Negli ultimi tempi si sente parlare spesso di self driving cars, o macchine a guida autonoma. E’ incominciato tutto nel 2009 con il progetto Waymo, messo a punto da Google: una piccola auto dalle sembianze piuttosto buffe, ma con un cuore composto dalle tecnologie più avanzate di quegli anni. Da quel momento è stato un susseguirsi di innovazioni, sperimentazioni, fallimenti ma anche rivelazioni: è obbligatorio citare anche altri due big, ovvero Uber e Tesla, quest’ultima fondata da Elon Musk, che con le sue avanzatissime auto elettriche equipaggiate di guida semi-autonoma, limitata alle autostrade, ha rivoluzionato la concezione del mondo dei trasporti privati. In tutto ciò è passata inosservata, lontano dai riflettori, un’altra casa automobilistica, la quale potrebbe avere risvolti sull’economia ben più signifcativi: la Dailmer.
Gli autotreni del futuro La Dailmer, multinazionale tedesca che possiede la Mercedes-Benz, ha segretamente lavorato per tutti questi anni sui primi prototipi di autotreni semi-autonomi, andando a concorrere testa a testa con Tesla e Google per il primato di “automazione gommata”. Il trasporto autonomo privato è caratterizzato da un’enorme quantità di variabili, tutte diverse tra loro: basti pensare che nel giro di pochi km si può passare dall’angusto traffico cittadino, alle strette e malmesse strade campagne, fino ad arrivare alle autostrade. In tal senso progettare un camion autonomo è relativamente più semplice, soprattutto se si pensa alle sconfinate highways e freeways americane su cui transitano la quasi totalità dei mezzi pesanti: sterminati km e km di asfalto rettilineo, con pochi ostacoli e poche variabili. Questi automezzi potrebbero portare risvolti molto positivi ed interessanti sotto diversi punti di vista. In primo luogo sarebbero più ecologici e allo stesso tempo più economici: i sistemi automatici di gestione del carburante e delle prestazioni del motore potrebbero ridurre dal 4 al 7% il consumo di benzina che, se rapportato alla vita media di circa 1.000.000 di km per automezzo, significherebbe anche risparmiare migliaia di Euro all’anno. In secondo luogo potrebbero rendere le autostrade più sicure: un’esempio che è ormai già attuale è come ogni anno, sia nei mezzi privati che commerciali, vengono implementate nuove tecnologie per la sicurezza, come i sistemi di mantenimento della corsia e di frenata automatica. Un computer sarebbe immune alla stanchezza, alla rabbia e allo stress, a differenza dei 297.000 incidenti causati da errore umano nel 2012 negli USA, i quali hanno provocato 4000 vittime. Infine, ultimo ma non per importanza, potrebbero decisamente velocizzare la produttività del mercato: come detto poco prima, un computer non deve effettuare soste, obbligatorie per legge per gli umani, potendo trasportare merci ed effettuando consegne 24h su 24.
Qual’è l’impatto sull’economia? Negli USA i camionisti professionisti rappresentano l’1% di tutta la popolazione totale, ovvero 3,5 milioni, i quali “costano” alle aziende circa 168 mld di $ in stipendi. E’ naturale immaginare che lasciare disoccupato un tale quantitativo di persone risulterebbe in disagi e disordini sociali di proporzioni colossali: basti pensare anche ai recenti avvenimenti, a Roma e in giro per il mondo, in merito alla questione Taxi-Uber. I camion seguirebbero un simile schema, ma di proporzioni maggiori, visto che il commercio dei beni di consumo si basa per la quasi totalità su trasporto gommato. Questo scenario non viene di certo migliorato se si pensa che la startup Otto, sempre specializzata nell’innovazione del settore dei trasporti, promette di poter automatizzare totalmente un autotreno con un investimento di 30.000$, a fronte dello stipendio di 40.000$/annui di un camionista medio e delle tasse sostenute dalle aziende per l’assunzione. Questi ultimi traguardi tecnologici sarebbero solo la punta dell’iceberg di una lunga serie di automatizzazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi 25-30 anni: la manodopera, il settore finanziario-manageriale e quello medico sono stati totalmente rivoluzionati.
Secondo i sindacati americani, abbastanza pessimisti, siamo alle soglie di una disoccupazione di massa causata dall’avanzamento della tecnologia, dove il PIL cresce ma gli stipendi rimangono stagnanti a fronte di un’aumentata produttività. Ciò ci porta a dover riflettere profondamente sul percorso di vita che vogliamo affrontare e del ruolo sempre più problematico dei low-skill jobs, soprattutto in uno scenario dove assistiamo sempre più alla trasformazione della catena industriale in risposta all’influenza degli e-commerce.
Una simbiosi uomo-macchina? Per alcuni esperti del settore, i lavori che riguardano i trasporti su gomma forse non sono così a rischio. Questi nuovi autotreni autonomi hanno ancora bisogno di guidatori, per esempio, i mezzi della Dailmer sono progettati per andare a velocità costante sulla corsia più di destra dell’autostrada, ma necessitano dell’intervento umano per sorpassare, imboccare rampe di uscita o di accesso e destreggiarsi nel traffico cittadino. Inoltre i computer non possono gestire il cattivo tempo e la pioggia, costringendo il “guidatore-passeggero” a prendere il controllo del mezzo. Altri sistemi, come quelli della Peloton Technology, hanno intenzione di creare e mettere a punto “flotte” di camion automatizzati capeggiati da un mezzo guidato da una persona in carne ed ossa: proprio come i pulcini che seguono e mimano in tutto per tutto la mamma chioccia, così potrebbero fare i truck-bot grazie ad un collegamento tramite tecnologia cloud e sistemi di sicurezza già presenti, come l’active braking e il cruise control adattivo. Attualmente mancano poco meno di 10 anni alla messa sul mercato di questi automezzi e, nonostante alcune previsioni pessimistiche e negative, in fin dei conti queste tecnologie sono state pensate per renderci la vita più semplice e più comoda, permettendo di goderci… il viaggio.