Il ruolo delle banche centrali è di fondamentale importanza per tutti i paesi. Tra quelle di maggior rilevanza mondiale si ha la FED (Federal Reserve System) negli Stati Uniti, la ECB (European Central Bank) in Europa e la BoE (Bank of England) nel Regno Unito. Secondo alcuni, l’importanza di una banca non è dovuta soltanto alla potenza dello Stato, ma anche all’autorità e al carisma del banchiere centrale che la governa e la guida.
Dalla sua istituzione nel 1913, ben 16 presidenti si sono succeduti alla guida della FED: alcuni di essi sono rimasti al potere per pochi anni, altri per quasi trenta. Tra i più celebri c’è senza dubbio Paul Volcker, il cosiddetto Falco dell’inflazione, che fu presidente della FED dal 1979 al 1987, periodo che fu molto particolare per gli Stati Uniti.
Gli esordi
Paul Volcker si era già distinto in ambito accademico quando, nel 1949, si era laureato con lode all’Università di Princeton discutendo una tesi in cui criticava le politiche della FED dopo la fine della guerra, le quali non erano state in grado di contenere l’inflazione. Perfezionò dunque gli studi prima ad Harvard, dove ottenne un master in Economia politica e in pubblica amministrazione, e in seguito alla London School of Economics. Prima di diventare presidente FED, egli aveva ricoperto (dal 1969 al 1974) la carica di sottosegretario del Ministero del Tesoro e fu tra coloro che spinsero gli Stati Uniti a sospendere la convertibilità dell’oro (1971), portando di fatto all’abolizione degli Accordi di Bretton Woods.
Paul Volcker come presidente FED
La sua presidenza della FED coincise con il periodo di stagflazione, in cui la crescita economica era pressoché nulla e al contempo l’inflazione aumentava, mettendo in discussione le teorie economiche fino ad allora accettate, che risultarono inefficaci a risolvere questo fenomeno.
Fin dalla sua elezione annunciò chiaramente e senza mezzi termini come la politica monetaria avrebbe dovuto combattere l’inflazione. Nella prima metà degli anni Settanta i tassi di interesse avevano rendimenti a due cifre, superando il 13%, mentre l’inflazione aveva toccato il 14% sul finire del 1975; dopo un periodo di relativa tranquillità tra il ’75 e il ’77 la situazione si fece di nuovo grave.
Il Volcker shock
Volcker decise di combattere l’inflazione con qualsiasi mezzo e per questo attuò una politica monetaria restrittiva. Il Volcker shock consistette in un innalzamento dei tassi di interesse che, dopo aver portato il tasso di disoccupazione a superare il 10%, raggiunse l’obiettivo della stabilizzazione dei prezzi. La sua autorità ed intransigenza lo portarono a continuare con il programma nonostante la forte opposizione sia politica che pubblica e le critiche ricevute.
Il presidente Reagan in privato lo aveva soprannominato “The little dollar Fuhrer” (per le origini tedesche e nonostante i suoi due metri di altezza) e la stima di Volcker verso di lui era altrettanto bassa. Tuttavia il successo della Reaganomics, che portò Reagan al trionfo nel 1984, fu dovuto in parte proprio alle politiche monetarie attuate da Volcker. Infatti l’inflazione, che nel 1981 aveva toccato il 13.5%, nel 1983 scese fino al 3.2% e l’economia americana ricominciò a crescere.
Il lato negativo di questa politica monetaria così restrittiva fu la conseguente perdita di produzione nazionale, stimata da alcuni (Ball 1994) in quasi il 19% del PIL. La politica di Volcker legata allo stretto controllo dell’inflazione ispirò comunque anche i suoi successori alla FED.
Dopo la FED
In seguito Volcker divenne presidente della banca di investimento Rothschild per circa 10 anni e fu anche a capo di numerose commissioni economiche e filantropiche. Salì nuovamente alla ribalta a più di venti anni dalla conclusione del suo mandato alla FED, quando fu nominato (dal 2008 al 2011) consigliere di Obama e in seguito presidente dell’Economic Recovery Advisory Board, creato dal Presidente per rilanciare l’economia.
In questo periodo formulò la celebre Volcker rule, una regola che prova a limitare l’attività speculativa delle banche: tale proposta, poi convertita in legge, impone loro di non investire in borsa i propri capitali al di sopra del 3%. La Volcker rule separa le attività commerciali da quelle di investimento, in modo da tutelare i risparmiatori e ridurre l’impatto di una nuova possibile crisi. Tale norma, ovviamente, è stata avversata dalla maggior parte delle banche statunitensi, dal momento che avrebbero subito una riduzione dell’esposizione globale in attività rischiose e di conseguenza dei propri guadagni.