Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore dipende dall’andamento di un’attività sottostante. Nel pensiero comune, essi sono associati ad operatività speculative e molto rischiose. A ben vedere, però, la funzione per la quale i derivati si sono sviluppati era diversa e tuttora essi svolgono altri ruoli significativi. In particolare, sono tre le ragioni che possono spingere ad operare nel mercato di questi strumenti finanziari:
- Copertura. Contrariamente a quanto pensano in molti, si può ricorrere ai derivati per ridurre o eliminare un rischio a cui si è esposti. Questa era la loro funzione originaria. Gli operatori che sono esposti ad un determinato rischio lo possono ridurre attraverso la compravendita di derivati caratterizzati da un profilo di rischio speculare rispetto all’originario.
- Arbitraggio. I derivati permettono anche di trarre vantaggio dalle eventuali discrepanze nei prezzi in due diversi mercati. In tali situazioni, attraverso l’acquisto di un bene su un mercato e la sua vendita in un altro mercato, gli operatori possono ottenere un guadagno senza assumersi rischi.
- Speculazione. È certamente la funzione per la quale i derivati sono più famosi e visti con cattivo occhio. Operando con questi strumenti è possibile realizzare guadagni accollandosi dei rischi e scommettendo sui futuri movimenti di prezzo di un’attività.
Capire questa distinzione è molto importante e, in passato, soprattutto nel periodo iniziale di diffusione di tali strumenti, è successo che si creasse confusione anche tra gli addetti ai lavori, come nel caso di Heinz Ruhnau.
Il caso Ruhnau
Ruhnau è stato CEO di Lufthansa a partire dal 1981. Nel gennaio del 1985 la compagnia tedesca acquistò 20 aerei Boeing 737 al fine di ampliare la propria flotta. Nel contratto era indicato che il pagamento doveva essere effettuato al momento della consegna dei velivoli, prevista per l’anno successivo, nella valuta dell’azienda produttrice, ovvero il dollaro statunitense. L’acquisto dei 20 aeroplani sarebbe costato a Lufthansa 500 milioni di dollari.
Si nota immediatamente come in una transazione del genere sia insito un rischio di cambio. Infatti, al momento della conclusione del contratto il cambio tra marco tedesco e dollaro era pari a 3.2, quindi il costo totale dell’operazione, a situazione invariata, sarebbe stato di 1.6 miliardi di marchi. Nel caso, però, di un apprezzamento del dollaro nel corso dell’anno, il rapporto di cambio tra le due valute sarebbe aumentato e il costo in marchi per la compagnia aerea tedesca sarebbe stato superiore. In caso di consistente aumento di valore del dollaro, la società guidata da Ruhnau si sarebbe trovata a dover pagare delle cifre difficilmente sostenibili. Specularmente, un apprezzamento del marco avrebbe invece comportato una situazione vantaggiosa per Lufthansa, che avrebbe dovuto convertire in dollari una quantità inferiore di moneta nazionale. Il rischio insito nel tasso di cambio era comunque elevato.
L’analisi
Negli anni precedenti si era assistito ad un notevole apprezzamento del dollaro e diversi analisti, tra i quali lo stesso Ruhnau, ritenevano che il valore della moneta statunitense fosse sovrastimato e credevano che di lì a poco ci sarebbe stata un’inversione del trend e il valore del marco sarebbe tornato a crescere. L’eventualità che l’andamento rialzista del dollaro continuasse era comunque molto concreta, dunque la rischiosità di operazioni effettuate con controparti statunitensi era da tenere assolutamente in considerazione. Nel caso specifico di Lufthansa le soluzioni che potevano essere prese erano fondamentalmente tre:
- Acquistare contratti forward sul dollaro al tasso di cambio di quel momento (3.2) per l’importo totale dell’operazione sottostante. In questo modo la rischiosità sarebbe stata completamente sterilizzata: in caso di aumento di valore del dollaro, Lufthansa avrebbe sì dovuto pagare una quantità di marchi maggiore, ma avrebbe anche rivenduto dollari ad un prezzo superiore e tale differenza avrebbe completamente coperto la perdita sull’operazione sottostante. A prescindere dal tasso di cambio del 1986, quindi, la compagnia tedesca avrebbe dovuto pagare 1.6 miliardi di marchi. Questa cifra sarebbe però stata pagata anche nel caso in cui il dollaro si fosse svalutato e il cambio fosse stato più conveniente.
- Acquistare contratti forward sul dollaro al tasso di cambio di quel momento (3.2) per un importo parziale dell’operazione sottostante (scegliendo di coprire qualsiasi percentuale dell’importo complessivo). In questo modo il rischio di cambio era coperto solo su una parte della cifra, mentre nella restante parte un aumento di valore del dollaro avrebbe comportato un onere maggiore in marchi. Al contrario, una diminuzione di valore del dollaro avrebbe comportato un onere minore.
- Lasciare l’operazione totalmente scoperta e mantenere inalterato il rischio sul tasso di cambio, con tutti gli svantaggi (o vantaggi) immutati in caso di aumento (o diminuzione) di valore del dollaro.
La decisione di Ruhnau
Ruhnau, convinto che il dollaro fosse sopravvalutato, decise di coprire solo parzialmente il rischio sul tasso di cambio, acquistando un forward al cambio spot (3.2) per un ammontare di 250 milioni di dollari (il 50% dell’importo totale dovuto). Benché il manager tedesco fosse abbastanza sicuro della sua analisi, non lasciò l’operazione totalmente senza coperture per la rischiosità troppo elevata a cui la sua compagnia sarebbe stata esposta.
La previsione di Ruhnau in ogni caso si avverò e nel 1986, al momento del pagamento, il cambio marco/dollaro era pari a 2.3. Il costo totale dell’operazione per Lufthansa fu di 1.375 miliardi di marchi (250.000.000$ x 2.3 + 250.000.000$ x 3.2), mentre sarebbe stato di 1.150 miliardi di marchi (500.000.000$ x 2.3) senza coperture. L’operatività in derivati causò quindi una perdita di 225 milioni di marchi e per questo Ruhnau fu accusato da più parti di aver speculato sulla pelle della compagnia di bandiera tedesca.
Le critiche furono talmente aspre che nel febbraio dello stesso anno il CDA di Lufthansa fu convocato per decidere se licenziare il proprio CEO. In quella sede Ruhnau fece valere le proprie ragioni, argomentò che era prassi comune coprire per intero quelle tipologie di rischio e che con la sua decisione di coprirne solo il 50% aveva portato un vantaggio alla società. Il suo errore fu solo quello di non avere condiviso in precedenza la sua decisione e le sue motivazioni, creando confusione al momento della realizzazione del risultato finale. Ruhnau rimase al timone di Lufthansa fino al 1989 e la portò ad affermarsi su scala mondiale.
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