato e cosa ci aspetta in futuro, non perdetevi il seguito di questo articolo!