Negli ultimi decenni la riduzione sempre maggiore delle barriere alla libera circolazione di persone, merci e capitali ha favorito sempre di più lo sviluppo di mercati concorrenziali, facendo, in generale, diminuire i prezzi dei beni e dei servizi offerti, nonché aumentando la loro disponibilità e la loro qualità. Nonostante ciò, in alcuni mercati il processo di libera concorrenza non si è sviluppato per diversi motivi, creando situazioni in cui vi sono pochissime imprese a produrre un determinato bene o a offrire un certo servizio: basti pensare al mercato del petrolio e quindi alla benzina, ma anche a quello delle autovetture. In questi casi siamo in presenza di mercati non perfettamente concorrenziali, quali il monopolio e l’oligopolio. Analizziamo queste forme di mercato per vedere come nascono e come si comportano le imprese che ne fanno parte.
La perfetta concorrenza
Per poter capire la struttura dei mercati non concorrenziali si deve prima avere bene a mente cosa si intende per concorrenza e come funziona un mercato perfettamente concorrenziale. Per mercato concorrenziale si intende un mercato di un bene o di un servizio in cui:
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opera un elevato numero di consumatori finali e di imprese, tutti price takers, ovvero non in grado singolarmente di determinare variazioni del prezzo;
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vi è assenza di asimmetrie informative, ovvero il prezzo del bene e i profitti delle imprese sono noti a tutti gli agenti che operano in quel mercato;
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esiste la perfetta mobilità dei capitali e del fattore lavoro;
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vi è assenza di barriere all’entrata, ovvero il mercato è contendibile, non protetto da barriere tecnologiche (processi produttivi non noti o segreti) o legali (leggi che impediscono l’ingresso di nuove imprese).
In un mercato dove queste condizioni vengono soddisfatte, il prezzo, determinato dall’incontro fra domanda e offerta, sarà tale da poter consentire alle imprese solo profitti contabili (pari, in linea di massima, alla differenza fra ricavi delle vendite e costi dei fattori produttivi) e non extraprofitti (chiamati anche “profitti economici”, che comprendono non solo i costi contabili dei fattori produttivi, ma anche i vari costi opportunità che l’imprenditore deve sostenere per operare in quel mercato).
Si noti che quando anche una sola di queste condizioni è violata il mercato non è concorrenziale: per esempio nel mercato finanziario, pur se caratterizzato da un numero molto elevato di agenti sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta e da un’alta mobilità dei capitali, vi è un alto grado di asimmetrie informative (basti pensare alle possibilità di insider trading, o anche al mercato assicurativo), e quindi esso non si può considerare come perfettamente concorrenziale.
In questa prima parte della trattazione ci occuperemo del caso in cui l’offerta è formata da una singola impresa, ovvero il monopolio, esempio di mercato in cui tutte le condizioni per la perfetta concorrenza vengono a mancare.
Il monopolio: il potere del mercato nelle mani di uno solo
Per monopolio si intende un mercato in cui vi è un’unica impresa che produce e commercializza un determinato bene. Ovviamente l’azienda monopolista si trova in una situazione di privilegio: non avere una concorrenza con cui competere è il sogno di ogni imprenditore.
I tipi di monopolio sono due. Il monopolio legale è una tipologia di monopolio stabilito per legge e fortemente regolamentato dalle autorità preposte per motivi strategici e politici; vi sono quindi delle barriere legali che impediscono l’ingresso ai possibili competitors. Il monopolio naturale si può considerare invece come una situazione privilegiata di una determinata azienda, ottenuta tramite un particolare know-how in termini tecnologici; le barriere all’ingresso del mercato non sono dunque di tipo legale, ma di carattere prettamente tecnologico.
In questa sede si farà riferimento ai monopoli naturali. Grazie ad un particolare fattore tecnologico noto ed utilizzabile esclusivamente dal monopolista, ad esempio il brevetto, si è in presenza di forti economie di scala: l’impresa monopolista è in grado di diminuire il costo medio dei suoi fattori produttivi tramite l’incremento della produzione. Il mercato di monopolio consente all’impresa di praticare un prezzo molto alto, che determinerà quindi un ammontare di scambi molto esiguo.
Molto importante è lo studio del benessere sociale in presenza di monopolio. Per benessere sociale si intende la somma fra surplus del consumatore (cioè la differenza fra quanto il consumatore è disposto a pagare una certa quantità di un bene e quanto essa costa effettivamente) e il surplus del produttore (ovvero la differenza fra i ricavi totali derivanti dalla vendita di un certo prodotto e l’ammontare di costi variabili sostenuti per la produzione). In un mercato di monopolio il benessere sociale non raggiunge il livello ottimale, ovvero si è in presenza di una perdita secca.
Perdita secca e costi sociali del monopolio
La perdita secca di monopolio è una misura monetaria della perdita che la società deve subire quando vi sono unità di un bene che potrebbero essere prodotte e scambiate a tutto vantaggio della collettività, ma che non vengono prodotte in quanto l’imprenditore (nel nostro caso monopolista) mira alla massimizzazione del profitto individuale. Ciò accade quando il prezzo praticato dal monopolista è troppo elevato e la quantità prodotta di conseguenza troppo bassa. In presenza di questo fenomeno, non è raro vedere che le autorità impongono all’impresa di praticare un prezzo minore, tale da poter raggiungere il massimo welfare sul quel mercato.
Come quindi abbiamo visto, il monopolio comporta molti costi sociali, fra i quali anche inefficienza e corruzione (molti monopoli oggi esistenti sono stati creati dai governi e affondano le loro radici nella corruzione). Da non sottovalutare che il monopolio può apportare anche molti benefici alla società: se finalizzato a proteggere l’innovazione, esso è necessario per la crescita economica. Il premio Nobel per l’Economia Douglass North sostiene che la crescita economica è stata lenta e sporadica fino a quando non sono state promulgate leggi (in particolare normative sui brevetti) allo scopo di tutelare appunto l’innovazione. I brevetti infatti altro non sono che un modo per premiare l’attività di ricerca e sviluppo.
Leggi qui la parte su oligopolio e cartelli:
https://startingfinance.com/quando-la-concorrenza-non-funziona-oligopolio-e-cartelli/