La fondazione di Roma viene convenzionalmente posta dalla tradizione al 21 aprile del 753 a.c.
Romolo è colui che riorganizza il territorio romano, ponendone una costituzione lungimirante, essendo quest’ultima caratterizzata da numerosi elementi liberali e ruotando intorno al fulcro della sovranità popolare.
Organizzazione politica e riforme costituzionali
Roma venne organizzata in 3 tribù divise ognuna in 10 curie. Ogni tribù e ogni curia eleggeva dei senatori che andavano a comporre la c.d. Assemblea dei 100, ossia il senato. Questa era composta dal Re e dai senatori, 9 dei quali eletti dalle tribù mentre gli altri 90 dalle curie. Quest’ultime andavano poi a comporre i comizi curiati (assemblea popolare).
La legge veniva proposta al senato dal Re, insieme ai senatori eletti dalle tribù. Una volta acquisita l’approvazione del senato, la legge doveva essere posta all’approvazione dei comizi curiati per poter divenire lex pubblica.
Su tale linea ideologica furono importanti le numerose riforme successive, ad iniziare dalla divisione amministrativa in pagi di Numa Pompilio sino ad arrivare alle riforme costituzionali di Servio Tullio, sesto Re di Roma. Quest’ultimo si pose come sintesi dei primi, egli adattò gli organi costituzionali alle nuove esigenze di una città ormai cresciuta in termini territoriali e di popolazione, aperta al commercio e ai rapporti con altre città del Mediterraneo, introducendo un sistema che si basava su un parametro oggettivo, quale il reddito, superando dunque la successione dei diritti politici per via ereditaria.
Vennero creati le c.d. centurie, funzionali sia all’organizzazione militare che politica. Vi erano 193 centurie divise in 5 classi su base censitaria, ossia i cittadini erano suddivisi in gruppi sulla base del loro reddito. Le centurie, come si potrebbe invece pensare, non erano formate da 100 individui, ma variavano in composizione: le centurie della quinta classe erano le più numerose, mentre quelle della prima le meno numerose. La prima classe era composta da fanti e cavalieri di censo superiore a 100 mila assi (la valuta romana) e godeva di 98 centurie. La seconda classe composta da fanti di censo superiore a 75 mila assi, godeva di 20 centurie. La terza classe, 50 mila assi e 20 centurie. La quarta, 25 mila assi e 20 centurie. La quinta ed ultima, 11 mila assi e 30 centurie.
Le centurie andavano a comporre i comizi centuriati. Questi approvavano le leggi ed eleggevano i magistrati con la maggioranza delle centurie. Le classi venivano chiamate a votare in ordine, dalla prima alla quinta. Ad ogni centuria corrispondeva un voto, dunque scendendo di classe il numero di partecipanti aumentava, ma non il peso peso politico, avendo a disposizione infatti meno centurie. Proprio per questo motivo si può notare come la prima classe fosse privilegiata, visto che oltre ad essere la prima ad essere chiamata a votare, essa disponeva anche di 98 centurie, sufficienti ad ottenere la maggioranza.
Tullio, sulla base dell’organizzazione in pagi di Numa, divise il territorio romano in 4 distretti ed organizzandoli a livello amministrativo poté osservare i livelli di produzione di ogni famiglia romana ed imporre una tassazione proporzionale e progressiva al reddito percepito dai singoli. Servio Tullio è in perfetta linea col pensiero di Romolo, teso a offrire le possibilità di emersione a chi avesse oggettive capacità, a prescindere dalle condizioni di nascita. Servio Tullio rappresenta la chiusura di un pensiero lungimirante e contemporaneo nato con il primo re di Roma, che dispose la legge alla base dell’organizzazione di Roma e l’organizzazione costituzionale alla base della formazione della legge.
La flat tax ai tempi di Tarquinio il Superbo
Al sesto Re succedette Tarquinio il Superbo che pretese il trono in quanto discendente di Tarquinio Prisco, ignorando dunque le prassi costituzionali instauratesi per la designazione di un nuovo Re (v. Lex curiata de imperio), tant’è che il suo regno si caratterizzò come il prototipo di tirannia. In particolar modo, dopo aver diffuso un clima di terrore nella popolazione, dispose una tassazione perfettamente piatta: ognuno doveva contribuire in egual modo. Quest’ultimo provvedimento ebbe delle conseguenze sociali tragiche, visto che chi verteva in condizioni di povertà divenne ancora più povero, creando una sostanziale disparità nella distribuzione della ricchezza e in combinazione con il sistema centuriato pose le basi per una società estremamente classista in età repubblicana, quest’ultima seppur riprese gli elementi liberali della fondazione di Roma, nacque in una società estremamente polarizzata nella distribuzione della ricchezza. Quest’ultimo elemento di fatti portò alla crisi della stessa repubblica, avendo ormai invertito la produzione dai piccoli proprietari terrieri, originari del periodo monarchico, ai grandi latifondisti, con la parallela emersione di grandi personalità che pretesero poi il potere successivamente.
Oggi come allora le riforme costituzionali sulla composizione del Senato e quelle sulla tassazione potrebbero modificare significativamente la struttura del sistema italiano. Purtroppo questi cambiamenti vengono discussi spesso in un clima in cui slogan e promesse fanno finire in secondo piano le stesse regole costituzionali, poste dai padri costituenti a garanzia del libero esercizio della democrazia. Anche una proporzionale e progressiva tassazione è una garanzia sancita dalla stessa carta costituzionale – ex art 53 – volta a garantire la capacità contributiva di ognuno, in ossequio al dovere di concorrere alle spese pubbliche.