Il 9 Giugno 2019 Raytheon Company ed United Technologies Corporation hanno comunicato di aver raggiunto l’accordo per un progetto di fusione. L’obiettivo dichiarato è quello di creare
<<un fornitore di sistemi con tecnologie avanzate per affrontare i segmenti in rapida crescita dell’aerospazio e della difesa>>.
Raytheon e United Technologies, due storie americane
Raytheon Company
Raytheon Company è un’azienda specializzata nella produzione di armi da guerra e dispositivi elettronici ad indirizzo sia commerciale che militare. Le principali aree d’affari della società includono la fabbricazione di missili, come i Patriot o i Tomahawk, sensori, radar e sistemi per la sicurezza informatica.
Al momento della fusione la Raytheon conta 67mila dipendenti ed ha un fatturato di 27 miliardi di dollari l’anno, in crescita del 6,7% rispetto all’anno precedente. Questo la colloca al terzo posto al Mondo tra le aziende che operano nel settore militare (prima di lei solo la Boeing e la Lockheed Martin).
Raytheon venne fondata nel 1922 ma assunse il suo attuale nome solo nel 1959. Nel corso del tempo, infatti, stravolse il suo core business, che in origine riguardava la refrigerazione, e vennero poste in essere numerose trasformazioni societarie. Furono numerose le fusioni e le acquisizioni, in particolare con diverse aziende di componentistica elettronica (Q.R.S. Company, Acme-Delta Company, Submarine Signal Company). Fu durante la Seconda Guerra Mondiale che l’azienda decise di avvicinarsi al settore della difesa, incentrando la produzione su componenti come i radar.
United Technologies
United Technologies è un conglomerato, ovvero un’impresa distribuita su più settori e segmenti di mercato. È composta dalla Pratt & Whitney, che si occupa di realizzare motori per l’aviazione sia ad uso civile che militare, e da diverse altre società. Fra queste c’è la Collins Aerospace, che produce sistemi e dispositivi anche per l’ambito commerciale ed aerospaziale.
Altre due divisioni della United Technologies sono la Otis Elevator Company e la Carrier Corporation. La prima realizza soluzioni per gli interni, principalmente ascensori, scale e tappeti mobili, molti dei quali di particolare prestigio. I prodotti Otis sono infatti installati nei maggiori edifici al Mondo, dall’Empire State Building, passando per la Tour Eiffel, fino al Burj Khalifa di Dubai. La seconda, Carrier Corporation, produce sistemi per il riscaldamento, la ventilazione ed il condizionamento, sia ad uso civile che industriale.
La United alla data della fusione conta nel complesso 240mila dipendenti e ricavi annui per 66 miliardi e mezzo, con un utile netto di 5,2 miliardi di dollari. .
Il progetto di fusione
Secondo Greg Hayes, presidente e amministratore delegato della United Technologies <<La combinazione di United Technologies e Raytheon definirà il futuro dell’aerospazio e della difesa>>. Le sue parole possono sembrare sensazionalistiche ma non si discostano più di tanto dalla realtà. Sono infatti i numeri a mostrare che l’unione delle due società porterà alla nascita di un colosso dell’aerospazio e della difesa.
La nuova società avrà 73 miliardi di dollari di fatturato ed una capitalizzazione borsistica complessiva di 166 miliardi (144 quella della United e 52 quella della Raytheon). In aggiunta, tuttavia, il frutto del matrimonio fra le due società erediterà anche 26 miliardi di indebitamento.
Un elemento chiave per il buon esito della fusione riguarda lo scorporo in più parti di United Technologies. Il piano prevede cioè lo spin off delle divisioni Otis e Carrier, che andrebbero quindi a diventare società indipendenti. Esse costituiscono comunque una fetta minoritaria dei ricavi dell’azienda e non cambierebbero più di tanto il bilancio di United Technologies:
La divisione delle quote
Il progetto di fusione è tecnicamente “tra eguali”. Ciononostante gli azionisti della United Technologies riceveranno il 57% delle quote della nuova società, mentre il restante 43% andrà a quelli della Raytheon. Anche la governance seguirà questo indirizzo, dal momento che il consiglio d’amministrazione sarà composto da 8 membri scelti dalla United e 7 dalla Raytheon.
Sarà proprio Hayes, il presidente della United, ad avere la leadership dell’azienda, acquisendo il ruolo di amministratore delegato, subito, e quello di presidente, due anni dopo la fusione. Raytheon sarà rappresentata da Tom Kennedy, che occuperà la poltrona di amministratore esecutivo. La nuova società avrà sede a Boston, non lontano da quella attuale della Raytheon, che si trova a Waltham nel Massachusetts. Le due città distano infatti solo 11,6 miglia, che corrispondono a poco più di un quarto d’ora d’auto.
I potenziali vantaggi
Le aspettative che scaturiscono dalla fusione si inseriscono in una prospettiva sia interna che esterna alle due società. In primo luogo la fusione è un processo che comporta, almeno nelle intenzioni, la diversificazione del rischio di mercato.
La nuova società risultante da Raytheon e United Technologies sarebbe operativa in più settori e aree di mercato. Per questo motivo, la nuova struttura frutto dell’unione sarebbe più versatile e soprattutto solida di fronte ad eventuali cali della domanda.
Un altro vantaggio della fusione riguarderebbe invece la collaborazione in ricerca e sviluppo. La nuova società avrebbe infatti un bacino di 8 miliardi di dollari dai quali generare investimenti nell’innovazione, il che è sempre più richiesto dal mercato. Inoltre l’azienda avrà a disposizione 7 centri di ricerca, un personale costituito da 60mila ingegneri oltre a più di 38mila brevetti ancora validi. Un know how davvero imponente, che può favorire la crescita dal punto di vista della qualità dei prodotti e della capacità di risposta al mercato.
Il nuovo bilancio
Un fattore rilevante è quello legato al rafforzamento delle finanze aziendali, in particolare per ciò che concerne i costi. Secondo le due società, la fusione ridurrà le spese per l’approvvigionamento dei componenti e delle materie prime di 350 milioni di dollari. Sarebbe di 1 miliardo invece il risparmio legato all’amministrazione, grazie alla combinazione ed all’accorpamento degli uffici societari. Gli azionisti, seconodo quanto dichiarato, vedranno salire da 18 a 20 miliardi di dollari i dividendi complessivi distribuiti nell’arco del triennio successivo alla fusione.
<<Questo è innanzitutto un grande progetto per gli Stati Uniti d’America, perché renderebbe il nostro Paese migliore, più forte e un posto in cui costruire lavori nobili>> ha affermato in modo entusiastico Thomas Kennedy, l’attuale amministratore delegato di Raytehon. La fusione, in effetti, coinvolgerà in modo indiretto l’apparato militare degli Stati Uniti. Infatti uno dei principali clienti delle due società è propro il Ministero della Difesa americano.
William Hartung, che si occupa di difesa e sicurezza al Center for International Policy, un think thank americano, ha dichiarato all’Economist che la nuova società avrà maggiore potere negoziale sia con il Pentagono che con il Congresso. L’indirizzo politico del Presidente Trump, che si dice “preoccupato” per la fusione, potrebbe quindi esercitare un ruolo diretto anche per Raytheon Technologies Corporation, specie se dovessero perpetrarsi i potenziali scontri con l’Iran.
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