Uno strumento in forte ascesa sul mercato italiano negli ultimi tempi e di cui si fa un gran parlare è certamente il PIR (Piani Individuali di Risparmio), una forma d’investimento a medio termine che grazie anche a forti benefici fiscali, si propone di veicolare il capitale dei risparmiatori verso le imprese italiane.
PIR, reale opportunità per imprese e investitori?
Le cifre in questione sono veramente importanti e hanno superato le previsioni iniziali. La raccolta di più di 1 miliardo di euro solamente dall’inizio dell’anno alla fine del primo trimestre 2017 ha dovuto far correggere al rialzo le stime originariamente elaborate dal Ministero dell’Economia, che adesso si aspetta un flusso totale netto di circa 10 miliardi di euro per l’anno in corso, al posto dei 16-18 miliardi di euro previsti inizialmente su un arco temporale di cinque anni, che invece ora parla di circa 70 miliardi di euro. Il PIR è un investimento sottoscrivibile da singole persone fisiche con residenza fiscale in Italia e la sua più grande peculiarità è senz’altro la possibilità di beneficiare di importanti agevolazioni fiscali: è esente dall’imposta sui rendimenti, a condizione che vengano rispettati determinati vincoli di investimento (30.000 euro massimi per anno solare e 150.000 euro complessivi nel corso della vita del PIR) e di durata (l’investimento deve essere mantenuto per almeno 5 anni, pena la decadenza dei vantaggi fiscali); inoltre non è soggetto a imposta di successione. Lo strumento investe prevalentemente (almeno il 70% del patrimonio) su emittenti italiani, con un focus importante (almeno il 21% del patrimonio) sul segmento delle aziende a piccola e media capitalizzazione, non incluse nell’indice FTSEMIB (il principale indice dei mercati azionari italiani). In questo articolo, però, non ci soffermeremo a parlare di aspetti tecnici, bensì cercheremo di riflettere sulle opportunità che uno strumento del genere può offrire agli attori principali presenti sul mercato (imprese e investitori).
Opportunità per gli investitori
Per gli investitori, i PIR costituiscono una buonissima opportunità su cui puntare perché offrono l’incentivo del risparmio fiscale, non dovendo pagare tasse sugli utili e sui proventi generati dagli investimenti, con il patrimonio esente dalle imposte di successione. Il conto dell’oste è presto fatto: a parità di altre condizioni, l’incentivo fiscale si traduce in un maggior rendimento netto. Altro vantaggio da non trascurare, i PIR incentivano di gran lunga l’investimento di medio-lungo periodo, premiando così la pianificazione delle proprie risorse e penalizzando il mordi e fuggi sui mercati (deleterio per i soldi dei risparmiatori) e, data la limitazione annuale dei conferimenti pari a 30.000 euro, incentivano la gradualità dell’investimento, il che significa ridurre la volatilità e quindi i rischi del portafoglio soprattutto quando si vanno a selezionare strumenti di natura azionaria.
Opportunità per le imprese
Per le imprese italiane, i PIR rappresentano una forte alternativa alle fonti di finanziamento classiche, ossia il migliore tra i tentativi che si sono succeduti negli anni per ridurre la dipendenza delle aziende, specialmente quelle del segmento a piccola e media capitalizzazione, dal sistema bancario. L’obiettivo principale dello strumento è proprio il sostegno al finanziamento diretto delle aziende, attraverso il mercato azionario ed obbligazionario, un canale naturalmente orientato al medio-lungo termine e destinato ai piani di sviluppo, espansione e investimento delle imprese stesse. Ridurre la dipendenza delle aziende dal sistema bancario significa anche contribuire a dare maggiore stabilità al sistema industriale, tanto da dargli una maggiore capacità di assorbire gli effetti di eventuali crisi bancarie con minori difficoltà possibili.
Diversificazione
Va anche notato che i Piani Individuali di Risparmio hanno un’elevata concentrazione d’investimenti in obbligazioni o azioni di aziende italiane, così da favorire l’accesso al capitale alle imprese nostrane. Ciò potrebbe far pensare ad un elemento di rischio, tuttavia, la presenza in portafoglio di titoli emessi da piccole e medie imprese introduce, di per sé, un forte elemento di diversificazione settoriale rispetto al listino principale. Un portafoglio PIR ha infatti più titoli industriali e meno finanziari ed energetici rispetto, ad esempio, all’indice FTSE MIB. Proprio tali aziende negli ultimi anni hanno dato soddisfazioni decisamente superiori agli investitori. Questo trend è destinato a continuare anche grazie ai PIR, che consentiranno ad un maggior numero di società di affacciarsi al mercato dei capitali, rappresentando una grande opportunità sia per i risparmiatori sia per l’economia italiana.