Molto spesso per testare lo stato di salute di un’economia si fa riferimento al Prodotto Interno Lordo (PIL) o Gross Domestic Product (GDP). Il PIL costituisce il valore complessivo dei beni e servizi finali realizzati in uno Stato nel corso di un determinato intervallo temporale, di norma della durata di un anno. La Germania, soprannominata “locomotiva d’Europa”, presenta il PIL più alto dell’Unione, con un dato Eurostat per il 2017 di €3263,350 miliardi. A partire dal 2005, infatti e con l’eccezione del 2009, l’indicatore in oggetto si è attestato sempre in positivo, con picchi del +4,1% nel 2010, come risulta dal seguente grafico
Tuttavia, il PIL non rappresenta l’unico indice di cui si deve tener conto per giudicare il benessere economico di uno Stato. Fondamentale, infatti, è considerare il tasso di povertà. Come risulta dal seguente grafico, nel Paese guidato dalla cancelliera Angela Merkel esso è aumentato in modo netto a partire dal 2005
A giocare un ruolo decisivo in tal senso è stata sicuramente la riforma Hartz. La riforma del lavoro Hartz, assurta a simbolo del successo tedesco, è stata realizzata da Gerhard Schroder, al Governo dal 1998 al 2005. Essa è stata attuata progressivamente mediante quattro leggi: l’Hartz I e l’Hartz II, entrate in vigore nel 2003, l’Hartz III, nel 2004, ed infine l’Hartz IV, quella dall’impatto più importante, nel 2005. Trascorso un anno senza aver trovato lavoro scatta l’Hartz IV , per cui la somma erogata come sussidio di disoccupazione varia a seconda della situazione familiare dell’interessato, essendo costituita da un importo di circa € 350 a cui aggiungere le spese per l’affitto e l’assicurazione sanitaria ed eventualmente il contributo per figli a carico. Per il cittadino vi è poi l’obbligo di accettare qualsiasi lavoro offerto dal job center, indipendentemente dal settore di competenza, pena la graduale decurtazione del sostegno economico fino all’azzeramento in caso di reiterazioni nel rifiuto. Il sussidio deve essere rinnovato ogni 6 mesi e non sono previsti limiti di tempo alla relativa concessione, motivo per cui i controlli sono molto severi. Sono circa 6 milioni le persone a far parte del programma Hartz IV. L’altra principale novità della riforma fu la nascita di quelli che sono stati ribattezzati minijiob. Con tale termine si intende chiamare i contratti di lavoro retribuiti per non più di € 450 al mese, lavorando dalle 10 alle 20 ore settimanali, esenti da tasse e contributi previdenziali da parte del dipendente, mentre il datore di lavoro versa una somma decisamente ridotta, determinando gravami pensionistici per i lavoratori (per approfondire cosa si intende per gravami clicca qui), i quali non hanno diritto nemmeno all’assicurazione sanitaria. La grave problematica consiste nell’aver creato le premesse per sostituire i contratti a tempo indeterminato con forme di lavoro altamente flessibili ed a costo molto basso. Come spiega Karl Brenke, analista di DIW, Istituto di ricerche economiche con sede a Berlino,
<<Uno dei problemi meno affrontati del nostro sistema è costituito dall’espandersi di impieghi pagati poco, meno di 9,5 euro l’ora. Stiamo parlando di un quarto del lavoro dipendente”. Il numero di minijobber infatti si aggira intorno agli 8 milioni di persone. Ecco, quindi, come sia stata portata a compimento una politica di dumping salariale, con conseguente contrazione della domanda interna e miglioramento della bilancia commerciale.>>