Per paradosso, dal greco παράδοξος (parádokson), παρά (para: contro) e δόξα (doksa: opinione), si intende una proposizione che si pone in contraddizione rispetto ai modelli teorici accettati o al senso comune. In economia, così come nelle altre discipline, questo termine è usato per le dimostrazioni o i ragionamenti che, nonostante basati su presupposti riconosciuti come logicamente validi, giungono a conclusioni contraddittorie (antinomia)nei confronti delle teorie esistenti.
A differenza di quanto avviene per l’anomalia, pur essendo apparentemente in contraddizione con le teorie preesistenti il paradosso non le mette in discussione. Infattti, pur rappresentando un caso straordinario, questo è spiegabile per intero attraverso i modelli già riconosciuti come validi.
In cosa consiste il paradosso di Yule-Simpson
Nelle analisi statistiche, nell’ambito delle scienze sociali e mediche, è possibile arrivare a conclusioni sbagliate a partire dai dati ottenuti, pur senza aver commesso errori. Questo è espresso dal paradosso di Yule-Simpson, noto anche solo come paradosso di Simpson.
Deve il nome:
- al matematico George Udny Yule, che lo descrisse per la prima volta nel 1903. Nell’articolo Notes on the theory of association of attributes in Statistics delineò le dinamiche del paradosso e concluse che
<<la vera difficoltà sta nel capire se gli eventi, da analizzare, sono completamente indipendenti o lo sono solo in parte>>.
- allo statistico Edward H. Simpson, che lo analizzò nel dettaglio nel 1951 nell’articolo The interpretation of interaction in contingency tables.
Questo paradosso si manifesta quando la relazione tra due o più fenomeni appare modificata, o perfino invertita, guardando a diversi gruppi di dati. Infatti, prendendo un gruppo di dati piuttosto che un altro, riferiti entrambi allo stesso fenomeno, è possibile che questi conducano a conclusioni non solo fra loro differenti ma addirittura incompatibili.
Un esempio del paradosso
Nel 1973, presso la sede dell’Università della California di Berkeley, è stato effettuato uno studio sulla discriminazione di genere nelle ammissioni ai corsi universitari. È stato considerato un campione di 8442 ragazzi e 4321 ragazze che avevano fatto domanda di ammissione per i master post-laurea. Circa il 44% dei richiedenti di sesso maschile aveva ottenuto l’ammissione, contro il 35% delle donne richiedenti.
La differenza tra le percentuali di ammissione di uomini e donne sembrava essere una forte prova empirica della preferenza, da parte dell’università, per i candidati maschi. Per appurare ciò vennero analizzati singolarmente i differenti dipartimenti dell’Università, che si erano occupati delle candidature in base al campo di specializzazione.
In tal modo si pensava di individuare i possibili dipartimenti coinvolti nella discriminazione. In realtà, invece, emerse il paradosso. Analizzando infatti i singoli reparti sembrava non esserci alcuna discriminazione dei confronti delle donne, anzi, in media gli uomini sembravano in posizione di svantaggio.
La tabella di contingenza mostra il numero di domande per uomini e donne e la percentuale di candidati ammessi per diversi tipi di specializzazione (A, B, C, D, E, F). Per ciascuna divisione, la percentuale di candidature ammesse per gli uomini e per le donne è circa uguale, con l’unica eccezione del dipartimento A, che sembra discriminare i richiedenti maschi e del dipartimento E, che sembra discriminare le donne.
La spiegazione del paradosso
Nel paradosso di Yule-Simpson la variabile nascosta non presa in considerazione consiste nella preferenza di domanda per la specializzazione. Le percentuali mostrano che era più facile essere accettati nei dipartimenti A e B, al contrario che in quelli C, D, E ed F.
Ai primi due, più della metà degli uomini aveva fatto domanda, mentre agli ultimi quattro la richiesta di accettazione era pervenuta dal 90% delle donne totali. Si era manifestato quindi un effetto di distorsione a causa della scelta del reparto. Questa distorsione fu poi confusa con un possibile pregiudizio di genere.