Il rischio è il concetto chiave attorno al quale ruota la finanza moderna. Quando un’impresa investe il proprio capitale in uno o più business si aspetta di ottenere un certo profitto e, allo stesso tempo, si espone a diverse tipologie di rischio che possono influenzare il risultato finale. Il pericolo maggiore è quello di maturare perdite tali da intaccare il capitale sociale. L’impatto economico derivante dalla manifestazione di un rischio è ciò che preoccupa l’impresa: per questa ragione è essenziale saperlo governare. È in tale contesto che si inserisce la figura del risk manager, il cui scopo è quello di identificare, misurare e gestire il rischio connesso all’attività di impresa.
Quali sono i rischi ai quali un’impresa è esposta?
Il primo passo è quello di identificare i fattori di rischio, ovvero la loro provenienza.
Ad esempio, un’impresa che destina parte della propria produzione all’estero sa che i suoi ricavi non dipendono soltanto dal volume delle vendite ma anche dalle variazioni del tasso di cambio. Se tale impresa esporta beni negli Stati Uniti corre il rischio che il tasso di cambio EUR/USD si deprezzi.
Quello appena descritto rientra nella categoria dei rischi di mercato, ovvero quei rischi che colpiscono tutte le aziende indipendentemente dallo specifico settore di appartenenza. A questa categoria si possono aggiungere anche il rischio di tasso di interesse e quello di prezzo (cioè l’aumento del costo delle materie prime).
Vanno poi considerati i rischi strettamente connessi al business dell’impresa. In tale contesto il risultato economico può essere influenzato dalla concorrenza, dal progresso tecnologico o più semplicemente da un cambiamento delle preferenze dei consumatori. Ma non è finita qui: una società deve gestire altre due tipologie di rischio, quello di credito e quello di liquidità. Il primo si manifesta quando i debitori dell’impresa non riescono ad adempiere ai propri obblighi di pagamento; il secondo, invece, deriva dall’incapacità da parte dell’impresa di fronteggiare uscite di cassa attese e inattese. Va precisato che il rischio di liquidità solitamente è la conseguenza di una situazione problematica: è tipico di aziende in crisi.
Infine, è opportuno menzionare il rischio operativo, definito come il rischio di perdite derivanti da fallimenti o inadeguatezza dei processi interni, delle risorse umane e dei sistemi tecnologici, oppure derivanti da eventi esterni. Alcuni esempi sono il rischio legale, i virus informatici, la perdita e la cattiva gestione dei dati, gli errori da parte del personale. Il rischio operativo si distingue dalle altre categorie per la sua natura non speculativa ed è difficile da misurare e gestire.
Come si gestisce un rischio?
Il passo successivo è quello di quantificare l’esposizione al rischio dell’impresa.
Una misura efficace e di facile interpretazione è il VaR (Value at Risk), che rappresenta la perdita potenziale che si può manifestare in un determinato orizzonte temporale, fissato un certo livello di confidenza. Ad esempio, se un portafoglio azionario presenta un “VaR(99%)” pari a 10.000$ questo significa che c’è una probabilità del 99% che la perdita effettiva giornaliera non superi tale cifra. Il VaR, quindi, fornisce un’informazione piuttosto immediata: misura la perdita derivante da diversi fattori di rischio che l’impresa può maturare in un certo periodo di tempo (per approfondimenti sul concetto di Value at Risk trovi qui il nostro precedente articolo).
Esistono diverse tecniche per stimare il VaR, molte delle quali sono state introdotte dopo la pubblicazione da parte di J.P. Morgan del Technical Document (1994). Il documento presentava la metodologia RiskMetrics, diventata il punto di riferimento per la misurazione dei rischi. Senza entrare nel merito dei vari modelli, è sufficiente descrivere le tappe del processo di risk management. L’idea è piuttosto semplice: occorre prima quantificare il rischio in termini monetari e poi bisogna verificare se è in linea con la perdita massima che l’impresa è disposta ad accettare. In altre parole, il risk manager deve controllare che ogni area di business stia operando coerentemente con il proprio profilo di rischio. Qualora una particolare unità stia assumendo rischi eccessivi, il risk manager deve intervenire definendo una strategia che consenta di ridurne l’esposizione.
Il ruolo del risk manager
Il manager utilizzerà strumenti differenti a seconda della tipologia di rischio che deve fronteggiare. Nel caso di un’impresa che esporti beni negli Stati Uniti, si potrebbe bloccare il prezzo delle transazioni attraverso contratti forward, oppure scegliere l’euro come valuta di pagamento.
Nel caso di una Banca che detenga un portafoglio azionario si potrebbe ridurre il peso dei titoli più volatili vendendoli o sostituendoli con altri più sicuri. Come si protegge la stessa Banca dal rischio di credito? Essa può acquistare un Credit Default Swap (CDS) che consente di trasferire il rischio di insolvenza ad un altro soggetto a fronte del pagamento di un premio periodico, o ancora può effettuare un’operazione di cartolarizzazione. Queste sono soltanto alcune delle soluzioni che si possono adottare.
La copertura dal rischio può essere ottenuta con una strategia di natura industriale (si va a modificare la struttura di costi e ricavi dell’impresa), finanziaria o anche attraverso prodotti assicurativi complessi. Nell’ambito del risk management si fa spesso ricorso al mercato dei derivati (qui trovi il nostro articolo sui derivati).
Ora è più facile intuire l’importanza che il risk management riveste nell’attività di impresa. La gestione del rischio consente di proteggere il valore aziendale e aiuta ad effettuare scelte più consapevoli. Oggi è impensabile che un manager prenda decisioni senza aver implementato un processo di valutazione dei rischi. In futuro l’emergere di nuove tipologie di rischio contribuirà a rendere tale processo più articolato: i giovani risk manager dovranno farsi trovare pronti.
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