Con riciclaggio si intende un’attività finalizzata a nascondere la provenienza di ricchezze accumulate attraverso azioni illegali. Tale pratica è fondamentale per le organizzazioni criminali di tutto il mondo, che così facendo possono immettere il loro denaro nell’economia legale. Da una parte, così, diventa possibile per loro fare grosse spese personali, in beni di lusso, ad esempio, senza il rischio di attirare l’attenzione della polizia. Dall’altra, poi, i soldi ripuliti potranno essere utilizzati come capitali per investire e comprare aziende. In questo modo, le maggiori mafie di tutto il mondo riescono ad acquisire un peso economico enorme. Anche Giovanni Falcone sosteneva con forza che la vera chiave per vincere contro la criminalità organizzata fosse proprio la lotta al riciclaggio. Secondo il magistrato palermitano, assassinato nel 1992, la zona grigia degli operatori finanziari complici della delinquenza è il punto dove le mafie sono più vulnerabili.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, ogni anno nel mondo vengono riciclati fra gli 800 miliardi ed i 2 mila miliardi di dollari, ovvero fra il 2% ed il 5% del PIL globale.
Il riciclaggio si divide in tre fasi:
La Financial Action Task Force
Nel 1989, su iniziativa del G7 di Parigi, fu istituita un’organizzazione intergovernativa chiamata Financial Action Task Force (FATF), nota in italiano come Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI), allo scopo di elaborare strategie per contrastare il riciclaggio di denaro. Questo ente, nel corso dei suoi decenni di vita, ha dato un notevole contributo con le sue raccomandazioni fondate su solidi studi e stilando una lista nera di Paesi <<fiscalmente non collaborativi>>, che con le loro politiche favoriscono il traffico di denaro sporco. Pur avendo permesso a molti Stati di intraprendere azioni efficaci, la FATF non dispone di nessuno strumento sanzionatorio diretto.
I tre passaggi del riciclaggio
Il riciclaggio può avvenire in molti modi diversi, tuttavia la FATF identifica uno schema ricorrente, diviso in tre passaggi.
Il collocamento
Come prima cosa i soldi, nella maggior parte dei casi contanti, vengono stanziati in un istituto di credito, affinché diventino trasferibili evitando rischi. Questa fase è detta di collocamento. Nell’Unione Europea, per contrastare il riciclaggio, i conti nei quali sono transitati in totale almeno 10 mila euro sono posti in automatico sotto controllo, per verificarne la legalità. A questo punto, di solito, è necessario che il titolare renda disponibili informazioni sulla sua fonte di reddito. Per sfuggire ai controlli la pratica più comune è quella detta smurfing, ovvero un gran numero di complici apre piccoli conti, muovendo ognuno meno di 10 mila euro.
La stratificazione
Dopo il collocamento, i soldi sono diventati trasferibili ma possono ancora essere collegati ad attività criminali, sarebbe possibile risalire ai conti di partenza e da essi scoprirne l’origine illecita. Così inizia la fase detta stratificazione, in cui ci si impegna per occultare ogni traccia della reale origine del denaro. A questo punto è sempre necessario il sostegno consapevole di operatori del settore bancario. In alcuni paradisi fiscali, ormai sempre meno, ci sono perfino intere banche che si prestano volentieri a collaborare.
L’integrazione
Dopo che con la stratificazione è stato reso quasi impossibile risalire all’origine illecita del denaro, è necessario far risultare una fonte legale. Nell’ultima fase, detta integrazione, i soldi iniziano un percorso che li farà tornare puliti al punto di partenza. Di norma si sfruttano settori nei quali i clienti usano molti contanti, rendendo più facile gonfiare gli incassi, e si usano più società fantoccio in relazione fra loro.
Una strategia particolare è la cosiddetta loan back. Nella loan back gli interessati, per ricevere i soldi in maniera non sospetta, fanno risultare finti prestiti, concessi alle loro aziende fantoccio, da parte di società gestite sempre da loro. Sulla carta vengono fatti risultare una serie di investimenti, che giustificano un aumento di profitto e, quindi, la restituzione del prestito con gli interessi. I soldi, dopo essere stati “restituiti”, risultano avere una fonte del tutto legale.
Uno strumento nuovo, sempre più usato per il riciclaggio, sono le criptovalute. Queste, infatti, una volta che il denaro è stato convertito senza destare sospetti, sono quasi impossibili da tracciare.
Le aziende fantoccio sono quasi sempre gestite da prestanome, collegati solo in modo indiretto alle attività criminali
Il riciclaggio in Italia
Il riciclaggio è stato introdotto nel vocabolario giuridico italiano nel 1990, diventando un reato a sé stante. I casi che potevano essere ricondotti a tale attività, prima, erano inclusi nell’ambito della ricettazione. Può essere detto colpevole di riciclaggio chi si è impegnato in modo consapevole per nascondere alle autorità la provenienza illecita di una somma di denaro. La pena prevista è dai 4 ai 12 anni di reclusione. Tuttavia, in Italia riguarda solo chi non è coinvolto nell’illecito da cui sono stati ricavati i soldi. Nel caso, ad esempio, di uno spacciatore impegnato in attività di riciclaggio dei suoi stessi proventi, queste ultime rientrano nel reato di spaccio.
Nel Belpaese, secondo Banca d’Italia, ogni anno vengono riciclati tra 200 e 300 miliardi di euro, oltre il 10% del PIL nazionale contro una media europea del 5%.
Come il riciclaggio danneggia la società
Il riciclaggio di denaro rappresenta un problema soprattutto per quanto riguarda la libera concorrenza. Le aziende con i conti gonfiati dai soldi ripuliti, infatti, finiscono per drogare il mercato di un settore. Le società che partecipano al riciclaggio, sulla carta, mostrano guadagni superiori a quelli davvero possibili attraverso la loro attività. In questo modo, mettono in cattiva luce gli altri concorrenti, rendendo per loro più difficile ottenere investimenti. Inoltre, anche per quanto riguarda l’attività legale, le imprese legate al riciclaggio possono ottenere senza sforzo enormi capitali da investire, per espandersi a svantaggio delle altre. Tale disponibilità di risorse economiche fa sì che le aziende legate alla mafia resistano molto meglio a situazioni di crisi, in quanto possono permettersi enormi perdite nei guadagni reali.
Inoltre, come osserva con lucidità il sociologo Nando dalla Chiesa, il vantaggio competitivo irregolare delle aziende che riciclano soldi permette alle mafie anche una maggiore presa sul tessuto sociale. Infatti, in contesti nei quali dominano imprese legate a gruppi criminali, queste diventano anche la principale fonte di impiego. In questo modo, la delinquenza organizzata ottiene un potere economico diretto sui dipendenti, controllandone il reddito, e può raccogliere consenso fra le fasce più povere creando posti di lavoro.