Un indicatore lontano dalla realtà
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) misura il livello dei beni e servizi di una nazione, dunque il benessere economico di quest’ultima. Tale valore, elaborato negli Stati Uniti a seguito della crisi economica del 1929, è posto al centro delle discussioni macroeconomiche e la sua crescita è il fulcro delle politiche nazionali. Essendo la somma dei consumi, spesa pubblica, investimenti ed esportazioni meno importazioni, si presume che a questo calcolo corrisponda il benessere di ogni singolo cittadino (ragionando in termini pro capiti). Riprendendo le parole di Kennedy del 1968 sul Pil – “misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta” – si scopre che questo metodo vive in un mondo ideale di numeri che ha ben poco a che fare con il reale benessere del cittadino. La prima lacuna la si riscontra nell’esclusione della distribuzione della ricchezza – spesso polarizzata in piccole percentuali della popolazione – e della spesa pubblica, comprendente le spese militari ad esempio, che per analogia corrisponde al vantaggio sostanziale (e non solo formale) di determinati diritti inviolabili. Inoltre tratta tutte le transazioni in denaro come positive, comprendendo anche i danni provocati dalla criminalità o dall’inquinamento, ignorando quindi una linea di confine tra le attività che contribuiscono al benessere e quelle che lo diminuiscono. Per capire meglio il concetto che stiamo esponendo, alla base della questione sul PIL, riportiamo le parole del filosofo Bauman: “Se lei fa un incidente in macchina l’economia ci guadagna. I medici lavorano. I fornitori di medicinali incassano e così il suo meccanico. Se lei invece entra nel cortile del vicino e gli dà una mano a tagliare la siepe compie un gesto antipatriottico perché il PIL non cresce. Questo è il tipo di economia che abbiamo rilanciato all’infinito. Se un bene passa da una mano all’altra senza scambio di denaro è uno scandalo. [..] C’è una crisi di valori fondamentali. L’unica cosa che conta è la crescita del PIL. E quando il mercato si ferma la società si blocca”.
Le studio e le alternative
Queste criticità sono state confermate nei recenti studi dei due premi nobel Joseph Stiglitz e Jean Paul Fitoussi, i quali hanno dichiarato che PIL e benessere sono due cose distinte, fornendo 12 raccomandazioni su come misurare la performance economica e il progresso sociale di un paese: sommariamente indicano di valutare il benessere materiale considerando il reddito e i consumi insieme alla ricchezza ed una maggiore attenzione alla distribuzione di essi; inoltre non escludono valutazioni sulla sanità, istruzione, ambiente, sicurezza, democrazia, qualità della vita generale e individuale. In tale contesto organizzazioni internazionali, statali e parastatali hanno adottato metodi alternativi. Nel 2010 l’Istat, sulla scia delle raccomandazioni di Stiglitz e Fitoussi, adotta per la misurazione in Italia il BES (Benessere Equo e Sostenibile), integrando indicatori economici, sociali e ambientali con misure di disuguaglianza e sostenibilità. Una notevole controtendenza proviene dalla prima economia del mondo, la Cina, che negli ultimi anni pone più attenzione all’ambiente e alla riduzione della povertà nelle province e nei distretti piuttosto che alla crescita economica; ed anche da numerosi governi che tendono ad adottare il GPI (Genuine Progress Indicator), innovativo perché oltre ad integrare i fattori ambientali, distingue le spese c.d. positive- cioè che aumentano il benessere – dalle spese c.d. negative – ad esempio i costi della criminalità, l’inquinamento e gli incidenti stradali. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha adottato a partire dal 1993 l’indice di Sviluppo Umano (ISU) utilizzato per poter categorizzare i paesi in “sviluppati, in via di sviluppo o sotto-sviluppati” ed è composto da tre indicatori: l’aspettativa di vita alla nascita, gli anni medi e previsti di istruzione e il reddito nazionale lordo pro capite (in termini di parità di potere d’acquisto in dollari USA); confrontando i dati si può constatare che i primi 3 posti nell’ISU sono occupati da Norvegia, Australia e Svizzera mentre nel PIL pro capite da Lussemburgo, Qatar e Norvegia.
Inoltre vi è anche il Subjective Well Being (SWB) cioè la percezione che gli individui hanno della propria vita, comprendendo quindi gli stati d’animo e le emozioni, nonchè la felicità e la soddisfazione della propria vita; in quest’ultimo è significativo il dato degli Stati Uniti e Giappone che diminuisce nonostante l’aumento del reddito pro capite.
Sono numerosi i metodi alternativi e non disponiamo di spazio a sufficienza per riportare tutti i vari esempi possibili, tuttavia nella dottrina economica prevale il punto di vista scientifico, in cui la misurazione del progresso nazionale deve rimanere priva di giudizi e dunque il PIL si presta ad essere un metodo semplice, che però finisce per escludere i costi sociali, di salute o ambientali dal calcolo economico, non riuscendo quindi ad esprimere con fedeltà il benessere vero e proprio di un paese.
di Ascanio Burattini