A causa del riscaldamento globale la regione artica, ricca di materie prime, è sempre più semplice ed economica da raggiungere. Diverse grandi potenze, come la Russia e la Cina, si sono già mostrate molto interessate alle potenzialità della regione. Per quanto riguarda Pechino, in particolare, i programmi per lo sfruttamento del polo sarebbero integrati al grande progetto commerciale della “Nuova Via Della Seta”.
Le rotte Nordiche
Ci sono due tratte più importanti per arrivare all’oceano Artico. La prima, denominata Northern Sea Route, collega l’Europa Settentrionale con l’Estremo Oriente nord, territorio della Federazione Russa, per poi scendere sul Pacifico passando per lo stretto di Bering e transitando vicino alla penisola russa del Kamchatka. La seconda, partendo dall’Estremo Oriente, passa per l’Alaska e per la costa nord del Canada, evitando i costi richiesti per attraversare il Canale di Panama. Si parla, inoltre, dell’avvio di una terza rotta che transiterebbe vicino al cuore del Polo Artico. Il percorso arriverebbe in Islanda oppure a nord della Scozia. Dai porti scozzesi ed islandesi si proseguirebbe verso il Nord-America. La rotta nordamericana consegnerebbe alla Baia di Hudson un ruolo strategico per il transito delle navi verso la Baia di James. Questa rotta potrebbe far risparmiare tempo e costi alle operazioni di scarico vista la distanza di soli 1.000 chilometri da Toronto. Altro hub che potrebbe beneficiare di questa rotta è Port of Churchill, situato nella regione del Manitoba.
Una regione ricca di idrocarburi e di interessi strategici
Per la Russia, visto che il gas della Siberia occidentale è in esaurimento, l’Artico diventerà il prossimo bacino energetico della Federazione, tuttavia si ritrovano faccia a faccia con numerosi concorrenti per lo sfuttamento del territorio. Dopo la Rosneft e la Gazprom, anche le maggiori aziende petrolifere occidentali hanno costruito piattaforme di trivellazione nella regione. La francese Total, la statunitense Exxon e la norvegese Statoil, attraverso i blocchi di iceberg dell’Artico, stanno piazzando le loro postazioni nei depositi di petrolio e di gas del Mare di Barents, nei pressi delle coste norvegesi, e nel Mar Ciukchi, in prossimità dell’Alaska. La Russia ha riallacciato i rapporti diplomatici e le relazioni con Oslo, riguardo le dispute territoriali nel Barents, e con Washington , riguardo lo Stretto di Bering. Mosca vuole evitare controversie anche con gli altri membri del Consiglio dell’Artico. Nel 2015 il Cremlino ha richiesto, in seno al Consiglio dell’Artico, l’autorizzazione ad avviare lo sfruttamento di 1,2 milioni di chilometri quadrati di fondale marino dove sono presenti ricchi giacimenti di petrolio e gas.
Nel Diritto Internazionale la regione artica non può essere oggetto di nessun tentativo di controllo sovrano da parte di nazioni. Russia e Canada, tuttavia, hanno di fatto il controllo delle maggiori rotte commerciali. Oltretutto Mosca nel 2014 ha effettuato nella regione un’esercitazione militare. Nella regione il Cremlino, tramite il Comando militare Artico, tiene stanziate due brigate permanenti, due sottomarini nucleari ed un avamposto navale sull’isola di Wrangel, situata nel Mare di Ciukchi, al confine del cambio data. Anche il Canada si è mosso per sviluppare la sua parte di regione artica, motivata dalla definizione del suo ex primo ministro Stephen Harper, << o lo usi o lo perdi>>. La Northern Strategy di Ottawa, per ora, punta ad allestire una guardia costiera, all’acquisto di una flotta di navi rompighiaccio, alla costruzione di avamposti e di centri logistici militari nei terrotori del nord-ovest ed a collaudare nella regione una flotta di motoslitte stealth.
La Russia è in vantaggio?
Con il governo di Vladimir Putin, la regione artica ha cominicato ad essere vista dal Cremlino come una zona strategica necessaria per la sicurezza nazionale russa e per la sua indipendenza energetica. Da dicembre 2017 Mosca ha iniziato ad esportare il gas LNG (liquefied natural gas). Il progetto russo al polo, secondo quanto scrive il The Telegraph, viene stimato per un valore di 27 miliardi di dollari. In questo quadro si è inserita la Novatek con il programma Yamal LNG, finalizzato a far decollare l’esportazione russa di gas del mondo. Per la Novatek questo potrebbe significare un’esportazione di circa 16.5 milioni di metri cubi di gas ogni anno. Grazie alla navi rompighiaccio, la Novatek può supportare anche uno dei paesi alleati di Mosca, la Cina di Xi Jinping. La Cina rimane il principale cliente per le aziende della Federazione Russa ed il Paese, per abbandonare il carbone, ha bisogno del gas. Mosca, per accorciare le spedizioni, spera di utilizzare la Northern Sea Route per dimezzare il tempo di esportazione del gas LNG. Intanto anche la Exxon Mobil, la Chevron e la Royal Dutch Shell stanno gareggiando per accapararsi una fetta del mercato LNG, dove la domanda sta salendo in quei paesi che vogliono abbandonare l’energia a carbone.
La Novatek, come ha dichiarato il suo CEO Leonid Mikhelson, vede in questo progetto un nuovo capitolo della’azienda. La Russia vuole aumentare il proprio peso sul mercato dell’energia. Secondo lo stesso Putin, il gas russo risulta essere meno costoso dello Shale statunitense. L’Europa riceve quasi un terzo del gas dai giacimenti russi ma è la stessa Federazione Russa che vira il suo sguardo ad est, verso la Repubblica Popolare Cinese. Molti prevedono che la domanda di gas salirà molto, visto che la stessa Pechino, in procinto di abbandonare il carbone sta sondando il terreno per fonti energetiche alternative. La Novatek ha ricevuto finanziamenti statali da Mosca e finanziamenti cinesi per supportare i costi di costruzione dei gasdotti che, dalla regione artica, dovrebbero portare il gas russo in Cina.
Secondo Samuel Lussac ricercatore della Wood Mackenzie, intervenuto su Telegraph, l’avvio dei cantieri nei tempi stabiliti e secondo il budget è insolito per quei progetti che operano nei settori della GNL, dove avvengono spesso ritardi e si alzano i costi. Inoltre, secondo Mackenzie, il trasporto sulla Northern Sea Route è alle sue prime fasi ed è difficile capire se sarà fattibile come via commerciale per il trasporto del gas in Cina.