Con questo articolo parte la rubrica Quantalys su Starting Finance, che avrà ad oggetto il settore del risparmio gestito, la consulenza finanziaria e Quantalys come applicativo di supporto.
Il risparmio gestito è la quota di accantonamento personale affidata dal risparmiatore ad uno o più gestori professionali che, nell’ambito di un mandato ricevuto, provvedono ad amministrare le risorse loro conferite. (Definizione dal sito “Performance Trading“)
Per capire la struttura ed i trend in atto nel settore del risparmio gestito è necessario conoscere la realtà degli intermediari finanziari autorizzati ad esercitare nel territorio italiano. La gestione collettiva ed individuale del risparmio è operata da quelle note come le Società di Gestione del Risparmio (SGR).
La figura in basso mostra i dati relativi alla raccolta netta ed all’ammontare del patrimonio complessivo gestito (AuM) dagli intermediari operanti in Italia e rappresentati dall’associazione di categoria Assogestioni. Il risultato del 2017, in termini di raccolta netta (97 miliardi di euro, 23.4% del totale europeo), conferma la grande crescita del settore in Italia, dove ha invertito la tendenza discendente a partire dal 2013 (62 miliardi) e ampiamente superato i livelli pre-crisi (52 miliardi di euro nel 2005). L’incremento dell’AuM evidenzia la prociclicità tipica dell’industria che replica ed amplifica l’andamento dell’economia reale e del mercato finanziario: il pesante crollo del 2008 (crisi dei mutui subprime), la crisi del debito sovrano nel 2011 e la ripresa nel 2017, anno positivo per i mercati finanziari.
La prociclicità del settore è legata al saggio di risparmio (clicca qui per la definizione), in crescita dal 2013, alla minore avversione al rischio degli investitori, come dimostra la diffusione dei fondi flessibili e la riduzione dei comparti obbligazionari, ed al livello di educazione finanziaria. Il 61% del mercato del risparmio gestito è in mano ai principali 6 gruppi italiani: Generali, Eurizon, Fideuram, Amundi, Anima Holding e Poste Italiane.
La legge europea Mifid II, entrata in vigore il 3 gennaio scorso, rappresenta la spinta dell’UE verso un mercato sempre più efficiente che passi attraverso la trasparenza delle informazioni e dei costi del prodotto, la certificazione delle competenze e la product governance. La product governance richiede al produttore il mantenimento di una costante adeguatezza del collocamento dei prodotti alla rispettiva clientela. Ciò comporta dei costi di implementazione che vanno ad erodere i margini già sotto pressione. La maggiore trasparenza richiesta sui costi, invece, potrebbe spingere verso una maggiore competizione tra modelli di distribuzione. In questo senso il sistema bancocentrico italiano rappresenta un unicum contraddistinto da una marcata integrazione verticale tra produzione e distribuzione: le banche e gli intermediari dei vari gruppi bancari sono il principale canale distributivo dei prodotti di risparmio gestito. Questo sistema si basa su una remunerazione comission based, ovvero attraverso le retrocessioni (rebates) della casa prodotto alla rete distributiva (40% del totale delle commissioni incassate). La maggior disclosure richiesta sui costi caricati, in parte sconosciuti sino al 2017 dal cliente ultimo, potrebbe favorire una maggiore concorrenza con il modello a parcella. Tuttavia, questo dipenderà tanto anche dalla professionalità della rete distributiva, dalla tipologia di clientela nonché dal rapporto fiduciario instaurato con la stessa. .
SGR e reti distributive nei prossimi anni dovranno saper dialogare con una classe di investitori più esigente, che nel 77% dei casi preferisce un rapporto “a tu per tu” per concludere una transazione finanziaria e caratterizzata da obiettivi, prospettive, modelli di consumo e stili di vita totalmente mutati rispetto alle generazioni precedenti: i Millenials e la Generazione Z. La sfida ultima è la creazione di strumenti specifici, i Pir (Piani individuali di risparmio) sono un primo importante passo, che consentano di drenare il risparmio privato italiano verso investimenti utili. Qui, però, ci si scontra con i tanti retaggi culturali delle imprese italiane che, come mostra la figura in basso, sono restie ad aprire il capitale.