Chi è Harry Markowitz?
Harry Markowitz, nato il 24 Agosto del 1927 da una famiglia ebreaica, è oggi uno degli economisti viventi che ha più lasciato traccia nella finanza accademica e dei practitioners, cambiando radicalmente il modo di studiare, approcciare e fare finanza a partire dal secolo scorso. La sua Modern Portoflio Selection gli valse il Nobel nel 1990 insieme ai colleghi William Sharpe e Merton Miller.
Mostrando un iniziale interesse per filosofia e fisica, decise di intraprendere la Magistrale in Economia presso la l’Università di Chicago incentrando il tema della sua tesi sull’applicazione della matematica per l’analisi dei mercati azionari. Nel tentativo di giungere ad una accurata comprensione dei prezzi dei titoli, che all’epoca era basata sul modello del valore attuale di John Burr Williams, notò che la teoria sulla quale si imperniava era priva di un’adeguata analisi del rischio. Sviluppò poi questa intuizione in maniera più profonda arrivando a scrivere la sua prodromica teoria della portfolio allocation in condizioni di incertezza, pubblicata nel 1952 per Journal of Finance, e che verrà con successive pubblicazioni più diffusamente esplorata. Nello stesso anno lavorò presso RAND Corporation, e tre anni dopo, nel 1955, vinse un dottorato presso l’Università di Chicago discutendo poi una tesi sulla teoria del portafoglio, un argomento sentito così innovativo all’epoca che Milton Friedman sostenne che non si trattasse di economia.
Nel 1968, Markowitz si unì all’ Arbitrage Management Company fondata by Michael Goodkin. Lavorando con Paul Samuelson e Robert Merton creò un hedge fund che rappresentò un primo tentativo di algotrading su arbitraggi.
Tra le attività principali che oggi Markowitz svolge troviamo l’insegnamento, è infatti docente alla Rady School of Management presso l’Università della California a San Diego. Un’altra attività intrapresa dal premio Nobel è la consulenza presso innumerevoli fondi, come l’hedge fund Advisory Board di BPV Capital Management.
L’intuizione che gli valse il Nobel
Come già accennato, nel 1990 Markowitz viene premiato del Nobel per l’economia insieme ai colleghi Merton Miller e William Sharpe, «per i contributi pionieristici nell’ambito dell’economia finanziaria», una branca dell’economia, si potrebbe dire, che ha avuto origine proprio dai suoi studi. Nella generica definizione di “contributi pioneristici” può essere in realtà identificata la Mordern Portoflio Theory. Quest’ultima ha cambiato il modo di pensare alla costruzione di portafogli di titoli, dando rilevanza al rischio, componente finanziaria fino ad allora ignorata. La vera chiave del ragionamento sta nel fatto che il rischio connesso ad un titolo non deve essere valutato in maniera a sè stante, isolata, bensì nel modo in cui contribuisce al rischio e al rendimento totale del portafoglio in virtù del grado di correlazione tra i titoli presenti.
Il framework generale: il Modello Media-Varianza
Senza scendere nella formalizzazione matematica e statistica del modello, possiamo però cercare di cogliere l’intuizione che c’è dietro. Markowitz è partito dall’assunto che il mercato sia privo di costi di transazione (frictionless), perfettamente concorrenziale, e che l’investitore sia avverso al rischio, razionale e “non saziato”, ossia preferisca sempre il più al meno (es. avere 2 mele è sempre meglio che averne 1, ma averne 3 è ancora meglio, più mele si aggiungono, più l’investitore è felice, non si sazia mai). E’ poi passato ad enucleare il cosiddetto modello Media-Varianza, un modello secondo cui l’investitore considera ciascun titolo solo in termini di rendimenti attesi, ossia i futuri guadagni percentuali, e del suo grado di rischio, definito dalla grandezza statistica della varianza, che misura il grado di dispersione dei rendimenti intorno al valore medio. Ovviamente, un titolo con maggiore dispersione è più rischioso, perché fornisce rendimenti meno “stabili” e dunque meno “affidabili”, e la varianza è una misura di questa oscillazione. La varianza complessiva può essere diminuita se si inseriscono nel portafoglio titoli non perfettamente correlati, ossia titoli i cui rendimenti si muovono in maniera non perfettamente “sincrona” con quelli dei titoli già presenti, ciò genera infatti il cosiddetto effetto della diversificazione abbassando il grado di rischio complessivo del portafoglio. Solitamente un abbassamento del rischio è accompagnato da una diminuzione del rendimento, ma non è sempre così, o, quanto meno, la diminuzione non è non della stessa misura.
La frontiera efficiente
In questo contesto Markowitz ha dunque elaborato un modello, secondo il quale ciascun investitore razionale e non-saziato è portato a risolvere un problema economico che può essere visto da una duplice prospettiva: massimizzare il rendimento per un dato livello di rischio (varianza), o minimizzare il rischio per un dato livello di rendimento. Ora, di fronte ad un numero di portafogli, l’investitore potrebbe pensare, piuttosto che sceglierne uno, di combinarli e investire parte della propria ricchezza in ognuno o in alcuni di loro. Ciò generebbe altri possibili portafogli con profili rischio-rendimento diversi sfruttando l’effetto della diversificazione. Confrontando tutti i possibili portafogli, iniziali e generati, l’investitore li selezionerà in base al criterio media-varianza: verranno esclusi dalla scelta tutti i portafogli per i quali è possibile trovarne uno alternativo che, a parità di rischio, abbia rendimento maggiore, o, a parità di rendimento, abbia rischio minore. In questo modo si creerà un sottoinsieme di portafogli, definito frontiera efficiente, che descrive l’insieme dei migliori portafogli in termini di rapporto rischio-rendimento, e l’investitore ne sceglierà uno in base al proprio grado di avversione al rischio: sarà così sicuro che, dato il livello di rischio che è disposto a sopportare, investirà nel portafoglio che offre il maggior rendimento.
La modellizzazione del comportamento ottimizzante dell’investitore, i cui tratti essenziali sono stati sinteticamente spiegati sin qui, ha cambiato radicalmente il modo di pensare alla costruzione di portafogli di titoli, è inoltre alla base di un altro dei modelli cruciali per l’economia finanziaria e della business valuation:il Capital Asset Pricing Model (CAPM), sviluppato dall’altro premio Nobel nonché collega William Sharpe, di cui parleremo prossimamente.